VercelliOggi
Il primo quotidiano online della provincia di Vercelli
Valsesia e Valsessera

(nella foto di apertura il luogo del sinistro)

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C’è grande partecipazione a Borgosesia per il lutto che ha colpito la famiglia di Minibell Puemape Cisniegas, la Signora 50enne (classe 1972) di origine peruviana, che nel pomeriggio di oggi ha perso la vita lungo la sponda della Sesia che si trova in Località Villa San Giovanni.

Da una prima ricostruzione dei fatti, sembra assodato che la Signora, dopo avere pranzato, si sia immersa in acqua, dove accusava un malore.

Riusciva a raggiungere la riva, crollando però subito al suolo.

I familiari si prodigavano per aiutarla e qualcuno di loro è riuscito ad intercettare una pattuglia dei Carabinieri che transitava nei pressi; i Militi hanno cercato di praticare il massaggio cardiaco, mentre chiamavano i soccorsi.

Giungeva sul posto l’elisoccorso, ma il Personale Medico di bordo non poteva fare altro che constatare il decesso, ascritto a cause naturali.

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Dal Secondo Libro dei Re, Cap. 4, 8 – 11. 14 – 16

Un giorno Eliseo passava per Sunem, ove c’era una donna facoltosa, che l’invitò con insistenza a tavola. In seguito, tutte le volte che passava, si fermava a mangiare da lei. Essa disse al marito: “Io so che è un uomo di Dio, un santo, colui che passa sempre da noi. Prepariamogli una piccola camera al piano di sopra, in muratura, mettiamoci un letto, un tavolo, una sedia e una lampada, sì che, venendo da noi, vi si possa ritirare”.
Recatosi egli un giorno là, si ritirò nella camera e si coricò. Eliseo chiese a Giezi suo servo: “Che cosa si può fare per questa donna?”. Il servo disse: “Purtroppo essa non ha figli e suo marito è vecchio”. Eliseo disse: “Chiamala!”. La chiamò; essa si fermò sulla porta. Allora disse: “L’anno prossimo, in questa stessa stagione, tu terrai in braccio un figlio”.

Dal Salmo 88

Canterò senza fine le grazie del Signore,
con la mia bocca annunzierò la tua fedeltà nei secoli,
perché hai detto: “La mia grazia rimane per sempre”;
la tua fedeltà è fondata nei cieli.

Beato il popolo che ti sa acclamare
e cammina, o Signore, alla luce del tuo volto:
esulta tutto il giorno nel tuo nome,
nella tua giustizia trova la sua gloria.

Perché tu sei il vanto della sua forza
e con il tuo favore innalzi la nostra potenza.
Perché del Signore è il nostro scudo,
il nostro re, del Santo d’Israele.

Dalla Lettera di San Paolo Apostolo ai Romani, Cap. 6, 3 – 4. 8 – 11

Fratelli, quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte. Per mezzo del battesimo siamo dunque stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova.
Ma se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui, sapendo che Cristo risuscitato dai morti non muore più; la morte non ha più potere su di lui.
Per quanto riguarda la sua morte, egli morì al peccato una volta per tutte; ora invece per il fatto che egli vive, vive per Dio.
Così anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù.

Dal Vangelo secondo San Matteo, Cap. 10, 37 – 42

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: “Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me; chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me.
Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà.
Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato.
Chi accoglie un profeta come profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto come giusto, avrà la ricompensa del giusto.
E chi avrà dato anche solo un bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli, perché è mio discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa”.

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UN PENSIERO SULLA PAROLA DALLE SUORE CARMELITANE DEL MONASTERO MATER CARMELI DI BIELLA

Accoglienza circolare

(2Re 4,8-11.14-16; Sal 88; Rm 6,3-4.8-11; Mt 10,37-42)

Il vangelo di questa settimana ci spinge ad entrare in una logica matematica diversa da quella a cui siamo abituati. Ci invita ad entrare in una legge geometrica diversa. Gesù non suggerisce sottrazioni o addizioni. Non disegna forme piramidali. La matematica di Gesù è tutta una moltiplicazione di gesti di gratuità: dare un bicchiere d’acqua senza conoscere il nome della persona che si ha di fronte, ma “solo” perché quella persona è portatrice della presenza di Dio, quindi profeta di Dio, profezia cioè di un Dio che si è incarnato nel tempo e nella storia, un Dio che è presente in ogni donna e in ogni uomo che ci avvicina. La gratuità dell’amore di Dio si rivela nel fatto che accoglie come buono un nostro gesto buono compiuto anche  senza troppa consapevolezza che il fratello è custode di questa presenza divina.

