VercelliOggi
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Sono da poco passate le 19 di oggi, 28 marzo, quando nella piazza principale di Prarolo si leva un applauso: le tante persone, che sono venute qui per festeggiare i piccoli Ospiti ucraini, salutano così il loro arrivo.

Sono bambini e ragazzi orfani, i più esposti alla follia della guerra.

Sono 18, li ha portati in salvo Carlo Olmo, con la sua organizzazione umanitaria.

Loro sono in salvo, ma si stima che i bambini senza famiglia siano, ad oggi, in Ucraina, circa 140 mila.

Quando il Lupo Bianco cerca di parlare di loro non ce la fa: troppo grande l’emozione.

Olmo spiega per i nostri Lettori anche il complesso iter procedurale che si è dovuto seguire per permettere l’espatrio dei ragazzi, che da oggi possono contare su un’accoglienza davvero sincera da parte di tante gente, non meno che dalle Istituzioni.

Il video e la gallery che offriamo ai Lettori dicono di immagini ad un tempo liete e struggenti: c’è una ragazzina che non ha voluto separarsi dal suo gatto, unico affetto rimastole.

Altri stringono al petto un pelouche.

I volontari, veramente ammirevoli, fanno molto perché sia subito dimenticato il lungo viaggio, come l’orrore della guerra.

Il Comune di Prarolo ha fatto veramente moltissimo.

Nel corso degli ultimi tre anni, in forza di chissà quale premonizione, ha acquistato e ristrutturato la ex casa parrocchiale, che è ora un modernissimo ostello dove i nostri piccoli ospiti saranno alloggiati nel modo più confortevole.

Oggi ne parlano l’ex Sindaco Dario Caldera ed il suo successore, Umberto Guglielmotti: se non figlio, nipote d’arte, se è vero che suo nonno fu a suo tempo Primo Cittadino di questo paese, che sa dare tanto, senza fare tanto rumore.

Vi lasciamo con il filmato e la gallery: incontreremo ancora, nei prossimi giorni, i nuovi arrivati anche perché le loro storie possano diventare patrimonio comune.

Posted in Società e Costume

Dal Libro di Giosuè, Cap. 5, 9. 10 – 12

In quei giorni, il Signore disse a Giosuè: «Oggi ho allontanato da voi l’infamia dell’Egitto».
Gli Israeliti rimasero accampati a Gàlgala e celebrarono la Pasqua al quattordici del mese, alla sera, nelle steppe di Gerico.
Il giorno dopo la Pasqua mangiarono i prodotti della terra, àzzimi e frumento abbrustolito in quello stesso giorno.
E a partire dal giorno seguente, come ebbero mangiato i prodotti della terra, la manna cessò. Gli Israeliti non ebbero più manna; quell’anno mangiarono i frutti della terra di Canaan.

Dal Salmo 33

Benedirò il Signore in ogni tempo,
sulla mia bocca sempre la sua lode.
Io mi glorio nel Signore:
i poveri ascoltino e si rallegrino.

Magnificate con me il Signore,
esaltiamo insieme il suo nome.
Ho cercato il Signore: mi ha risposto
e da ogni mia paura mi ha liberato.

Guardate a lui e sarete raggianti,
i vostri volti non dovranno arrossire.
Questo povero grida e il Signore lo ascolta,
lo salva da tutte le sue angosce.

Dalla seconda Lettera di San Paolo Apostolo ai Corinzi, Cap.2 5, 17 – 21

Fratelli, se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove.
Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione. Era Dio infatti che riconciliava a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione.
In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio.
Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio.

Dal Vangelo secondo San Luca, Cap. 15, 1 – 3. 11 – 32

In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».
Ed egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

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UN PENSIERO DALLE SUORE CARMELITANE DEL MONASTERO MATER CARMELI DI BIELLA

Avvicinarsi oppure mormorare?

(Gs 5,9-12; Sal 33; 2Cor 5,17-21; Lc 15,1-3.11-32)

I pubblicani si avvicinano a Gesù. I farisei si tengono a distanza e mormorano.

