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VERCELLI - Duomo gremito per l'ultimo saluto a Carmelo Iacopino - Se n'è andato ad 85 anni un protagonista dell'economia del territorio - Proveniente da una zona povera della Calabria, arrivò in una plaga che trovò altrettanto povera e di cui risollevò le sorti, la Baraggia Vercellese e Biellese - IL VIDEO con l'omelia di Mons. Stefano Bedello ed il ricordo del figlio Ing. Alessandro - 

(g.g.) – Evocato, più che citato, già allora, come un gigante, a dispetto della statura lontana da quella dei Corazzieri.

Il primo ricordo del Dott. Carmelo Iacopino coincide con quello di una giornata invernale, fredda, arrampicati nei paraggi della diga (se la memoria non tradisce) sull’Ostola, a fare rilievi.

Garzone di bottega di un grande professionista come il Geom. Vincenzo Sala, il suo Studio  era stato incaricato di una consulenza per il Consorzio di Bonifica della Baraggia. Ne sentivo parlare mentre le dita mi si intirizzivano a reggere la strumentazione; ascoltavo “da fuori” i discorsi tra Professionisti affermati e capivo però che Carmelo Iacopino dovesse rappresentare molto, anche se allora ero così giovane da non avere ben chiaro il panorama e, soprattutto, la “mappa” del potere locale.

La giornata, per fortuna, finì in una trattoria del posto, con un tapulone che parve, come la polenta, mandato dalla Provvidenza e di cui ho sempre conservato una memoria “molecolare”.

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Gli anni passarono ed il Consorzio divenne simbolo di sviluppo e – come sentiremo nel filmato che accompagna queste righe, nel corso del ricordo post communio offerto dal figlio Ing. Alessandro – quell’uomo intelligente, volitivo, tenace, capace di lavorare dodici ore al giorno, sabati e domeniche comprese, stava vincendo una sfida, importante come tutte le sfide che sono prima di tutto con noi stessi.

Lui, proveniente da una parte della Calabria allora molto povera, si era ritrovato in un’area altrettanto povera – la Baraggia, appunto – e si era messo in testa che, se non avesse potuto risollevare le sorti della propria terra d’origine, ce l’avrebbe fatta con quelle del territorio che aveva accolto suo padre e la loro famiglia.

Il secondo contatto – anche in questo caso, indiretto, ma questa volta assai più attinente ad un mio lavoro – fu quando capitò qualche ricorrenza inerente al Canale Cavour, forse nel 1996, in occasione dei 130 anni dalla fine delle opere.

Mi fu chiesto di commentare per Notizia Oggi Vercelli e mi parve utile – anche se, allora, i temi dell’Ambiente non erano così frequentati – cogliere l’occasione per una riflessione sul rapporto tra Creatore, creatura e creato.

Il cui equilibrio necessario ed ineludibile è suggerito con chiarezza già nella Parola di Dio.

Basti pensare alla sentenza che, in Levitico (25,23) mette in chiaro le cose, assegnando all’uomo un posto preciso:

”Le terre non si potranno vendere per sempre, perché la terra è mia e voi siete presso di me come forestieri e inquilini”.

Forestieri, dunque rispettosi del luogo che ci accoglie.

Di più: inquilini – pare quasi una preoccupazione, per dir così, “civilistica” – cioè tenuti alla custodia diligente del bene assegnato.

Vietato perciò, deturpare, consumare, depredare.

Una custodia, però, a suo modo attiva e cooperante con il Padre, se è vero che già prima, in Genesi 2,5, si può leggere:

“Quando il Signore Dio fece la terra e il cielo, nessun cespuglio campestre era sulla terra, nessuna erba campestre era spuntata – perché il Signore Dio non aveva fatto piovere sulla terra e nessuno lavorava il suolo e faceva salire dalla terra l’acqua dei canali per irrigare tutto il suolo”.

Quei canali “per irrigare tutto il suolo” parevano un riferimento idoneo ad introdurre il discorso commemorativo sulla realizzazione della grande opera voluta da Camillo Benso Conte di Cavour, su idea del suo Agrimensore Rossi.

Non potevo immaginare che Carmelo Iacopino avrebbe letto l’articolo, che invece lesse e si premurò (poiché allora non avevamo mai avuto occasione di presentarci di persona e, peraltro, allora come oggi non avevo l’abitudine di firmare) di incaricare un amico comune di farmi conoscere il suo apprezzamento.

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Nel corso del rito esequiale che ha visto il Duomo di Vercelli gremito di persone, pur nella giornata semifestiva di ieri, sabato 20 luglio, per l’ultimo saluto, tanti sono stati gli spunti di riflessione, utili per propiziare un raccoglimento capace di valorizzare tante, se non tutte, le sfumature di una grande personalità.

Abbiamo messo a repertorio la bellissima omelia dettata dal celebrante, Mons. Stefano Bedello, Parroco della Cattedrale e Vicario Generale della Diocesi di Vercelli.

L’accento è su due verbi, tratti dalle Letture scelte per la circostanza; i verbi sono: seminare e servire.

E di questo lungo servizio, così come di una semina che non ha ancora oggi esaurito la propria capacità di generare copiose messi di cui tutto il territorio ha beneficiato, Carmelo Iacopino è stato un testimone coerente.

Il filmato che completa l’articolo ripropone, come abbiamo accennato, l’omelia del Celebrante e l’intervento di commiato pronunciato da Alessandro, intervento a tratti commosso e commovente, che ha offerto anche tanti spunti biografici che meritano di essere conosciuti.

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Si è spento nei giorni scorsi, a 85 anni, dopo una lunga malattia, Carmelo Iacopino, “anima” e Direttore Generale del Consorzio di Bonifica della Baraggia. Cavaliere di Gran Croce, è stato un protagonista dell’economia vercellese e biellese.