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VERCELLI - Un anno fa ci lasciava Laura Dallera - Indelebile il suo ricordo - La malattia l'ha provata, ma non vinta - Intelligente ed ironica fino ad una fine che resta tale solo nella materia, mai vittoriosa sullo Spirito 

Esempio per tutti di cosa voglia dire essere una persona seria

Carissima Laura,

anche senza andare per forza a cercare “segni” che spesso sono soltanto nella nostra testa, è impossibile rintuzzare una suggestione e pensare a come la Parola ci metta a disposizione qualcosa capace di rapirci, nel giorno che ricorda il tuo “passaggio”, l’arrivederci.

Transito compiutosi nel momento ambivalente di un Solstizio che in sé illustra l’idea di fine e principio, esito e nuovo inizio, morte e rinascita.

La signorìa di quel “sole invitto” ulteriore alla materia e più forte della sua caducità.

I “segni”, dunque, forse offerti dalla Liturgia di oggi, che ci propone il Cantico (2,8-14) con le sue incomparabili parole:

“Àlzati, amica mia,
mia bella, e vieni, presto!
Perché, ecco, l’inverno è passato,
è cessata la pioggia, se n’è andata;
i fiori sono apparsi nei campi,
il tempo del canto è tornato
e la voce della tortora ancora si fa sentire
nella nostra campagna (…)”.

Un anno fa il Padre ti ha chiamata a sé, ponendo fine a quel lungo “inverno” della sofferenza che ti ha provata, ma non piegata; ha vinto, meglio dire “compiuto”, la tua natura umana, ma non il tuo spirito, capace di confermare la sua vocazione all’eternità anche quando, soprattutto quando, la carne consegnava a noi il suo “consummatum est”.

***

Di quelle ore – proprio le ultime – resta, da custodirsi come un dono prezioso per me e per Federico, il tuo ultimo saluto.

Sappiamo come andarono le cose.

Incontrai per caso Federico, mi pare in Via Foscolo: mi mise al corrente di come si presentasse il decorso, perché non avrei potuto immaginare il suo precipitare.

Lo pregai di salutarti per me, facendoti sentire la mia vicinanza.

Nel breve volgere di qualche ora, mi giunse la tua risposta, distillata con l’ironia di sempre: sentivi la fine dietro l’angolo e, naturalmente, immaginavi (e forse – sono presuntuoso – in qualche modo mi autorizzavi a farlo) che avrei scritto di te.

Allora, il tuo saluto, che Federico fedelmente volle riferirmi, fu come un ultimo tuo regalo: “Digli che non scriva stupidate”.

Ho provato ad adempiere.

(g.g.)

***

Un anno fa ci lasciava Laura Dallera – qui il nostro ricordo di quei giorni – .

 

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