Avvicinarsi o mormorare? Nella vita bisogna saper scegliere. Chi non sceglie rimane fermo e viene trascinato dagli eventi. Questo tempo liturgicamente prezioso della Quaresima ci sta aprendo la strada verso la Risurrezione. Il giardino, la tomba, il Risorto. Vediamo tutto questo all’orizzonte. Sostenuti da una luminosa speranza, vogliamo imparare a scegliere tra questi due verbi: avvicinarsi o mormorare.

I pubblicani si avvicinano a Gesù e Gesù poi si avvicina a loro, tanto da condividere il pranzo, la tavola, la prossimità. I farisei, sapienti per il mondo, ma calcolatori nel cuore, non si avvicinano a Gesù. Dalla loro “alta” posizione scelgono di mormorare. Guardano ai fatti, alle persone, a Gesù, come guardassero un film al “cinema drive in”. Non si scomodano di scendere dalla loro macchina e mentre osservano la vita e gli eventi, sgranocchiano noccioline. Guardano, ma non partecipano alla vita. Chiusi nel bunker delle loro convinzioni sono scollati dai problemi della gente.

Il Vangelo è conosciuto: c’è un padre che ha un cuore grande, ci sono due fratelli che forse non hanno mai dialogato molto tra loro e così si ritrovano estranei nella stessa casa.

La parabola del padre misericordioso ci aiuta a scuotere la polvere dal nostro cuore: un padre, una madre

(e Dio è Padre/Madre), amano a tempo pieno, amano sempre, amano, e amando concretizzano la speranza che è risposta nel loro cuore.

Il padre dà al figlio la vita, ma al figlio non basta, allora il padre dà al figlio la sua parte di eredità, il padre accetta di “morire” prima del tempo pur di donare gioia al cuore del figlio, purché l’ansia di ricerca del figlio si plachi. Ma il figlio non trova pace, gira e rigira su sentieri lontani. Cerca libertà, cerca però anche sicurezze, cerca soddisfazioni migliori di quelle di una casa, un orto e una stalla con un vitello grasso. Che mi importa del vitello grasso? Io con i miei soldi compro tutto ciò che voglio!

Ma l’amore non si compra, il caldo di un abbraccio paterno non te lo vende nessuno.

Quale verbo scegliamo allora per sperimentare la vita?

Avvicinarsi o mormorare? Avviciniamoci alla casa del Padre. Entriamo nella casa del nostro cuore dove c’è la Presenza di Dio che ci attende.

Mormorare su questo o su quello, mormorare sul fratello, sulla sorella, non fa che lasciarci fuori dalla vita e fuori da noi stessi. Il suono della festa che già è iniziata nella casa del Padre è per ognuno di noi: non serve fare i risentiti contro tutto e tutti. Il fratello maggiore non ha avuto meno dal Padre, che è andato incontro anche a lui.

Torniamo ad abbracciare Dio nel profondo di noi stessi, altrimenti saremo sempre figli che vagano alla ricerca della propria identità e allo stesso tempo figli che mormorano contro tutti e tutto.

Avviciniamoci a Dio e lui si avvicinerà a noi!

Le Sorelle Carmelitane

Monastero Mater Carmeli – Biella Chiavazza

Posted in Pagine di Fede

Tocca tanti argomenti, nella sua relazione morale, il Presidente della Sezione Ana (Associazione Nazionale Alpini) di Vercelli, Piero Medri, mentre introduce i lavori dell’Assemblea annuale, domenica scorsa alla Colonia elioterapica di Vercelli.

Temi importanti e significativi: da quelli strettamente legati al “mondo” delle Penne Nere vercellesi, che contano, tra soci ordinari ed aggregati, quasi 900 iscritti, in sostanziale assestamento con il dato 2020.

Ma ci sono anche argomenti che sono la naturale proiezione esterna e sociale del benemerito sodalizio.

Ecco quante ore di assistenza hanno donato gli Alpini vercellesi nel 2021 che si è appena concluso: più di 1.700 per la nota emergenza sanitaria ed 11.400 di assistenza a varie occasioni sociali delle comunità servite.

Importanti anche le donazioni effettuate con fondi raccolti tra i soci: 16.600 euro per interventi sempre legati all’emergenza sanitaria e più di 2.600 di beneficenza ordinaria.

Ma merita leggere la relazione integrale, che si può raggiungere cliccando qui,

per scoprire ancora di più di questo mondo.

