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SERRAVALLE - Addio alla maestra Angela Maria Turcone. Il ricordo di Piera Mazzone

Tramontato il tempo delle “signore maestre”

Valsesia e Valsessera

Angela Maria Turcone si è spenta a novantadue anni: era forse l’unica rimasta delle “Maestre storiche” di Serravalle, nata nel cuore del Ventennio, crebbe con l’esempio della sorella del padre, Agostina, essa stessa maestra nelle Scuole Elementari di Piane Sesia.

«Bisogna fare gli Italiani»: era questo l’imperativo che l’Italia postunitaria si propone affidandosi ai maestri elementari ai quali toccava innanzitutto il compito di dare a tutti gli Italiani una stessa lingua, e di fornire gli strumenti – leggere, scrivere e far di conto – per combattere l’analfabetismo che all’indomani del 1861 riguardava la schiacciante maggioranza della popolazione.

Nella scuola dell’infanzia e nella scuola elementare, ancora oggi, la presenza delle educatrici donne e delle maestre è di gran lunga prevalente rispetto al genere maschile.

La presenza di un corpo docente prevalentemente femminile non significò, tuttavia, l’affermarsi di un riconoscimento sul piano sociale e simbolico del ruolo della maestra, tutt’altro.

La carriera magistrale fu spesso un destino segnato da sopraffazione e esclusione sociale.

Nei primi decenni postunitari la condizione delle Maestre era deplorevole, come emerge negli scritti (narrativi e giornalistici) di Matilde Serao e di Luigi Pirandello, per i pregiudizi nei confronti di un sesso considerato “debole”, sia per le oggettive condizioni discriminanti, sia infine per l’aperta ostilità del contesto sociale nei confronti di una donna che usciva dal sacro recinto familiare e che, cosa ancora più grave, era istruita.

“Il romanzo d’un maestro” di E. De Amicis restituisce al lettore la complessità ed estrema varietà dell’immaginario collettivo attorno alla figura e al ruolo della maestra elementare nell’Italia dell’Ottocento, ma ancora per la mia generazione resta indimenticabile: “La maestrina della prima inferiore numero 3, quella giovane col viso color di rosa, che ha due belle pozzette nelle guance, e porta una gran penna rossa sul cappellino, e una crocetta di vetro giallo appesa al collo. È sempre allegra, tiene la classe allegra, sorride sempre, grida sempre con la sua voce argentina che par che canti, picchiando la bacchetta sul tavolino e battendo le mani per impor silenzio”.

Dopo la fine del ventennio dominato dall’esperienza del regime fascista e la rottura rappresentata dalla seconda guerra mondiale, l’entrata in vigore della Carta costituzionale nel 1948 rappresentò, anche sul piano scolastico, l’affermazione dei principi democratici volti alla costruzione di una scuola “aperta a tutti”, che rappresentasse il veicolo di una nuova e ritrovata mobilità sociale.

Tuttavia ciò non produsse una immediata trasformazione della mentalità dei docenti e delle docenti, le quali, soprattutto, rimasero ancora e in larga parte ancorate a una mentalità e visione dei rapporti sociali provenienti dal passato.

La signorina Turcone, tale fu per tutta la vita perché non si sposò mai, nell’immaginario della scuola serravallese è rimasta come una figura severa, ma di grande preparazione, che seppe seguire i suoi alunni anche al di fuori dell’orario scolastico.

Sull’epigrafe si ricorda che ebbe la Medaglia d’Oro concessa dal Ministero della Pubblica Istruzione, una benemerenza istituita per i benemeriti della popolare istruzione nel 1891, riformata con il regio decreto n. 633 del 1904 che istituì una nuova Medaglia per i benemeriti della popolare istruzione in sostituzione delle precedenti e che, dopo la caduta della monarchia, è stata confermata con la legge n. 1093 del 1950, tuttora in vigore.

Il riconoscimento, nato per premiare i «maestri i quali abbiano lodevolmente compiuti quarant’anni di non interrotto servizio nelle pubbliche scuole elementari», veniva concesso con Regio decreto, su proposta del ministro segretario di Stato per la Pubblica Istruzione, le medaglie erano consegnate personalmente al decorato dal Provveditore agli studi.

Non si premiava soltanto l’anzianità di servizio, ma quell’avverbio: “lodevolmente” sottolineava come l’insegnamento fosse stato impartito.

Fino al 1977 l’inizio delle scuole dopo le vacanze estive era segnato nel calendario di tutta Italia per il 1 ottobre, giorno in cui si festeggiava la solennità di San Remigio di Remis, quindi i primini erano chiamati anche remigini: ancora nel 1969 a Serravalle la classe prima elementare decollava con quaranta alunni, impensabile oggi, eppure, come ricorda Arianna Bergamo, che ebbe Angela Maria Turcone come Maestra per tutti i cinque anni delle Scuole Elementari, quella Maestra alta, con il grembiule nero, dall’aspetto severo, seppe accompagnarli, dando delle regole, ma anche comprendendo che non era facile passare dall’età libera del gioco allo stare seduti composti ed ordinati all’interno di un’aula scolastica: “La ricordo con gratitudine, severa ma giusta, esigeva rispetto e prima di iniziare le lezioni si recitava una preghiera, sapeva coinvolgerci e spesso risuonava in classe la sua risata contagiosa. Mi è rimasto impresso il gesto con cui estraeva dalla borsetta la mitica biro gialla Corvina con il cappuccio rosso: era l’annuncio di lacrime o sorrisi. Ci faceva conoscere la storia del nostro paese, invitandoci ad acquistare le cartoline e ad incollarle su un quaderno dove lei ci dettava la storia di luoghi e personaggi.  Tra le letture in classe prediligeva brani tratti da libri sulle due guerre mondiali, ne ricordo ancora i titoli: Niente di nuovo sul fronte occidentale, Centomila gavette di ghiaccio, Il sergente nella neve, testi in cui non si celebrava la guerra eroica, ma si raccontavano le tristi condizioni dei soldati al fronte. In classe si cantava: aveva una bella voce intonata. Partecipavamo con entusiasmo alla Festa degli Alberi a Monchezzola”.

La Giornata nazionale dell’albero in Italia affonda le sue radici nel passato, fu infatti istituita nel 1898 per celebrare l’importanza degli alberi e dei boschi.

Angela Maria Turcone era donna di grande Fede: il parroco di Serravalle Don Ambrogio ricorda che a Natale e a Pasqua le portava la Comunione, che lei riceveva con devozione.

Quegli incontri erano l’occasione per ascoltare racconti della vecchia Serravalle, dai quali trarre motivi di riflessione per il presente, in cui i bambini sembrano essere sempre più soli e disorientati, affidati alla tecnologia dei cellulari o ipnotizzati dalla televisione.

Chiudendo questo breve ricordo vorrei per un attimo tornare bambina e alzarmi in piedi per salutarla: “Arrivederci Signora Maestra”.

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Redazione di Vercelli

Posted in Cronaca