VercelliOggi
Il primo quotidiano online della provincia di Vercelli

Finisce la sua corsa nella camera di risaia attigua alla massicciata l’utilitaria condotta da un giovane di Crescentino, uscita dalla carreggiata lungo la Strada delle Grange nella tarda mattinata di oggi, 27 ottobre, in territorio comunale di  Lignana.

Il conducente è stato ricoverato in condizioni che, da prime sommarie informazioni, sono sembrate non gravi, all’Ospedale di Vercelli.

I Carabinieri stanno procedendo ai rilievi: si tratta di un sinistro “autonomo”, che vede, cioè, coinvolta una sola vettura.

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Borgosesia 1

Pinerolo 1

Marcatori: 30’ pt Giacona, 33’ st Maio.

Borgosesia (3-4-3): V. Gilli; Pierantozzi, Frana, Iannacone; Pecci (38’ st Lauciello), Colombo (28’ st Raja), Mirarchi (25’ st Vassallo), Guatieri; Giacona (38’ st Attolou), Fossati, Donadio.

A disp.: Gragnoli, Giraudo, Rekkab, D’Ambrosio.

All.: Lunardon.

Pinerolo (5-3-2): Faccioli; Ambrogio (28’ st Pinelli), Campagna, Tonini, Gjura, Utieyn; Galasso, Sangiorgi, Maio; De Riggi, Ciliberto (42’ st Campra).

A disp.: Bonissoni, Ferrato, Andretta, Dedominici, Ozara, Costantino, Micelotta.

All.: Rignanese.

Arbitro: Gervaso di Cosenza.

Guardalinee: Trusenti di Genova e El Hamdaoui di Novi Ligure.

Note: cielo coperto. Terreno in erba sintetica. Spettatori: 250 circa. Ammoniti: Utieyin, Iannacone, Campagna, Giacona, De Riggi, Mirarchi. Angoli: 6-5. Recupero: 1’ pt – 4’ st.

Gara ad alta tensione a Borgosesia.

I granata scendono in campo desiderosi di invertire la marcia che gli ha visti sconfitti nelle ultime sei gare.

Tra le fila valsesiane fanno l’esordio dal primo minuto il neo acquisto Pierantozzi e il classe 2006 Giacona.

Il Pinerolo che finora ha vinto solo in trasferta, cerca il colpaccio che gli consentirebbe l’allungo in classifica dalla zona play out.

I ragazzi di mister Manuel Lunardon partono propositivi.

Al quarto d’ora ci prova Donadio che non inquadra lo specchio della porta.

Dieci minuti più tardi, Utieyin rischia andando a scalciare un avversario a palla lontana.

E’ la mezzora quando il Borgo passa in vantaggio.

I granata recuperano palla, Fossati allarga per Giacona che addomestica la sfera e batte Faccioli in uscita.

Rispondono gli ospiti con un tiro a giro a lato di Ambrogio.

Brividi per i locali al 37’, quando Campagna su punizione colpisce l’esterno della rete.

La ripresa si apre con i granata subito pericolosi.

Bella combinazione a destra tra Donadio e Iannacone, palla in mezzo; Pecci e Fossati vengono chiusi.

Minuto 11; grande risposta di Gilli sulla punizione calciata da Campagna.

Al 20’ Pierantozzi anticipa De Riggi al momento del tiro.

Dopo a provarci su punizione è Galasso, Gilli c’è.

Superata la mezzora arriva il pareggio con un tiro a giro di Maio.

Al 40’ esce di pochissimo, deviato, il tiro di Donadio.

La gara termina senza ulteriori emozioni.

 

Redazione di Vercelli

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Dal Libro del Siracide, Cap. 35, 15 – 17. 20 – 22

Il Signore è giudice
e per lui non c’è preferenza di persone.
Non è parziale a danno del povero
e ascolta la preghiera dell’oppresso.
Non trascura la supplica dell’orfano,
né la vedova, quando si sfoga nel lamento.
Chi la soccorre è accolto con benevolenza,
la sua preghiera arriva fino alle nubi.
La preghiera del povero attraversa le nubi
né si quieta finché non sia arrivata;
non desiste finché l’Altissimo non sia intervenuto
e abbia reso soddisfazione ai giusti e ristabilito l’equità.