Che presto festeggerà i 40 anni della rivista “Alpin d’la Basa”, organo ufficiale della Sezione vercellese, diretto da Gian Mario Gagna e che si prepara al raduno di Rimini.

Assemblea molto partecipata, con rappresentanze di tutti i Gruppi che, dalla città e dai paesi del circondario, costituiscono la Sezione Vercellese.

Li incontriamo nel nostro filmato e nella gallery, mentre è d’uopo lasciarvi con un convinto: viva gli Alpini!

Posted in Mondi Vitali

Borgosesia 0

Ligorna 2

Marcatori: 19’ pt Cericola, 40’ st Gomes.

Borgosesia (3-4-3): Gilli; Martimbianco, Puka (9’ st Manfrè), Picozzi; Eordea, Farinelli, Zazzi5 (17’ st Areco), Frana (35’ st Bernardo); Gaddini, Barbetta, Guatieri. A disp.: Gavioli, Iannacone, Salvestroni, Monteleone, Colombo, Latini. All.: Lunardon.

Ligorna (3-5-2): Atzori; A. Garbarino, Cipolletta, Scannapieco; Lipani, Silvestri, Botta (28’ st Placido), Bacigalupo, Calcagno; Cericola, Donaggio (28’ st Gomes). A disp: Parise, Raja, L. Garbarino, Gerbino, Salvini, Casanova, Bacherotti. All.: Roselli.

Arbitro: Finzi di Foglino.

Guardalinee: Nicolò di Milano e Arizzi di Bergamo.

Note: giornata soleggiata. Terreno in erba sintetica. Spettatori: 200 circa. Ammoniti: Scannapieco, Silvestri, Atzori, Cericola. Angoli: 4-1. Recupero: 2’ pt – 3’ st.

Si interrompe dopo 7 risultati utili consecutivi la striscia positiva del Borgosesia.

Il Ligorna trova un vantaggio discusso e poi si chiude a riccio cercando di addormentare il gioco.

Tattica che funziona per gli ospiti anche grazie a una direzione di gara a dir poco permissiva.

Nel finale arriva il raddoppio che mette fine al match.

La partita si sblocca al primo affondo ligure tra mille polemiche.

Donaggio, lancia in profondità Cercicola; il numero 19 ligure è davanti a tutti (resta il dubbio se parta dalla propria metà campo) e non si aspetta altro che il fischio arbitrale; il guardalinee resta però con la bandiera abbassata e così la punta insacca.

Dopo ci provano Farinelli (22’) e Zazzi (33’) ma le loro conclusioni sono alte.

Allo scadere, Barbetta cerca di addomesticare il pallone, Cipolletta lo abbatte ma anche in questo caso l’intervento del direttore di gara latita.

Si torna in campo con il tentativo di Gaddini che non ha fortuna.

Minuto 22; viene smorzato il tiro di Gaddini.

Al 36’ Gaddini mette in mezzo un pallone sul quale Guatieri arriva scoordinato e manda alto.

Due minuti dopo, Guatieri indirizza a rete; Scannapieco respinge davanti alla linea.

Sull’altro fronte, Gilli chiude lo specchio della porta a Gomes.

Il raddoppio che chiude i giochi arriva al 40’ con un contropiede di Gomes.

La contesa finisce qui con la vittoria ligure.

Redazione di Vercelli

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Dal Libro dell’Esodo, Cap. 3, 1 – 8. 13 – 15

In quei giorni, mentre Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di Dio, l’Oreb.
L’angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco dal mezzo di un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva per il fuoco, ma quel roveto non si consumava.
Mosè pensò: «Voglio avvicinarmi a osservare questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia?». Il Signore vide che si era avvicinato per guardare; Dio gridò a lui dal roveto: «Mosè, Mosè!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Non avvicinarti oltre! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è suolo santo!». E disse: «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe». Mosè allora si coprì il volto, perché aveva paura di guardare verso Dio.
Il Signore disse: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dal potere dell’Egitto e per farlo salire da questa terra verso una terra bella e spaziosa, verso una terra dove scorrono latte e miele».
Mosè disse a Dio: «Ecco, io vado dagli Israeliti e dico loro: “Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi”. Mi diranno: “Qual è il suo nome?”. E io che cosa risponderò loro?».
Dio disse a Mosè: «Io sono colui che sono!». E aggiunse: «Così dirai agli Israeliti: “Io Sono mi ha mandato a voi”». Dio disse ancora a Mosè: «Dirai agli Israeliti: “Il Signore, Dio dei vostri padri, Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe mi ha mandato a voi”. Questo è il mio nome per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione».