La vita di Gesù è stata tutta una vita di accoglienza, a cui si è preparato, a cui si è disposto con amore. L’accoglienza suggerita a noi da Gesù nel discorso missionario del capitolo 10 di Matteo ha un valore più teologico che semplicemente sociale, proprio perché nella persona accolta si intravede il volto stesso di Cristo.

Soprattutto tre classi di persone rivelano la presenza del Signore: i profeti, i giusti, i piccoli. Non importano le loro qualità personali, basta la loro qualifica essenziale di persone “mandate” perché, come dicevano i rabbini contemporanei di Gesù, “l’inviato è come se fosse il mandante in persona”. Non importa neppure se non li riconosciamo subito come emanazione di Cristo: Matteo nel capitolo 25 ci ricorda che i giusti nel giudizio si stupiranno che dietro i lembi cadenti di malati, perseguitati, prigionieri, affamati, emarginati si nascondeva proprio il Cristo stesso. Essi avevano operato solo per quell’amore che “non si vanta, non si gonfia, non cerca il suo interesse” (1Cor 13, 4-5). Non è neppure importante il dono da noi offerto. Anche il bicchiere d’ acqua fresca, cioè la più urgente e semplice esigenza di un viandante palestinese, diventa cooperazione all’evangelizzazione e merita la “ricompensa” divina.

La geometria di Dio disegna forme circolari: lui è il centro dell’universo, del cosmo e della storia; lui è il centro vivo del nostro cuore. Da questo centro c’è un irraggiamento di vita, di potenza, di calore.

Se prendendo spunto da questo le nostre comunità, le nostre famiglie, le nostre parrocchie, i nostri ambienti di vita più disparati, riuscissero a diventare circolari, allora ne scaturirebbero dimensioni di vita arricchenti, forme sinodali di ascolto e attuazione. Allora non ci sarebbe più il rischio di amare il padre, la madre, la moglie o il marito, più di Cristo Gesù, perché ruoteremmo tutti intorno a Lui. E anche il nostro amore verso noi stessi sarebbe un amore di gratuità, non dobbiamo possedere egoisticamente la nostra vita, schermandoci a difesa delle proposte di Dio. Prendere la sua croce è libertà di vita, non masochismo di vita. Non si accoglie la croce per la croce in se stessa. La croce di Cristo Gesù è la sua storia di vita, di morte  e risurrezione, di ritorno al Padre, di effusione dello Spirito.

Le Sorelle Carmelitane

Monastero Mater Carmeli – Biella Chiavazza    

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Dal Libro del Profeta Geremia, Cap. 20, 10 – 13

Sentivo la calunnia di molti:
«Terrore all’intorno!
Denunciatelo! Sì, lo denunceremo».
Tutti i miei amici aspettavano la mia caduta:
«Forse si lascerà trarre in inganno,
così noi prevarremo su di lui,
ci prenderemo la nostra vendetta».
Ma il Signore è al mio fianco come un prode valoroso,
per questo i miei persecutori vacilleranno
e non potranno prevalere;
arrossiranno perché non avranno successo,
sarà una vergogna eterna e incancellabile.
Signore degli eserciti, che provi il giusto,
che vedi il cuore e la mente,
possa io vedere la tua vendetta su di loro,
poiché a te ho affidato la mia causa!
Cantate inni al Signore,
lodate il Signore,
perché ha liberato la vita del povero
dalle mani dei malfattori.

Dal Salmo 68 (69)

Per te io sopporto l’insulto
e la vergogna mi copre la faccia;
sono diventato un estraneo ai miei fratelli,
uno straniero per i figli di mia madre.
Perché mi divora lo zelo per la tua casa,
gli insulti di chi ti insulta ricadono su di me.

Ma io rivolgo a te la mia preghiera,
Signore, nel tempo della benevolenza.
O Dio, nella tua grande bontà, rispondimi,
nella fedeltà della tua salvezza.
Rispondimi, Signore, perché buono è il tuo amore;
volgiti a me nella tua grande tenerezza.

