Continua, con crescente successo, la rassegna: “Il Legno che Canta” organizzata dall’Associazione Culturale Musicale “Angelo Gilardino” e dal Comune di Vercelli, che celebra la figura del chitarrista e compositore vercellese scomparso a 80 anni il 14 gennaio del 2022, iniziata il 16 novembre 2023, nell’anniversario di nascita di Gilardino, con la grande mostra d’arte in Arca, composta da ventidue opere d’arte messe a disposizione dal collezionista bresciano Italo Segalini, e quindici preziose chitarre, provenienti dalla raccolta dal liutaio modenese Lorenzo Frignani, presidente dell’Associazione Liuteria Italiana, oggi proprietario anche degli strumenti suonati dal maestro Gilardino.
La prima conferenza, tenuta il 24 novembre, al Dugentesco da Enrico De Maria, Vice Presidente dell’Associazione: “Da Thomas Mann e Fakir du Vivier: ritratto di un amico”, è stata seguita il 15 dicembre da quella del filosofo e scrittore Sergio Givone, professore emerito di Estetica all’Università di Firenze: “Il suono, la parola e l’anima del mondo”.
Nell’affollato ridotto del teatro civico, dopo l’introduzione di Enrico De Maria ed il saluto dell’Assessore alla Cultura, Gianna Baucero, Givone, originario di Buronzo, autore del romanzo ambientato nella terra d’acque: “Favola delle cose ultime”, ha parlato della sua amicizia con colui che considerava un Maestro, sebbene avesse solo due anni in più, partendo da un colloquio, che ebbe come sfondo il mare, con il filosofo Luigi Pareyson.
Alla domanda postagli da Pareyson: “Che cos’è la musica?”, Givone rispose con le parole di Angelo Gilardino, che diceva di non sapere cosa fosse la musica, ma sapeva che la musica lo aveva aiutato a vivere: “E’ una ragione di vita, la sola che io conosca, ciò che dà ragione del nostro essere al mondo”.
Questo concetto della musica come salvezza e conoscenza profonda, maturato fin dall’infanzia ad Asigliano, si traduceva in tre dimensioni: il distacco, il raccoglimento e il presagio, che lo portarono ad affermare che il sentimento religioso, alimento di tutta la sua musica, gli aveva insegnato l’estrema dignità del morire.
Givone ha ricordato che questo musicista, noto in tutto il mondo, direttore artistico della Fondazione Segovia, non rinunciò mai alle sue radici, al suo “luogo”, termine che torna più volte nelle leggende francescane: “Questi frati itineranti, simili ai camminanti, la sera dovevano trovare un luogo dove fermarsi per la notte, sostare in raccoglimento, in preghiera, in ascolto”.
Ciò che caratterizza un luogo è il legame che si instaura tra uno o più individui e quella determinata porzione di spazio: un luogo è tale solo se viene riconosciuto come tale.
“Gilardino nel 1961, era venuto a Buronzo, il paese dove abitavo, per conoscere l’autore di alcune poesie pubblicate sul giornale vercellese La Sesia, per il quale lavorava: le aveva lette e le aveva trovate interessanti, perché davano voce alla risaia: scoprimmo subito un’istintiva affinità, che alimentò un’amicizia durata tutta la vita e che ora va oltre” Givone si addentra nella descrizione della personalità di Gilardino: “Fu quasi un veggente, inteso in senso Rimbaudiano: negli anni Settanta intuì quale pericolosa china avesse imboccato il mondo, dalla quale non ci sarebbe stato ritorno. Mi diceva: non si vergognano più, alludendo alle persone che gli stavano intorno ed al loro atteggiamento arrogante ed immemore nei confronti dell’umanità e della terra”.
La Rassegna proseguirà con un concerto di Luigi Attademo e si concluderà con una conferenza di Sergio Maria Gilardino, fratello di Angelo, che rievocherà la comune infanzia trascorsa ad Asigliano.
Redazione di Vercelli