Dal Salmo 102

Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tutti i suoi benefici.

Egli perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue infermità,
salva dalla fossa la tua vita,
ti circonda di bontà e misericordia.

Il Signore compie cose giuste,
difende i diritti di tutti gli oppressi.
Ha fatto conoscere a Mosè le sue vie,
le sue opere ai figli d’Israele.

Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Perché quanto il cielo è alto sulla terra,
così la sua misericordia è potente su quelli che lo temono.

Dalla Prima Lettera di San Paolo Apostolo ai Corinzi, Cap. 10, 1 – 6. 10 – 12

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi.
Non voglio che ignoriate, fratelli, che i nostri padri furono tutti sotto la nube, tutti attraversarono il mare, tutti furono battezzati in rapporto a Mosè nella nube e nel mare, tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale, tutti bevvero la stessa bevanda spirituale: bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo. Ma la maggior parte di loro non fu gradita a Dio e perciò furono sterminati nel deserto.
Ciò avvenne come esempio per noi, perché non desiderassimo cose cattive, come essi le desiderarono.
Non mormorate, come mormorarono alcuni di loro, e caddero vittime dello sterminatore. Tutte queste cose però accaddero a loro come esempio, e sono state scritte per nostro ammonimento, di noi per i quali è arrivata la fine dei tempi. Quindi, chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere.

Dal Vangelo secondo San Luca, Cap. 13, 1 – 9

In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».

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UN PENSIERO DALLE SUORE CARMELITANE DEL MONASTERO MATER CARMELI DI BIELLA

Guardiamo oltre e desideriamo di più!

(Es 3,1-8.13-15; Sl 102; Cor 10,1-6.10-12; Lc 13,1-9)

Due tristi fatti di cronaca aprono il vangelo di questa terza domenica di Quaresima.

Di fronte alla morte improvvisa di qualcuno che sembra essersi trovato al momento sbagliato nel posto sbagliato, Gesù interviene rompendo le righe della convinzione classica, come mai queste persone hanno meritato una tale sorte? Non erano peggiori di nessun altro. Spesso quando viviamo difficoltà dove facciamo fatica a trovare un senso e un perché, affiora spontanea la domanda: che male ho fatto per meritarmi questo? Una malattia, un’incomprensione, un abbandono, un lutto, la guerra, perdere tutto, fuggire dalla patria, essere privati della libertà di esprimere il proprio pensiero, perché? Che male ho fatto, che male abbiamo fatto?

Gesù non risponde interpretando il male, il dolore nel mondo come una punizione di Dio, non si tratta di avere maggiori o minori colpe; la lettura delle vicende della storia personale e globale dovrebbe comunque riportarci all’appello più utile e necessario: la nostra conversione. Se personalmente, comunitariamente, socialmente, si disattende questo appello che cerca ascolto nella nostra coscienza le conseguenze saranno uguali e coinvolgeranno tutti.  L’avvertimento di Gesù è chiaro: Se non vi convertite perirete tutti allo stesso modo. Cosa significa convertirsi? Questo tempo di quaresima è proposto come un tempo forte, propizio, privilegiato per deciderci decisamente per Cristo, per seguire Lui nella via del Vangelo ascoltato e accolto senza fondamentalismi né aggiustamenti, nella sincerità e rettitudine del cuore e del pensiero, nel coraggio di perdere tutto quello che si comprende e sperimenta essere di peso, di troppo ingombro e freno nel nostro cammino quotidiano, nella speranza che la Parola del Signore dona e produce vita, frutti buoni per noi e per quanti incontriamo.