Dal Salmo 33

Benedirò il Signore in ogni tempo,
sulla mia bocca sempre la sua lode.
Io mi glorio nel Signore:
i poveri ascoltino e si rallegrino.

Il volto del Signore contro i malfattori,
per eliminarne dalla terra il ricordo.
Gridano e il Signore li ascolta,
li libera da tutte le loro angosce.

Il Signore è vicino a chi ha il cuore spezzato,
egli salva gli spiriti affranti.
Il Signore riscatta la vita dei suoi servi;
non sarà condannato chi in lui si rifugia.

Dalla Seconda Lettera di San Paolo Apostolo a Timoteo, Cap. 4, 6 – 8. 16 – 18

Figlio mio, io sto già per essere versato in offerta ed è giunto il momento che io lasci questa vita. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta soltanto la corona di giustizia che il Signore, il giudice giusto, mi consegnerà in quel giorno; non solo a me, ma anche a tutti coloro che hanno atteso con amore la sua manifestazione.
Nella mia prima difesa in tribunale nessuno mi ha assistito; tutti mi hanno abbandonato. Nei loro confronti, non se ne tenga conto. Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché io potessi portare a compimento l’annuncio del Vangelo e tutte le genti lo ascoltassero: e così fui liberato dalla bocca del leone.
Il Signore mi libererà da ogni male e mi porterà in salvo nei cieli, nel suo regno; a lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen.

Dal Vangelo secondo San Luca, Cap. 18, 9 – 14

In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri:
«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano.
Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”.
Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”.
Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

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UN PENSIERO DALLE SUORE CARMELITANE DEL MONASTERO MATER CARMELI DI BIELLA

Noi siamo i nostri desideri

(Sir 35,15-17.20-22; Sal 33; 2Tm 4,6-8.16-18; Lc 18,9-14)

Quello che colpisce dei due personaggi, presentati dal Vangelo di questa Domenica, è la chiusura del primo, il fariseo, e l’apertura del secondo, il pubblicano. Chiusura e apertura nei riguardi di se stessi, del mondo, della verità.

Il cammino di maturità umana e spirituale passa attraverso la strettoia della consapevolezza. Prendere coscienza di chi si è, di come si è. L’uomo che ha paura di guardarsi dentro si maschera e alla fine finisce per credere alle sue stesse pagliacciate, l’unico riferimento per quello che fa e dice è se stesso e la sua paura è di scoprirsi non perfetto.

Il fariseo non fa che autolodarsi, anche se sembra ringraziare Dio: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. Chi aveva detto a quest’uomo che lui non era come gli altri? Dal cuore dell’uomo escono le cose cattive, le cattive azioni e i cattivi desideri, dirà poi Gesù. Dal cuore del fariseo nascono giudizi di valore del tutto gratuiti nei confronti degli altri uomini: possibile che tutti sono ladri, ingiusti, adulteri? E se fosse che quello che gli altri compiono di “peccaminoso” vorrebbe compierlo anche lui e tiene repressi questi desideri, imbiancando la sua vita per darle una parvenza di perfezione? Ma Gesù dirà che se uno guarda una donna per desiderarla, ecco che già compie peccato in cuor suo. Noi siamo i nostri desideri!

Importante la consapevolezza della nostra fragilità. Importante la scelta dei nostri desideri.

Il fariseo è un uomo isolato, vede tutti gli altri uomini come dei peccatori, non sa entrare in relazione. Guarda l’uomo che gli sta accanto e non scorge un uomo, ma solo un pubblicano, cioè proietta su quell’uomo la categoria dei peccatori pubblici.

Ma Dio non guarda le categorie, Dio guarda ognuno di noi in maniera particolare, personale.

Ognuno di noi è guardato da Dio come figlio unico e prediletto, siamo opera delle sue mani, siamo desiderio del suo cuore. Dio non guarda l’esteriorità, coglie il nostro gemito quando ci sentiamo stretti dal nostro limite.

Il pubblicano si batte il petto, è bello pensare che con quel gesto va a risvegliare quel Dio che porta dentro di sé. Ecco sto alla porta e busso: aprimi la porta!

