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Apprezzata partecipazione di Francesco Emilio Trona, per la Chiesa Metodista

PREGHIAMO PER L'UNITA' DEI CRISTIANI - Le Chiese si interrogano sul "mutamento di paradigma" ecumenico, nuova frontiera per un dialogo che non uniformi ed omologhi, bensì valorizzi e renda feconde le differenze - Integrale l'omelia di Mons. Mario Allolio - In video l'intervento del Prof. Renato Uglione, sulla lingua greca come "codice" di comunicazione della Chiesa "indivisa".  

Non si è mancato di ricordare che nell'ormai vicino 2025 si celebrerà il XVII Centenario del Concilio di Nicea

Talvolta ci siamo domandati per quale motivo, particolarmente in Diocesi di Vercelli e nella settimana e nei giorni in cui si preghi per l’unità dei Cristiani, declamare il Vangelo, così come la preghiera del Padre Nostro, in greco antico.

E, domenica scorsa, una spiegazione plausibile e forse la più persuasiva di tutte, è giunta dal Prof. Renato Uglione e ci fa piacere condividerla con i Lettori, che lo potranno ascoltare nel video messo a repertorio.

In fondo, una ragione e, anzi, per più di una ragione,  “logiche”.

Quindi: anzitutto, il greco è la lingua del Nuovo Testamento; la vulgata si è diffusa quattro secoli dopo e, perciò, come ricorda Uglione, ogni serio approccio allo studio di questa parte della Scrittura non può che muovere dal testo originale greco.

In secondo luogo (forse, primo) è la lingua della Chiesa “indivisa”, cioè del periodo storico in cui c’era l’unità dei cristiani.

Poi, fino ai primi tre secoli e oltre, era la lingua universale, quella delle celebrazioni che si tenevano nella stessa Roma.

A proposito di unità dei cristiani, poi, non va dimenticato che il greco sia la lingua della Chiesa Ortodossa che si dice di “rito greco”.

Insomma, un’occasione davvero unica per capire la radice di una parabola ecclesiale, umana, storica, nel corso della quale già si erano conosciute le discussioni attornonon è che un esempio, ma eloquente – all’opportunità di celebrare in lingua latina, abbandonando quindi quella greca.

Qualcosa che ricorda da vicino il dibattito oggi in corso, soprattutto dopo il Concilio Vaticano II, su un’altra “transizione”, ma dal latino alle lingue locali, nei vari Paesi del Mondo.

L’occasione di oggi, dunque, può anche essere letta come una “praegustatio” di ciò che si celebrerà nell’ormai vicino 2025, il XVII Centenario del Concilio di Nicea: un anniversario che particolarmente in Diocesi di Vercelli non si mancherà di porre al centro anche della ricerca del proprio patrimonio di valori.

Non si può, infatti, dimenticare che S.Eusebio patì l’esilio, un esilio particolarmente duro, proprio per difendere il Credo di Nicea.

Ma ora lasciamo il Lettore al nostro video ed alla gallery.

Vi si può ascoltare la sapiente omelia di Mons. Mario Allolio, Vicario episcopale per l’Ecumenismo e la Cultura, che offre (siamo verso la fine del filmato) un vero e proprio “mutamento di paradigma” ecumenico.

Non tanto un ecumenismo che tenda ad una uniformità giuridica e formale delle diverse confessioni.

Si tratta, invece, di lasciare che gli “altri” siano veramente e sino in fondo “gli altri”, ma intercettando, armonizzando e valorizzando (ma non tentando di uniformare) le peculiarità e le ricchezze di ciascuno.

Davvero, in questa giornata si è molto seminato: il raccolto non potrà mancare.

Un segnale positivo e confortante in questo senso è stato, tra l’altro, la presenza di rappresentanti di altre confessioni (ma spiritualmente uniti anche coloro impediti da concomitanti impegni pastorali) quali ad esempio il Dott. Francesco Emilio Tron, Presidente emerito del Consiglio di Chiesa di Vercelli e Vintebbio della Comunità Metodista, con la Signora Alessandra Delvecchio, componente dello stesso Consiglio.

Francesco Tron, nel corso del proprio indirizzo di saluto, ha espresso qualche pensiero che i presenti hanno vivamente apprezzato ed ha, in particolare, partecipato la sua letizia nel prendere parte, ormai da diversi anni ai momenti che riguardano l’ecumenismo dei Cristiani, imboccando insieme la via dell’amore e della concordia, citando il primo Concilio di Nicea convocato dall’imperatore Costantino I nei 325 d.C con lo scopo di ristabilire la pace religiosa tra le prime chiese cristiane nate in Palestina, nel Medio Oriente, in Asia Minore, in Europa, come si può leggere negli Atti degli Apostoli e nelle lettere di Paolo alle varie chiese apostoliche.

Questi momenti ecumenici, ha detto, “mi hanno permesso di conoscere molti fratelli e sorelle con cui spero di continuare a collaborare alla realizzazione di un vero ecumenismo, con la supervisione del Padre, con gli insegnamenti del Figlio e con il prezioso intervento dello Spirito Santo”.

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