L’accenno alla pianta del fico che rimane sterile forse può collegarsi proprio a quanto stiamo considerando, se non scegliamo di convertirci, di cambiare ogni giorno, la nostra vita sarà destinata alla sterilità e perirà nella sua inutilità. Eppure il contadino ne ha cura visitandola ogni giorno, sperando e attendendo di veder spuntare germogli nuovi e frutti secondo la sua capacità. La pazienza del contadino, la pazienza di Dio è senza limiti come il suo amore per noi, ma il tempo che abbiamo ha un limite e un compimento e chi non vorrebbe spenderlo bene? “Oggi se ascoltate la sua voce non indurite il vostro cuore” (cf Sal 94,7-8), non rendiamoci impermeabili alla grazia di Dio, non accontentiamoci mai di quello che siamo, guardiamo oltre, desideriamo di più, sfruttiamo al massimo il terreno, il tempo che ci viene dato per portare frutti di pace, di bene, di amore che rendano il mondo più bello di come lo abbiamo trovato. Di questo si compiace il Padre vostro che portiate molto frutto e il vostro frutto rimanga (cf Gv 15, 8.16).

Le Sorelle Carmelitane

Monastero Mater Carmeli – Biella Chiavazza

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Chi fa sport ha già vinto.

E’ sempre stato vero, ma soprattutto oggi, in questa domenica 13 marzo, quando anche il tempo pare dire ai partecipanti della “Pink Run 2022” che la loro pazienza sta per essere premiata.

Una manifestazione non competitiva (anche se, per il secondo gruppo di partecipanti, come vedremo, una classifica c’è) che ha atteso a lungo prima di diventare realtà.

Il motivo è facile da intuire: pensata per sperimentare la prima edizione nel 2020, in quel sabato 7 marzo si preferì non rischiare.

E ve ne fu ragione, se ricordiamo che il lock down fu decretato dal giorno seguente.

Se non pare irriverente il parallelismo, qualcosa di simile a quanto accadde ai protagonisti della canzone “Arriverà l’immunità di gregge” di Checco Zalone.

Così oggi, l’infaticabile Delegata del Coni di Vercelli, Laura Musazzo insieme ai responsabili di quella ormai collaudata macchina organizzativa che è la Associazione sportiva Atletica Vercelli ’78, guidata da Piero Volpiano – è riuscita a riannodare le fila e realizzare questo appuntamento: tanto atteso, quanto premiato da una pluralità di adesioni veramente incoraggiante e che fa ben sperare per i prossimi anni.

Tutti in Piazza Cavour, dunque, tanto i partecipanti alla marcia non competitiva, quanto i più agguerriti che si sono cimentati, sullo stesso circuito di sette chilometri, correndo.

Nel nostro filmato vediamo entrambe le partenze, insieme ai saluti dei gruppi con qualche scampolo di “riscaldamento” e la gallery che ritrae volti sereni.

Gente contenta di vedere la luce in fondo al tunnel, forse non soltanto in ambito sportivo, ma soprattutto nella sfera delle relazioni sociali: stare insieme aiuta sempre e tutti a vivere meglio.

Un ringraziamento anche da parte di VercelliOggi.it per avere avuto la possibilità di condividere momenti lieti, nella città che pare invitare, ora, a ritrovarci più spesso.

Come si diceva all’inizio, i “corridori” che hanno affrontato il secondo percorso hanno dato vita ad una classifica: eccola.

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PINK RUN 2022

MASCHILE

  1. CHEBBI HEDI
  2. PELLATI ALESSANDRO
  3. TRIVELLATO SIMONE

FEMMINILE

  1. MOCCI CRISTINA
  2. BOSCHETTO LORELLA
  3. GREPPI ANNA

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Dal Libro della Genesi, Cap. 15, 12. 17 – 18

In quei giorni, Dio condusse fuori Abram e gli disse: «Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle» e soggiunse: «Tale sarà la tua discendenza». Egli credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia.
E gli disse: «Io sono il Signore, che ti ho fatto uscire da Ur dei Caldei per darti in possesso questa terra». Rispose: «Signore Dio, come potrò sapere che ne avrò il possesso?». Gli disse: «Prendimi una giovenca di tre anni, una capra di tre anni, un ariete di tre anni, una tortora e un colombo».
Andò a prendere tutti questi animali, li divise in due e collocò ogni metà di fronte all’altra; non divise però gli uccelli. Gli uccelli rapaci calarono su quei cadaveri, ma Abram li scacciò.
Mentre il sole stava per tramontare, un torpore cadde su Abram, ed ecco terrore e grande oscurità lo assalirono.
Quando, tramontato il sole, si era fatto buio fitto, ecco un braciere fumante e una fiaccola ardente passare in mezzo agli animali divisi. In quel giorno il Signore concluse quest’alleanza con Abram:
«Alla tua discendenza
io do questa terra,
dal fiume d’Egitto
al grande fiume, il fiume Eufrate».