Il pubblicano ci insegna a entrare dentro noi stessi, lasciando cadere giudizi, false concezioni: siamo fragili, abbiamo sbagliato, ci siamo smarriti. Fermiamoci, riconosciamo che siamo fatti di materia debole, ma siamo anche uomini e donne nuovi in Cristo. Siamo uomini e donne in divenire. Con il pubblicano desideriamo che la misericordia di Dio ci tocchi e ci guarisca. Lasciamo che la luce della speranza brilli dentro di noi per poterla portare nelle nostre azioni di vita!

Le Sorelle Carmelitane

Monastero Mater Carmeli – Biella Chiavazza     

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In data odierna. 20 ottobre, a partire dalle ore 4, più squadre del Comando di Vercelli sono intervenute a Vercelli in Corso Marcello Prestinari al civico 144 per incendio abitazione.

Il proprietario di casa, al momento dell’incendio all’interno dell’abitazione, veniva raggiunto dalle squadre Vigili del Fuoco e portato in salvo in zona sicura, per essere affidato alle cure del personale sanitario del 118 e successivamente trasportato in ospedale a Vercelli.

L’incendio ha interessato e distrutto due locali e ad una porzione di tetto.

Le operazione di spegnimento sono terminate intorno alle ore 7.

Sul posto erano presenti anche le pattuglie della Polizia.

(Comunicato stampa del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Vercelli)

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E’ di due feriti, per fortuna non gravi, il bilancio dell’incidente stradale verificatosi nel primo pomeriggio di oggi (poco prima delle 15) 17 ottobre sulla strada provinciale tra Stroppiana e Pezzana, nel territorio di quest’ultimo comune.

I Carabinieri sono al lavoro per accertare esattamente la dinamica del sinistro frontale, mentre i Vigili del Fuoco hanno lavorato per mettere in sicurezza l’area e coadiuvare il l’opera di soccorso del Servizio 118 che ha proceduto al ricovero dei due conducenti (unici occupanti), rispettivamente un uomo (vettura bianca) ed una Signora.

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Provincia di Vercelli

Dal Libro dell’ Esodo, Cap. 17, 8 – 13

In quei giorni, Amalèk venne a combattere contro Israele a Refidìm.
Mosè disse a Giosuè: “Scegli per noi alcuni uomini ed esci in battaglia contro Amalèk. Domani io starò ritto sulla cima del colle, con in mano il bastone di Dio”. Giosuè eseguì quanto gli aveva ordinato Mosè per combattere contro Amalèk, mentre Mosè, Aronne e Cur salirono sulla cima del colle.
Quando Mosè alzava le mani, Israele prevaleva; ma quando le lasciava cadere, prevaleva Amalèk. Poiché Mosè sentiva pesare le mani, presero una pietra, la collocarono sotto di lui ed egli vi si sedette, mentre Aronne e Cur, uno da una parte e l’altro dall’altra, sostenevano le sue mani. Così le sue mani rimasero ferme fino al tramonto del sole.
Giosuè sconfisse Amalèk e il suo popolo, passandoli poi a fil di spada.

Dal Salmo 120

Alzo gli occhi verso i monti:
da dove mi verrà l’aiuto?
Il mio aiuto viene dal Signore:
egli ha fatto cielo e terra.

Non lascerà vacillare il tuo piede,
non si addormenterà il tuo custode.
Non si addormenterà, non prenderà sonno
il custode d’Israele.

Il Signore è il tuo custode,
il Signore è la tua ombra
e sta alla tua destra.
Di giorno non ti colpirà il sole,
né la luna di notte.

Il Signore ti custodirà da ogni male:
egli custodirà la tua vita.
Il Signore ti custodirà quando esci e quando entri,
da ora e per sempre.

Dalla Seconda Lettera di San Paolo Apostolo a Timoteo, Cap. 3, 14 – 4, 2

Figlio mio, tu rimani saldo in quello che hai imparato e che credi fermamente. Conosci coloro da cui lo hai appreso e conosci le sacre Scritture fin dall’infanzia: queste possono istruirti per la salvezza, che si ottiene mediante la fede in Cristo Gesù.
Tutta la Scrittura, ispirata da Dio, è anche utile per insegnare, convincere, correggere ed educare nella giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.
Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù, che verrà a giudicare i vivi e i morti, per la sua manifestazione e il suo regno: annuncia la Parola, insisti al momento opportuno e non opportuno, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e insegnamento.