Vedano i poveri e si rallegrino;
voi che cercate Dio, fatevi coraggio,
perché il Signore ascolta i miseri
non disprezza i suoi che sono prigionieri.
A lui cantino lode i cieli e la terra,
i mari e quanto brùlica in essi.

Dalla Lettera di San Paolo Apostolo ai Romani, 5, 12 – 15

Fratelli, come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e, con il peccato, la morte, così in tutti gli uomini si è propagata la morte, poiché tutti hanno peccato.
Fino alla Legge infatti c’era il peccato nel mondo e, anche se il peccato non può essere imputato quando manca la Legge, la morte regnò da Adamo fino a Mosè anche su quelli che non avevano peccato a somiglianza della trasgressione di Adamo, il quale è figura di colui che doveva venire.
Ma il dono di grazia non è come la caduta: se infatti per la caduta di uno solo tutti morirono, molto di più la grazia di Dio, e il dono concesso in grazia del solo uomo Gesù Cristo, si sono riversati in abbondanza su tutti.

Dal Vangelo secondo San Matteo, Cap. 10, 26 – 33

In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli:
«Non abbiate paura degli uomini, poiché nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto. Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio voi annunciatelo dalle terrazze.
E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l’anima e il corpo.
Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri!
Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli».

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UN PENSIERO SULLA PAROLA A CURA DELLE SUORE CARMELITANE DEL MONASTERO MATER CARMELI DI BIELLA

Attingi forza nella grazia

(Ger 20,10-13; Sal 68; Rm 5,12-15; Mt 10,26-33)

La paura è un tema molto presente nella Bibbia; l’invito: “non abbiate paura” ricorre 365 volte, come a ricordarci che ogni giorno dobbiamo esercitarci a superare quello spirito contrario che agisce in noi attraverso gli attaccamenti e le apparenze.

La paura tende a distoglierci dalla verità oggettiva, perciò oggi, Gesù ci invita a non avere paura degli uomini. Possibile che le più grandi paure nascano dalla paura dell’altro? Cosa può farmi davvero un uomo oltre la sua irrazionale violenza? Più che a me, fa del male a se stesso e, comunque vadano le cose, anch’egli sarà giudicato su come avrà amato in vita, poiché è soltanto a Dio che appartiene questo giusto giudizio. Lui conosce i segreti e i pensieri di ogni cuore umano, conosce come si svolge ogni cosa, conosce chi offende e chi è offeso. Faremo bene a far quotidiana memoria che non siamo qui per giudicare, ma per imparare ad amare con cuore sincero, senza malizia né ipocrisia. Le parole degli uomini sono imperfette e instabili perché basate su giudizi parziali e soggettivi. Siamo impossibilitati a conoscere la reale situazione del cuore e della mente.

Fiducia in Gesù dunque, in ogni contrarietà! Non lasciamoci condizionare dalla paura di non essere accettati; il Signore cerca e accetta l’umiltà. Non permette che gli eventi restino causa di turbamento. Sono piuttosto una correzione per i cuori in errore e un progresso nel bene per quelli umili e fiduciosi. Dio conosce la nostra debolezza e per questo è il solo che può usare all’uomo misericordia per rialzarlo, perché davanti a Lui nessuno può davvero giustificarsi. Gesù ci ha mostrato la compassione di Dio per noi uomini, il suo amore per la nostra debolezza quando la riconosciamo e decidiamo di affidarla a Lui. Chi confida quotidianamente nella bontà e sapienza di Dio, non è attaccato a nessun giudizio e non si turba per parole false e cattive: sa che non possono rubargli la sua onesta fiducia.

Oggi Gesù mi ripete: fidati di Me! Possiamo davvero prenderlo in parola, perché Lui è il nostro Creatore e Liberatore e ha in mano l’esistenza di tutti. In fondo, se la coscienza non mi rimprovera, sopportare le offese e i giudizi degli uomini è persino meritorio e di grande profitto quando decido di confidare di continuo in Dio e non in me stesso. Infatti non posso pensare che tutti mi amino, perché la debolezza che mi abita mi fa spesso compiere le stesse offese e mancanze degli altri. Chi si mette nelle mani di Dio, di volta in volta e giorno per giorno, con umiltà e grande pazienza, prima verso se stesso e poi verso il prossimo, costruisce in questa maniera la sua personale difesa contro le maldicenze e le ingiustizie sociali. Il vero timore non è altro che rinuncia agli aiuti della ragione (Sap 17,11). “Io, io sono il tuo consolatore; chi sei tu perché tema uomini che muoiono e un figlio dell’uomo che avrà la sorte dell’erba (Is 51,12)?”. “Non credere di essere saggio, temi il Signore e sta’ lontano dal male (Pr 3,7)”. Allora, riceverai in dono la vera pace che cerchi oggi!