Dal Salmo 26

Il Signore è mia luce e mia salvezza:
di chi avrò timore?
Il Signore è difesa della mia vita:
di chi avrò paura?

Ascolta, Signore, la mia voce.
Io grido: abbi pietà di me, rispondimi!
Il mio cuore ripete il tuo invito:
«Cercate il mio volto!».
Il tuo volto, Signore, io cerco.

Non nascondermi il tuo volto,
non respingere con ira il tuo servo.
Sei tu il mio aiuto, non lasciarmi,
non abbandonarmi, Dio della mia salvezza.

Sono certo di contemplare la bontà del Signore
nella terra dei viventi.
Spera nel Signore, sii forte,
si rinsaldi il tuo cuore e spera nel Signore.

Dalla Lettera di San Paolo Apostolo ai Filippesi, Cap. 3, 17 – 4.1

Fratelli, fatevi insieme miei imitatori e guardate quelli che si comportano secondo l’esempio che avete in noi. Perché molti – ve l’ho già detto più volte e ora, con le lacrime agli occhi, ve lo ripeto – si comportano da nemici della croce di Cristo. La loro sorte finale sarà la perdizione, il ventre è il loro dio. Si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi e non pensano che alle cose della terra.
La nostra cittadinanza infatti è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che egli ha di sottomettere a sé tutte le cose.
Perciò, fratelli miei carissimi e tanto desiderati, mia gioia e mia corona, rimanete in questo modo saldi nel Signore, carissimi!

Dal Vangelo secondo San Luca, Cap. 9, 28 – 36

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elìa, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme.
Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui.
Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa». Egli non sapeva quello che diceva.
Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!».
Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.

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UN PENSIERO DALLE SUORE CARMELITANE

DEL MONASTERO MATER CARMELI DI BIELLA

II DOMENICA DI QUARESIMA

(Gen 15,5-12.17-18; Sl 26; Fil 3,17-4,1; Lc 9, 28b-36)

Trasfigurare è una parola che permea la liturgia quaresimale. Rievoca l’esodo del credente in costante uscita da una terra ambivalente ad una concorde.

C’è un fuoco devastatore di vite umane che ne deturpa l’originale aspetto, e ve n’è uno aldilà che lo restaura, lo vivifica e ne cambia già ora la figura.

La Quaresima è tempo di mutare volto, riscoprendo il nostro esistere come un appello ad andare aldilà, verso una terra unanime e desiderata. Così fece Abram, il cui sogno era il sogno di Dio.

Due volontà concordate in un’unica alleanza: offerta da Dio, essenziale per l’uomo. Come nel matrimonio, figura d’alleanza, i bisogni di uno sono anche quelli dell’altro, e se c’è mutua collaborazione ad agire verso un aldilà, i due si trasfigurano in un’unica persona che opera il bene comune. Si dice infatti che Abram volesse solo una discendenza e una terra, e Dio pure voleva un popolo e una terra: questo fu per loro il trampolino di lancio per rivelarsi al mondo.

Entrambi erano alleati per dare al mondo una discendenza di giusti capace di trasfigurare l’umanità, che spesso invece segue un istinto egoista e infedele.

Abramo preparò questa speranza con il proprio esodo, senza sapere ancora per dove sarebbe dovuto passare per raggiungere quell’aldilà promesso da Dio.

Tutta la storia dell’ebraismo è profondamente solcata da questa Alleanza riproposta ad Abram ma già cercata in Adamo: tradirla e trascurarla significò spesso per gli Ebrei ritrovarsi ancora in Egitto o a Babilonia, anziché oltrepassarne i fiumi e conquistare la terra fertile di mezzo. La Trasfigurazione manifesta quell’albero nato dalla fede di Abram.