Dal Vangelo secondo San Luca, Cap. 18, 1 – 8


In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai:
“In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”.
Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi””.
E il Signore soggiunse: “Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?”.

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UN PENSIERO DALLE SUORE CARMELITANE DEL MONASTERO MATER CARMELI DI BIELLA

Il termometro della fede

(Es 17,8-13; Sl 120; 2Tm 3,14-4,2; Lc 18, 1-8)

Gesù mette a fuoco tra gli abitanti di una città principalmente due figure, quella di un giudice disonesto che vive senza temere Dio e senza aver riguardo per alcuno e quella di una vedova che in ogni caso va da lui chiedendo che eserciti il suo mestiere e le faccia giustizia. C’è poi una terza figura quella dell’avversario, che resta nell’ombra, nelle tenebre, dove nascono tutti i soprusi e le ingiustizie. Per un po’ il giudice rimane sordo alla richiesta della vedova, ma questa non demorde, non perde il coraggio e persevera a chiedere continuamente giustizia. La sua insistenza alla fine ottiene ciò che spera e quel giudice, suo malgrado, fa quanto la vedova chiede, spinto dal desiderio di liberarsi dal tanto fastidio che questa donna gli procura.

Gesù racconta ai discepoli, a coloro che vogliono ascoltare e imparare da lui, questa parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai, invitando ad ascoltare le parole del giudice e a considerare il comportamento della vedova.

Innanzitutto la donna sa che non può farsi giustizia da sola e dunque si rivolge a chi ha questo potere, pur con buona probabilità conoscendo la disonestà del giudice. Questa vedova, non accetta passivamente il suo destino ma con tutta la sua energia lotta per cambiarlo e non lasciarsi schiacciare dalla prepotenza dei potenti, lotta con le armi a sua disposizione, cerca una via d’uscita e la trova. 

Quante volte tra le vicende interiori ed esteriori del nostro quotidiano siamo tentati di gettare la spugna e di pensare che Dio avrà cose molto più importanti che quella di ascoltarci. Ci arrendiamo e non combattiamo più per la giustizia, eppure anche da uomini disonesti, dice Gesù, si può arrivare ad ottenere cose buone, come ci insegna la costanza e l’audacia della vedova. Cosa manca alla nostra preghiera? Il Signore dice: la fede. Ed è proprio la fede che sostiene e illumina la preghiera, liberandola dal pericolo della superstizione o dalla convinzione che essa in fondo sia una pia perdita di tempo, affidata per lo più a vecchine vedove, come la donna della parabola del Vangelo.

La preghiera vissuta nella fede apre alla discesa dello Spirito santo, il dono più grande che rende vittorioso Giosuè in battaglia per la preghiera di Mosè. Noi crediamo in Dio che benedice un’unica guerra quella contro le forze ostili del male, contro le ingiustizie, i soprusi come quelli dei quali era vittima la vedova di cui leggiamo in questo brano di Vangelo. Spesso la giustizia degli uomini è sorda e lenta, poco incline a investire energie per i più poveri, eppure non bisogna mai perdere la speranza; se questo vale per la giustizia tra gli uomini quanto più nel nostro rapporto con Dio. Quando preghiamo non si tratta di sprecare parole pensando di venire ascoltati a forza di parole, non si tratta di recitare e moltiplicare formule, novene, pellegrinaggi… certo cose tutte buone e giuste ma piuttosto misurare il termometro della nostra fede: crediamo davvero che Dio ci ama e desidera il nostro bene più grande? E forse questa fiducia in Dio la preghiera continua che dobbiamo tenere accesa, senza mai stancarci, nella nostra mente e nel nostro cuore?

Le Sorelle Carmelitane

Monastero Mater Carmeli – Biella Chiavazza

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Provincia di Vercelli, Regione Piemonte

La piccola Bianzè (paesino in provincia di Vercelli, non lontano dal confine eprediese della Città metropolitana di Torino) ha dato i natali a quella che, senza avere paura delle parole, può tranquillamente chiamarsi una personalità geniale.

