(elisa moro) – Una figura popolare, legata soprattutto a voti in periodi difficili e di pestilenze, San Sebastiano è certamente tra i Santi più amati e venerati dal popolo cristiano.
Papa Pio XII, il 3 maggio 1957, lo ha proclamato patrono della Polizia Municipale (poi divenuta “Polizia Locale”, ndr).
Sull’atto pontificio viene riportata la motivazione: “tra gli Illustri martiri di Cristo, i militari occupano un posto di primissimo piano presso i fedeli, per la loro peculiare religiosità e per l’ardente impegno a compimento del dovere. Tra questi brilla San Sebastiano che, come è riferito dalla tradizione, durante l’impero di Diocleziano fu comandante della coorte pretoriana e fu onorato con grandissima devozione… a lui come patrono si consacrano molte associazioni sia militari che civili attratte dal suo esempio e dalle virtù cristiane… per cui costituiamo e dichiariamo per sempre San Sebastiano Martire custode di tutti i preposti all’ordine pubblico che in Italia sono chiamati “Vigili Urbani” e Celeste Patrono”.
“E’ necessario attraversare molte tribolazioni per entrare nel regno di Dio” (At. 14, 22): questa citazione è presa in prestito da Sant’Agostino, che commenta l’esempio di San Sebastiano, delineandone le caratteristiche e la sua vicenda.
Cittadino milanese, alto e stimatissimo ufficiale della guardia pretoriana di Diocleziano e Massimiano, Sebastiano, nato da genitori cristiani, pur avversando la carriera militare, si era arruolato verso il 283 nell’esercito per poter a Roma aiutare i cristiani, “dove infuriavano aspre persecuzioni contro la fede. Ivi subì il martirio, cioè la sua corona. Così meritò il domicilio dell’immortalità eterna là dove era giunto come ospite.” (Agostino, Commento Salmo 118).
La splendida sintesi agostiniana è stata arricchita dal racconto della Passio del giovane martire, certamente più dettagliata:
“Sebastiano, recatosi nella casa dove erano rinchiusi in custodia cautelare due gemelli, Marco e Marcellino, li confermò nella fede mentre stavano per cedere, riuscendo poi a convertire anche i loro custodi. Denunciato per questo agli imperatori, fu condannato a morire per mano degli arcieri in mezzo al Campo di Marte. Il suo corpo trafitto dalle frecce – proprio con questo strumento di tortura sarà raffigurato nell’arte – fu abbandonato sul terreno ma il martire, dato per morto, fu raccolto da una vedova di nome Irene che, curatolo a casa sua, lo vide miracolosamente guarito. Pochi giorni dopo, Sebastiano si presentò nuovamente all’imperatore, rimproverandolo aspramente per il male fatto ai cristiani. Diocleziano allora comandò che fosse frustato a morte e gettato in una cloaca perché non divenisse oggetto di venerazione per i cristiani. La notte seguente, il santo apparve alla matrona Lucina, le rivelò dove giaceva il suo cadavere e le ordinò di seppellirlo accanto alle tombe degli apostoli Pietro e Paolo, che allora si trovavano sulla via Appia, nelle catacombe che poi furono chiamate di S. Sebastiano”.
Proprio sul luogo di sepoltura sorse, in seguito, la Basilica di San Sebastiano fuori le mura, tappa fissa del pellegrinaggio alle Sette Chiese, tanto caro a San Filippo Neri, che ha frequentato con assiduità le catacombe dedicate al Santo, riconoscendo in esse le radici della stessa fede cattolica a Roma.
L’esempio di San Sebastiano, laico giovane, è quanto mai attuale, come esempio di fedeltà e servizio a Cristo, posto al di sopra e prima di ogni autorità terrena; citando il libro di Giosuè, egli sembra porre ad ognuno l’interrogativo su chi si voglia autenticamente seguire:
“scegliete oggi chi volete servire, o gli dei che servono i vostri padri… quanto a me e alla mia casa serviremo l’Eterno” (Giosuè 24, 15).
La fermezza e la fortezza di San Sebastiano diventa un incoraggiamento per ogni fedele, a non temere di fronte alle prove della vita, che caratterizzano tutti i credenti in Cristo:
“tutti quelli che vogliono vivere in Cristo Gesù saranno perseguitati” (2Tm. 3, 12), ma a vivere seguendo
“il suo luminoso esempio di vita, animata da lealtà verso le autorità civili e dalla chiara affermazione di Dio su tutti i valori terreni” (Giovanni Paolo II, omelia da Castel Gandolfo il 4 settembre 1983).