Albero come simbolo della discendenza, ossia della vita immortale attraverso la Parola promessa, simile a un seme da cui nasce la speranza del mondo. In un ebreo (parola la cui radice sta nel verbo oltrepassare), in un figlio di ebrei si è compiuto questo esodo oltre i fiumi Eufrate e Nilo (simboli di schiavitù e infedeltà).

Il brano della Trasfigurazione invita perciò a osservare non solo i personaggi, ma anche le parole come figure capaci di far trasparire la verità velata sotto il loro aspetto.

Infatti le lettere parlano quando sono vivificate dallo Spirito. Lasciamoci allora guidare dalla Parola con la fede di Abramo, desideroso dell’aldilà, del Regno del Dio vivente, e che per questo ne custodì l’Alleanza, la quale fa entrare nell’unico popolo chiamato Ebreo chi guada i fiumi Eufrate e Nilo.

Gesù è anch’egli l’Ebreo che ha compiuto il suo esodo, la pasqua appunto.

Ecco che oggi, questo brano di Luca ci rivela Gesù come quell’unico Ebreo, figura di tutti i forestieri, il quale è uscito definitivamente da Ur (città simbolo di una terra corrotta al di qua dei fiumi).

Gesù appare nella gloria, appare cioè oltre l’esodo che sta per compiere a Gerusalemme, terra di scontro e anche d’incontro tra il vero Dio e il dio delle immagini.

Dunque, non piantiamo qui le tende se siamo figli di Abramo l’Ebreo, ma entriamo nella nube dell’incomprensibile, sapendo che la nostra trasfigurazione avviene nella medesima Alleanza. 

Le Sorelle Carmelitane

Monastero Mater Carmeli – Biella Chiavazza

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Pro VercelliPro Patria 4-1

Marcatori: 2’ pt Piu, 28’ pt Macchioni, 33’ pt Comi, 25’ st Bruzzaniti, 29 st Crialese

Pro Vercelli (3-4-3): Rizzo M.; Cristini (37’ st Secondo), Minelli, Macchioni; Bruzzaniti (27’ st Iezzi), Emmanuello (27’ st Louati), Vitale, Crialese; Della Morte (15’ st Rolando), Comi, Gatto (15’ st Panico). A disp.: Rendic, Valentini, Macanthony, Jocic, Belardinelli, Clemente, Rizzo L. All.: Nardecchia.

Pro Patria (3-5-2): Caprile; Saporetti, Boffelli, Molinari; Colombo (29’ pt Vezzoni), Ghioldi (4’ st Ferri), Brignoli (23’ st Fietta), Nicco, Pierozzi; Stanzani (23’ st Castelli), Piu (23’ st Parker). A disp.: Mangano, Vaghi, Sportelli, Bertoni, Lombardoni, Caluschi. All.; Sala.

Arbitro: Vergaro di Bari

Gurdalinee: Fratello di Latina e Parisi di Bari

Quarto uomo: Robilotta di Sala Consilina.

Ammoniti: Saporetti (PP), Boffelli (PP), Minelli (PV), Macchioni (PV), Vitale (PV)

Recupero: 3’ pt / 5’ st

Si dice che chi ben comincia sia a metà dell’opera; questo non vale per la Pro Vercelli che inizia nel peggiore dei modi la sfida con la Pro Patria ma riesce a vincere in rimonta calando un poker di reti.

Pronti via e gli ospiti passano in vantaggio con Piu che a tu per tu con l’estremo difensore vercellese non sbaglia.

Al 7’ Rizzo dice di no a Pierozzi.

I leoni si vanno vivi al 9’ con una conclusione alta di Emmanuello.

Stesso esito per il tentativo di Nicco dall’altra parte.

Al minuto 28 arriva il pareggio; Comi fa sponda per Macchioni che mette in rete.

Cinque minuti dopo ed è Comi che riceve da Bruzzaniti e insacca il gol del sorpasso.

Prima del riposo, da un lato Della Morte mette fuori di poco e dall’altro Rizzo si supera sul tiro di Molinari.

La gara prende una direzione netta al 25’ quando Bruzzaniti disegna un cross che si trasforma in una conclusione che batte il portiere lombardo.

