Facile previsione, quella di domenica scorsa,
per un rientro a Scuola in “presenza forzata”, forse politicamente corretta, ma assai lontana dal mondo di chi a Scuola vive e lavora davvero tutti i giorni.
Come si ricorderà, il primo (e unico) postulato, ai limiti del sillogismo,
del teorema governativo, che aveva portato a bocciare (in qualche caso, addirittura con toni sprezzanti)
l’invito di ben 2 mila Presidi di tutta Italia,
per una Dad (didattica a distanza) di due o tre settimane, in attesa di sapere quale sarebbe stata la situazione concreta dei contagi e delle assenze, fu: i contagi sono aumentati durante le vacanze di Natale. Quindi non è stata “colpa” della Scuola.
Tenendo il profilo basso di chi abbassa la schiena
tutti i giorni per lavorare, timidamente tanti Operatori scolastici avevano tentato di replicare: e certo, se si sono contagiati già in vacanza, figuriamoci ora che si torna in aula e, soprattutto, per quanto riguarda le Superiori, sul pullman.
In aule dove, tra l’altro, le implementazioni della ventilazione chiesta da oltre un anno dai Sindacati della Scuola non sono mai state realizzate e dove – ma su questo paradossale aspetto si tornerà in altro articolo – l’accorpamento o no delle aule è deciso non dai Presidi, non dal Provveditore,
bensì da un algoritmo dei programmi informatici ministeriali.
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Poi ha rivelato tutte le (facilmente) prevedibili fragilità e falle il groviglio di regole (meglio dire la “stratificazione” di divieti e prescrizioni) imposte per prevenire e contrastare il contagio.
Ecco il “percorso” riassunto dalla grafica del Corriere della Sera.
Ancora: alle notizie (apparentemente) rassicuranti divulgate dal Ministero, appoggiandosi su statistiche assai vicine a quelle dei polli di Trilussa, fa riscontro la realtà concreta, fatta di numeri reali.
Quando si dice di un tasso di assenteismo tra Docenti (no vax, come contagiati, come assenti per altre patologie o istituti contrattuali, ad esempio aspettativa) che si aggira attorno al 5 per cento, si dice una mezza (forse meno) verità.
Perché, a Scuola, uno non vale uno.
Ad esempio, se in una Scuola Media è assente l’Insegnante di Lettere, spesso di Lettere e Geografia e Storia, oppure (o magari entrambe) la Prof. di Matematica o Matematica e Scienze, i conti sono tutti diversi.
Esempi concreti: i “moduli orari” erogati in una settimana di frequenza, secondo il programma delle Scuole Medie, sono 35.
Se manca l’Insegnante di Italiano (in molti casi: Italiano, Geografia, Storia), mancano 9 “moduli”.
Nove su 35 quanto fa in percentuale?
Il 5 per cento, oppure il 25,7 per cento?
E se manca l’Insegnante di Matematica e Scienze (6 moduli), la percentuale è del 5 per cento, oppure del 17 e rotti per cento?
Le ore perse, le percentuali reali già scontate nella settimana che si è conclusa, chi le restituisce ai ragazzi?
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Concretamente, in provincia di Vercelli la situazione, già dopo la prima settimana di scuola in presenza politicamente corretta, è – ad essere ottimisti – a macchia di leopardo.
E’ vero che i ragazzi sono stati in presenza.
Ma spesso senza Insegnanti; così: ingressi posticipati, uscite anticipate.
Piuttosto che la Didattica a distanza, nessuna didattica.
Enorme lo sforzo organizzativo dei Capi di Istituto per cercare supplenze che – fino a venerdì e nella maggior parte dei casi – non si sono trovate con nuovo Personale, ma a cui si è fatto ricorso con il corpo Docente delle stesse Scuole: con l’ovvio limite che il Prof. di Educazione Fisica non possa insegnare Matematica.
Nella migliore delle ipotesi si coprono le ore, surrogando i Bidelli.
Domani, lunedì, si vedrà il “bollettino dei contagi”.
Che già in serata di oggi, domenica, annuncia altre classi in una Dad di fatto.
Si prenda – ad esempio – il caso della Scuole Superiori (quelle più esposte al contagio sui mezzi del Trasporto pubblico locale); le regole sono chiare.
Se ci sono due Studenti contagiati, dal momento della notifica del tampone positivo scatta una Didattica bipolare: i ragazzi vaccinati o guariti in presenza, gli altri in didattica da casa.
Ma se arriva anche il terzo tampone positivo, tutti in Dad.
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Però, non si pensi che i Docenti che sono a casa, in quanto no vax, possano – come in tanti casi vorrebbero – dedicarsi alla Dad.
Sono, appunto, sospesi: quindi non possono insegnare nemmeno a distanza.
Sono a casa, negativi al tampone (fatto a loro spese), vorrebbero insegnare (eventualmente anche in Dad), ma non possono essere impiegati perché sospesi.
Lo stato di emergenza finirà il 31 marzo.
Loro staranno a casa senza stipendio e senza insegnare fino al 15 giugno.
Poi, soprattutto se minori di 50 anni, cosa accadrà?
Al momento non si sa.
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A proposito di tamponi, è appena ovvio che si sia in piena emergenza per la diagnostica.