Parliamo (sia concesso) dell’amico e Professore Renato Uglione, intelligente ed appassionato studioso della vita e dell’opera di Sant’Eusebio, Protovescovo e Patrono della sua Diocesi e di tutto il Piemonte.

Uglione (tentiamo una selezione tra i suoi numerosi impegni di studioso) dal 2000 è Vicepresidente Nazionale dell’Associazione Italiana di Cultura Classica e, dal 2010, è Presidente del Centro Europeo di Studi Umanistici (C.E.S.U.) “Erasmo da Rotterdam” e membro della direzione scientifica della collana di testi patristici e umanistici Corona Patrum Erasmiana.

Ebbene, a Renato Uglione si deve una traduzione critica di tutte le Lettere inviate dall’esilio da Sant’Eusebio.

Di lui parlano, nel video che volentieri offriamo ai Lettori, i due protagonisti della giornata, Mons. Roberto Repole, Arcivescovo di Torino e Mons. Franco Giulio Brambilla, Vescovo di Novara: dei loro interventi che idealmente e non solo aprono e chiudono il cursus logico e cronologico di questa ricerca, diremo però meglio tra qualche riga.

Nel 1650.mo anniversario della morte di Eusebio, questo convegno nazionale di studi tenutosi ieri presso il Seminario arcivescovile della Diocesi di Vercelli.

Al centro, la figura di Eusebio che si staglia tra quelle di Ambrogio di Milano e Massimo di Torino (lo dirà Mons. Roberto Repole, nell’intervento di cui riproponiamo ampi stralci) suggerendo anche, secondo una sapiente allusività, una lettura di questa “centralità” non peregrina e non soltanto perché Vercelli sia a metà strada.

Forse anche per come sa coniugare l’eco della lezione di Ireneo e Origene perpetuandola poi, come un lascito, a Gregorio di Nissa, fino ad ispirare tanta parte del pensiero moderno, non ultimo quello di Hans Urs von Balthasar.

Dopo l’intervento introduttivo dell’Arcivescovo di Vercelli, Mons. Marco Arnolfo, si entra nel vivo con la relazione di Mons. Franco Giulio Brambilla, teologo di fama, che in questa circostanza si preoccupa, però, maggiormente di riannodare i fili della Storia:”L’opera di Eusebio di Vercelli nel quadro della crisi ariana del IV Secolo”.

E’ lo stesso Presule a dirne, al nostro microfono, una sintesi, riferendosi, in particolare, alla Seconda Lettera dall’esilio, rivolta alle “sue” Chiese di Vercelli, Novara, Ivrea e Tortona.

***

Guest star della giornata di studi, come è facile immaginare, l’Arcivescovo di Torino, Mons. Roberto Repole, che non ha certo deluso le attese, attingendo dalla sua esperienza di Docente universitario (di Teologia Sistematica ed è stato Rettore della Sezione piemontese della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale).

Per la cronaca: allievo liceale dell’Istituto Valsalice negli anni in cui vi ha insegnato lo stesso Uglione, anche se in una Sezione diversa da quella affidata al Prof. di Bianzè.

L’Arcivescovo di Torino ha, sì “attinto” dal proprio back ground, ma non ha certo lasciato cadere il suggerimento per uno sguardo “sull’oggi”, recato dal titolo del contributo assegnatogli: “L’attualità dell’insegnamento trinitario di Eusebio di Vercelli per il nostro tempo”.

Dell’intervento riproponiamo nel nostro video ampi stralci, mentre fra qualche ora potremo offrire, integrali, i contributi di: Mons. Marco Arnolfo, Mons. Franco Giulio Brambilla, dello stesso Mons. Repole, last but not least, di Renato Uglione, regista di questa straordinaria occasione per ripercorrere la lezione di Eusebio e, così, riflettere su di noi, Chiesa del presente in cerca di futuro.