A chiudere i giochi ci pensa Crialese al 29’, con un gran gol dalla distanza che vale il poker.

La gara si chiude con Rizzo che respinge sulla traversa la conclusione di Nicco.

Ottima prova della Pro Vercelli che ottiene un successo meritato.

Redazione di Vercelli

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Dal Libro del Deuteronomio, Cap. 26, 4 – 10

Mosè parlò al popolo e disse:
«Il sacerdote prenderà la cesta dalle tue mani e la deporrà davanti all’altare del Signore, tuo Dio, e tu pronuncerai queste parole davanti al Signore, tuo Dio: “Mio padre era un Aramèo errante; scese in Egitto, vi stette come un forestiero con poca gente e vi diventò una nazione grande, forte e numerosa. Gli Egiziani ci maltrattarono, ci umiliarono e ci imposero una dura schiavitù. Allora gridammo al Signore, al Dio dei nostri padri, e il Signore ascoltò la nostra voce, vide la nostra umiliazione, la nostra miseria e la nostra oppressione; il Signore ci fece uscire dall’Egitto con mano potente e con braccio teso, spargendo terrore e operando segni e prodigi. Ci condusse in questo luogo e ci diede questa terra, dove scorrono latte e miele. Ora, ecco, io presento le primizie dei frutti del suolo che tu, Signore, mi hai dato”. Le deporrai davanti al Signore, tuo Dio, e ti prostrerai davanti al Signore, tuo Dio».

Dal Salmo 90

Chi abita al riparo dell’Altissimo
passerà la notte all’ombra dell’Onnipotente.
Io dico al Signore: «Mio rifugio e mia fortezza,
mio Dio in cui confido».

Non ti potrà colpire la sventura,
nessun colpo cadrà sulla tua tenda.
Egli per te darà ordine ai suoi angeli
di custodirti in tutte le tue vie.

Sulle mani essi ti porteranno,
perché il tuo piede non inciampi nella pietra.
Calpesterai leoni e vipere,
schiaccerai leoncelli e draghi.

«Lo libererò, perché a me si è legato,
lo porrò al sicuro, perché ha conosciuto il mio nome.
Mi invocherà e io gli darò risposta;
nell’angoscia io sarò con lui,
lo libererò e lo renderò glorioso».

Dalla Lettera di San Paolo Apostolo ai Romani, Cap. 10, 8 – 13

Fratelli, che cosa dice [Mosè]? «Vicino a te è la Parola, sulla tua bocca e nel tuo cuore», cioè la parola della fede che noi predichiamo. Perché se con la tua bocca proclamerai: «Gesù è il Signore!», e con il tuo cuore crederai che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo. Con il cuore, infatti si crede per ottenere la giustizia, e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza.
Dice infatti la Scrittura: «Chiunque crede in lui non sarà deluso». Poiché non c’è distinzione fra Giudeo e Greco, dato che lui stesso è il Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che lo invocano. Infatti: «Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato».

Dal Vangelo secondo San Luca, Cap. 4, 1 – 13

In quel tempo, Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto, per quaranta giorni, tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni, ma quando furono terminati, ebbe fame. Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo”».
Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra e gli disse: «Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”».
Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù di qui; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo affinché essi ti custodiscano”; e anche: “Essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «È stato detto: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”».
Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato.

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Traffico da bollino nero questa mattina, 3 marzo, in tutta la Zona Ospedale e fino a Piazza Cesare Battisti.

Oltre al congestionamento cronico del traffico causato dalla chiusura del Cavalcavia di Corso Avogadro, stamane si è aggiunta l’interruzione della viabilità dovuta ad un piccolo sinistro stradale.

Un’auto in transito in Via Testi attorno alle 8 è entrata in collisione con un’altra, parcheggiata regolarmente sul ciglio della strada.

Risultato: blocco totale della circolazione, proprio mentre tutti corrono al lavoro o a portare i figli a scuola.

I Carabinieri, intervenuti tempestivamente sul posto, hanno fatto il possibile e l’impossibile per rendere celeri le operazioni di accertamento, ma, nonostante questo, le auto non possono ancora volare.

Risultato: code lunghissime e comprensibile “contrarietà” degli automobilisti.

Unica nota positiva: nessuno si è fatto male.

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