Tanto i ragazzi, quanto il Personale docente e non docente devono provvedere all’accertamento con tampone rapido.
Con i conseguenti problemi che sono di due ordini, entrambi, nei fatti a pari livello di disagio per le famiglie: il primo è, naturalmente, quello dei costi, ma il secondo è quello organizzativo.
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Insomma, i numerosi contatti di queste ultime ore con Operatori veri della Scuola reale dicono come il dogmatismo ministeriale si stia infrangendo contro la realtà, così come avevano ben chiaro i 2 mila Capi di Istituto che avevano richiesto la Dad fino a fine gennaio, proprio per avere un arco temporale sufficiente ad adottare le misure organizzative necessarie per affrontare il quotidiano, assicurando di non dissipare del tutto il risultato didattico.
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QUALCHE COMUNE AIUTA, TRA SCUOLA, ASL, FAMIGLIE
Si deve, intanto, registrare qualche positiva iniziativa di Comuni che si sono messi a disposizione delle famiglie, messe alle strette con i test praticati con i temponi rapidi.
Gli Enti Locali stanno cercando e già trovando Farmacie disponibili ed il costo del test sarà rimorsato dal Comune.
E’ il caso, ad esempio, di Quarona, Borgosesia, Varallo.
Per tutti ne parla Francesco Pietrasanta, Sindaco di Quarona, recentemente eletto Presidente della Comunità Montana:
Nonostante la scuola abbia riaperto da pochi giorni, diverse classi delle Primarie dei Comuni di Varallo, Quarona e Borgosesia, sono già state messe in DAD a causa anche solo di un caso positivo riscontrato, che ha comportato, come da indicazione dell’ASL l’isolamento per 10 giorni in attesa del tampone dell’ASL, che sappiamo al momento trovarsi in grande difficoltà per la diffusione del contagio e la conseguente forte richiesta di test.
Comprendendo il disagio delle famiglie e il forte momento di stress per i bambini, sentita l’ Asl Vc e la Dirigenza dell’Istituti Scolastici dei tre Comuni, abbiamo chiesto alle farmacie cittadine di effettuare entro tempi brevi il tampone ai bambini della classe, messa in DAD (il famoso T0 che ora l’ASL non riesce ad effettuare) e consentire quindi, in caso di negatività di tutti gli altri alunni e di conferma di una sola positività verificatasi in precedenza, alla classe di rientrare a scuola quanto prima.
Analoga possibilità sarà riservata agli alunni dell’Infanzia per il tampone di uscita dopo la quarantena di 10 giorni.
Il costo dei tamponi per i bambini dell’ Infanzia e della Primaria sarà a carico dei Comuni.
Mentre a Borgosesia si stanno individuando le farmacie disponibili, a Varallo si potrà effettuare i tamponi presso la Farmacia Dott. Gino e a Quarona presso la Farmacia Ricaldone, che ringraziamo perché hanno manifestato subito di aderire all’iniziativa.
Naturalmente, trattandosi di bambini piccoli, sarà facoltà della famiglia decidere o meno di sottoporre il proprio figlio al tampone che, qualora non volesse farlo, dovrà stare necessariamente in isolamento per i 10 giorni previsti.
Da lunedì 17 gennaio, pertanto, verranno avviate tali modalità per l’effettuazione dei tamponi antigenici, attraverso le procedure che verranno indicate dalle Segreterie delle Scuole interessate.
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I SINDACATI DELLA SCUOLA PREOCCUPATI
Infine, i Sindacati della Scuola della Scuola in provincia di Vercelli rimarcano anche dal canto loro ciò che, proprio la settimana scorsa, alla vigilia della riapertura, avevano sottolineato.
Ecco la posizione di Cgil, Cisl, Uil Scuola:
Dopo esserci c(onsultati, come Organizzazioni sindacali confederali della Scuola ci sentiamo di fare le seguenti osservazioni:
1. Condividiamo le perplessità sulla riapertura delle scuole in presenza, manifestate dai Dirigenti Scolastici (i 2 mila Presidi di cui si è detto, ndr), che chiedevano di posticipare l’apertura sino a fine gennaio, in attesa del picco di contagi.
2. Il mantenimento delle scuole in presenza non significa che il personale della comunità educante: Dirigenti, Docenti e Personale Ata, debba essere lasciato solo con le proprie responsabilità decisionali.
Le scuole non devono essere lasciate da sole, serve tutta la collaborazione delle Asl e degli Enti Locali, per dare il necessario supporto in un momento di criticità, che vede l’aumento dei contagi tra studenti e lavoratori.
3. Il voler riaprire a tutti i costi, senza garanzia delle necessarie misure di sicurezza, come la mancata fornitura delle FFP2, sta mostrando la fragilità di un sistema, che ha proceduto, già all’inizio dell’anno scolastico, con un organico basato sui vecchi parametri, come se nulla fosse successo in questi due anni, mentre il necessario sdoppiamento delle classi rende ormai imprescindibile una diminuzione del numero degli alunni per classe
4. I contratti Covid (peraltro pagati con grave ritardo) sono stati prorogati solo fino al 31 marzo.
Tra due mesi, saremo ancora qui a discutere sulla proroga fino a giugno?
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Non resta che tenere monitorata la situazione, anche nella settimana che si inizia domani, lunedì 17 gennaio.