Provincia di Vercelli

Dal Secondo Libro dei Re, Cap. 5, 14 – 17

In quei giorni, Naamàn [, il comandante dell’esercito del re di Aram,] scese e si immerse nel Giordano sette volte, secondo la parola di Elisèo, uomo di Dio, e il suo corpo ridivenne come il corpo di un ragazzo; egli era purificato [dalla sua lebbra].
Tornò con tutto il seguito da [Elisèo,] l’uomo di Dio; entrò e stette davanti a lui dicendo: “Ecco, ora so che non c’è Dio su tutta la terra se non in Israele. Adesso accetta un dono dal tuo servo”. Quello disse: “Per la vita del Signore, alla cui presenza io sto, non lo prenderò”. L’altro insisteva perché accettasse, ma egli rifiutò.
Allora Naamàn disse: “Se è no, sia permesso almeno al tuo servo di caricare qui tanta terra quanta ne porta una coppia di muli, perché il tuo servo non intende compiere più un olocausto o un sacrificio ad altri dèi, ma solo al Signore”.

Dal Salmo 97

Cantate al Signore un canto nuovo,
perché ha compiuto meraviglie.
Gli ha dato vittoria la sua destra
e il suo braccio santo.

Il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza,
agli occhi delle genti ha rivelato la sua giustizia.
Egli si è ricordato del suo amore,
della sua fedeltà alla casa d’Israele.

Tutti i confini della terra hanno veduto
la vittoria del nostro Dio.
Acclami il Signore tutta la terra,
gridate, esultate, cantate inni!

Dalla Seconda Lettera di San Paolo apostolo a Timoteo, Cap. 2, 8 – 13

Figlio mio, ricòrdati di Gesù Cristo, risorto dai morti, discendente di Davide, come io annuncio nel mio vangelo,
per il quale soffro fino a portare le catene come un malfattore.
Ma la parola di Dio non è incatenata! Perciò io sopporto ogni cosa per quelli che Dio ha scelto, perché anch’essi raggiungano la salvezza che è in Cristo Gesù, insieme alla gloria eterna.
Questa parola è degna di fede:
Se moriamo con lui, con lui anche vivremo;
se perseveriamo, con lui anche regneremo;
se lo rinneghiamo, lui pure ci rinnegherà;
se siamo infedeli, lui rimane fedele,
perché non può rinnegare se stesso.

Dal Vangelo secondo San Luca, Cap. 17, 11 – 19
Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samarìa e la Galilea.
Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: “Gesù, maestro, abbi pietà di noi!”. Appena li vide, Gesù disse loro: “Andate a presentarvi ai sacerdoti”. E mentre essi andavano, furono purificati.
Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano.
Ma Gesù osservò: “Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?”. E gli disse: “Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!”.

***

UN PENSIERO DALLE SUORE CARMELITANE DEL MONASTERO MATER CARMELI DI BIELLA

Ti prendo in parola

(2Re 5,14-17; Sal 97; 2Tm 2,8-13; Lc 17,11-19)

La tua fede ti ha salvato! Nel vangelo di Luca ricorre molte volte questa affermazione di Gesù: è un elogio e anche un richiamo a focalizzare l’attenzione sull’obbedienza alla fede. Lasciamoci aiutare dal brano dei dieci lebbrosi, quelli esclusi da ogni speranza di contatto con Dio e il prossimo. A partire da questa condizione, tutti insieme per fede, vanno incontro a Gesù che sta sopraggiungendo. Chiedono di poter essere graziati, perché per loro c’è una distanza da rispettare che non permette di avvicinarsi: per loro è questa la reale condanna.

Chissà quante volte anche noi desiderosi di seguire Gesù, ci percepiamo distanti da Dio a motivo delle nostre miserie! I lebbrosi ci insegnano a non perderci d’animo. Accorciare la distanza è sempre possibile con la preghiera rivolta a Gesù, come fanno tutti loro. Per ora possono fare solo questo. Appena Gesù li vede, indica ciò che devono e possono fare secondo la legge una volta guariti! Infatti, dicendo loro di presentarsi ai sacerdoti, Gesù offre a tutti una parola che sarà per loro la grazia dell’obbedienza alla fede. Questa infatti deve concretizzarsi in un’azione specifica, possibile soltanto quando si riceve una parola a cui prestare ascolto-fede.

Lo stesso vale per noi, dentro agli eventi del presente, alle regole e attraverso le mediazioni umane che ci vengono date. Questa parola di Gesù si presenta come un controsenso, ma una fede piccola e senza pretese di autogiustificazione può invece accoglierla come la grazia sperata che si rivelerà strada facendo. Qui sta la grandezza dell’umiltà della fede: questo vangelo ci sollecita oggi a vivere in quest’ottica la fede che abbiamo.

