Arrivano alla spicciolata, ma sono tanti, gli agricoltori che questa mattina, 24 gennaio, si sono dati appuntamento (regista Piero Mentasti di Larizzate) nei pressi del Casello autostradale di Vercelli Ovest per intraprendere una “marcia” di protesta, che farà tappa a Lucedio.
Luogo simbolo (il problema dell’ora, ma certo non l’unico, è il deposito di scorie nucleari) del contrasto tra “cose” calate dall’alto e chi lavora la terra, che è sempre stata “bassa”.
Ma indispensabile e vitale.
Molte le istanze tenute forse troppo a lungo nel silenzio.
E tutti unite dal comun denominatore di una protesta nei confronti di un’Europa vista lontana, algida, persino permeabile ad interessi volti alla massificazione anche dell’alimentazione umana.
Farine di grilli o no, il problema denunciato è che, continuando così, si sottrarrà sempre più terreno agrario nei Paesi Ue, condannandoli per conseguenza ad importazioni di chissà cosa e da chissà dove.
E, soprattutto, chissà perché.
Così le norme che impongono una “rotazione” forzata, come quella recente in Emilia Romagna, traducendo e snaturando quella che è sempre stata una buona pratica agronomica, in nuovo capestro capace di soffocarne gli effetti positivi: sono le tecniche agronomiche a sapere se e quando merita sottrarre, per una annata agraria, un campo alla coltivazione, non certo i decreti regionali.
Poi, la vexata quaestio della conversione obbligata, mediante espropri, di terreni produttivi, fertili, soprattutto irrigui (cioè resi tali con investimenti secolari: Canale Cavour insegna) alle praterie di pannelli fotovoltaici.
Dove mettere i pannelli?
Dove vogliono (a loro discrezione) i privati investitori.
E se lì c’è una fiorente azienda agricola e irrigua?
C’è una Legge che tutela i privati investitori in pannelli e favorisce gli espropri.
Lo vuole l’Europa.
Fino a quando? Si chiedono questi agricoltori.