Scelgo di agire secondo quanto intravvedo nel comandamento ricevuto, perché in esso  vedo un bene maggiore che attende il mio libero consenso. In un altro brano, Gesù mostra ad un teologo come interpretare i comandamenti di Dio, per mostrarci che non ci è chiesta tanta fede o conoscenza, ma il cuore, il come decido di aderire a quanto ascolto.

Dieci lebbrosi: viene da pensare ad una comunità, un’ intera famiglia. Tutti nella stessa barca, tutti desiderano la vita. E Gesù ci dice: “Tutti sono stati guariti! Ma dove sono?”. Chi si è accorto del miracolo? Solo uno su dieci. Davvero la fede è degli umili! E’ di chi si vede già esaudito sulla parola data dal Maestro, ancor prima di giungere dove gli viene indicato di andare per il suo bene. E’ in questo modo che Dio ci apre gli occhi sulla sua salvezza. Salvezza che Lui ci ha già donato mentre stiamo ancora percorrendo le strade della vita, quelle che ci portano ad incontrare Lui attraverso le relazioni quotidiane, i doveri del nostro stato di vita, le norme della società e le indicazioni della Chiesa e con ogni mezzo con cui il presente ci viene incontro. Ricordiamoci che obbedire significa ascoltare chi ho davanti. Domandiamoci allora chi e cosa ascolto innanzitutto: da qui dipenderà la qualità e l’umiltà della mia fede. E dalla fede, le azioni verso la grazia sperata.

 Le Sorelle Carmelitane

Monastero Mater Carmeli – Biella Chiavazza     

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Aggiornamento 5 ottobre ore 16 – 

Trova conferma l’ipotesi che il decesso della Signora Cornelia Schell (classe 1955) di origine tedesca, sia stato determinato da cause naturali.

***

Potrebbe essere un dramma della solitudine, quello che in queste ore (l’allarme attorno alle 19) succede a Santhià.

In Corso Sant’Ignazio, al Civico 43, è stato rinvenuto senza vita il corpo di una donna, di origine straniera che, dalle prime sommarie informazioni, pare avesse circa 60 anni di età.

Non si conoscono i motivi del decesso.

Sul posto sono arrivati i Carabinieri ed il carro funebre, in attesa che sia autorizzata la rimozione della salma.

Aggiornamenti nelle prossime ore.

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Dal Libro del Profeta Abacuc, Capp. 1,2-3; 2, 2-4

Fino a quando, Signore, implorerò aiuto
e non ascolti,
a te alzerò il grido: “Violenza!”
e non salvi?
Perché mi fai vedere l’iniquità
e resti spettatore dell’oppressione?
Ho davanti a me rapina e violenza
e ci sono liti e si muovono contese.
Il Signore rispose e mi disse:
“Scrivi la visione
e incidila bene sulle tavolette,
perché la si legga speditamente.
È una visione che attesta un termine,
parla di una scadenza e non mentisce;
se indugia, attendila,
perché certo verrà e non tarderà.
Ecco, soccombe colui che non ha l’animo retto,
mentre il giusto vivrà per la sua fede”.

Dal Salmo 94

Venite, cantiamo al Signore,
acclamiamo la roccia della nostra salvezza.
Accostiamoci a lui per rendergli grazie,
a lui acclamiamo con canti di gioia.

Entrate: prostràti, adoriamo,
in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti.
È lui il nostro Dio
e noi il popolo del suo pascolo,
il gregge che egli conduce.

Se ascoltaste oggi la sua voce!
“Non indurite il cuore come a Merìba,
come nel giorno di Massa nel deserto,
dove mi tentarono i vostri padri:
mi misero alla prova
pur avendo visto le mie opere”.

Dalla Seconda Lettera di San Paolo Apostolo a Timoteo, Cap. 1, 6 – 8. 13 – 14
Figlio mio, ti ricordo di ravvivare il dono di Dio, che è in te mediante l’imposizione delle mie mani. Dio infatti non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di carità e di prudenza.

Non vergognarti dunque di dare testimonianza al Signore nostro, né di me, che sono in carcere per lui; ma, con la forza di Dio, soffri con me per il Vangelo.
Prendi come modello i sani insegnamenti che hai udito da me con la fede e l’amore, che sono in Cristo Gesù. Custodisci, mediante lo Spirito Santo che abita in noi, il bene prezioso che ti è stato affidato.

Dal Vangelo secondo San Luca, Cap. 17, 5 – 10
In quel tempo, gli apostoli dissero al Signore: “Accresci in noi la fede!”.

Il Signore rispose: “Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe.
Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stríngiti le vesti ai fianchi e sérvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?
Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare””.

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UN PENSIERO DALLE SUORE CARMELITANE DEL MONASTERO MATER CARMELI DI BIELLA

Fede che cresce fidandosi di Dio

(Ab 1,2-3;2,2-4; Sal 94; 2Tm 1,6-8.13-14; Lc 17,5-10)

Con un cuore solo e una voce sola gli apostoli dissero al Signore: “Accresci in noi la fede!”. Anche tutti noi vogliamo unirci alla preghiera della Chiesa che chiede al Signore con questo vangelo di oggi: “Signore accresci in noi la fede”. Accresci in noi quella fede quanto un granello di senape, perché possiamo entrare nella sfera del tuo pensiero per noi, del tuo criterio nei nostri confronti, del tuo agire su di noi!

In questa parabola troviamo il padrone e il servo. Nella logica umana il servo dovrebbe svolgere il suo lavoro come un dovere che gli viene chiesto. Ma quel servo che impara ad amare il suo padrone con affetto sincero e dedizione totale, può entrare nella confidenza del padrone; può mangiare e bere come lui, dopo averlo servito. Anche in questo il discepolo impara dal suo Maestro come comportarsi.

Tutto è legato a un cammino di fede e accoglienza dei doni che Dio ha messo nei nostri cuori. Ma che cosa è questa fede che il Signore ci chiede di avere? Essa si può tradurre come atto di fiducia e di affidamento a qualcuno, in questo caso al Signore Dio che come un Padre ci ha creato.

A che cosa serve la fede? Gesù nel brano dice: “Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sradicati e va a piantarti nel mare”. Ci sono tante situazioni nella nostra vita e nel nostro mondo che hanno bisogno di tanta fede quanto un granello di senape, da poter dire secondo la volontà di Dio: “Sradicati e vai a piantarti nel mare”, e Gesù prosegue: “ed esso vi obbedirebbe!”.

Ora guardando la concretezza di quello di cui Gesù sta parlando sembra un’ironia. Sappiamo per esperienza che il mare è un mondo a sé, dove l’uomo non può piantare nulla per i movimenti instabili che sono presenti in esso. Solo l’onnipotenza di Dio può pensare di scavare nelle profondità del mare e piantare o sradicare. Per questo occorre appoggiarci al Signore che può tutto.

Questo paragrafo del vangelo ci comunica la dignità dei figli di Dio attraverso la fede, quella partecipazione alla sua vita mediante un lavoro responsabile nel campo di Dio e la cura del gregge di Cristo, buon Pastore delle nostre anime. Il servo del vangelo sa di essere amato dal suo padrone con un amore senza limiti, perciò anche lui vuole lavorare senza mormorazione e non aspetta neppure l’elogio. Il lavorare nel campo di Dio non conosce la perdita del tempo se non il giusto riposo. Ognuno di noi, dunque, si senta la gioia e la gratitudine di essere chiamato con il Battesimo a lavorare nel campo di Dio e a pascere il suo gregge.

Ora è il tempo di preparare da mangiare al Padrone curando le sue membra, soccorrendo i poveri senza sosta, quei poveri che Gesù ha detto saranno sempre con noi, nel curare il suo campo perché non sia un campo abbandonato ai rovi, stringendoci le vesti ai fianchi per essere lesti nel servire! Invochiamo lo Spirito di Cristo perché venga in noi senza sosta, a ricrearci per una nuova ondata dello Spirito del Vangelo per l’umanità intera! Amen!

Le Sorelle Carmelitane

Monastero Mater Carmeli – Biella Chiavazza     

 

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