 Le Sorelle Carmelitane

Monastero Mater Carmeli – Biella Chiavazza     

 

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(elisa moro) – Una serata carica di emozioni e suggestioni, quella del 21 giugno, che ha sancito l’inizio “ufficiale” dell’Estate.

Nell’affascinante cornice della Chiesa romanica di San Michele in Clivolo, distante due chilometri da Borgo d’Ale, si è voluto festeggiare il giorno più lungo e la notte più breve con un evento legato a Dante Alighieri, dal titolo “Dante. Parole…Note”, che ha visto il connubio tra la recitazione e brani corali.

Il titolo, non casuale, ha voluto richiamare il duplice significato della parola ‘note’, riguardando sia l’aspetto musicale, sottolineato dalla presenza della musica e del canto, ma anche la notorietà, oltre che l’attualità, dei brani danteschi proposti, che contengono personaggi e frasi entrati nel patrimonio culturale e popolare italiano.

Il Coro femminile borgodalese Torre Alata, diretto dalla Maestra Angela Fiorano, ha così affiancato, in questa avventura artistica, Marco Zuccari, scrittore e autore teatrale, curatore della regia, nell’omaggio al Poeta fiorentino, come si può ascoltare in alcuni passaggi del video.

Alternando brani della Commedia a canti polifonici, tratti da diverse tradizioni culturali, si sono ottenute due ore di pura magia, rese ancora più suggestive dall’illuminazione con sole candele e luci teatrali, che hanno creato il giusto clima per favorire la concentrazione, a beneficio del numeroso pubblico intervenuto.

Tra il pubblico, è da evidenziare la presenza del Sindaco, Pier Mauro Andorno, che, al termine della serata, ha voluto ringraziare e sottolineare l’importanza di questo evento culturale, ma anche annunciare l’inizio dei lavori di restauro che riguarderanno proprio l’area esterna della Chiesa del Clivolo, segno di attenzione e di cura verso un patrimonio ereditato e da custodire gelosamente.

Infine, Marco Zuccari, che prossimamente presenterà le sue opere negli Stati Uniti, ha invitato tutti i presenti al prossimo appuntamento di venerdì 23 giugno, alle ore 21, nella Biblioteca Monsignor Luigi Bongianino di Borgo d’Ale, dove presenterà il suo romanzo, che ha già ottenuto numerose recensioni lusinghere, “Come un servo infedele”, il racconto di una saga familiare inquadrata negli anni dal 1914 al 1974, di 60 anni di storia in cui l’Italia è stata travolta da eventi epocali, e in cui una famiglia della piccola borghesia piemontese ha vissuto vicissitudini difformi, da economiche a comiche, da luttuose a festose, da pacifiche a drammatiche, il tutto vissuto e raccontato attraverso i personaggi, vitali e reali, della famiglia protagonista della saga.

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La cronaca di oggi, 20 giugno, si apre con la notizia del sinistro stradale verificatosi tra Vercelli e San Germano Vercellese, all’altezza dell’incrocio con la strada che conduce ad Olcenengo.

L’allarme attorno alle 7 quando un furgone ha preso fuoco, per motivi che sono al vaglio degli Operanti del Comando Provinciale Vigili del Fuoco e dei Carabinieri, giunti tempestivamente sul posto.

Nessun ferito, solo molta apprensione e qualche rallentamento del traffico, in quell’ora particolarmente intenso.

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Provincia di Vercelli

Dal Libro dell’ Esodo, Cap. 19, 2 – 6

In quei giorni, gli Israeliti, levate le tende da Refidìm, giunsero al deserto del Sinai, dove si accamparono; Israele si accampò davanti al monte.
Mosè salì verso Dio, e il Signore lo chiamò dal monte, dicendo: “Questo dirai alla casa di Giacobbe e annuncerai agli Israeliti: “Voi stessi avete visto ciò che io ho fatto all’Egitto e come ho sollevato voi su ali di aquile e vi ho fatti venire fino a me. Ora, se darete ascolto alla mia voce e custodirete la mia alleanza, voi sarete per me una proprietà particolare tra tutti i popoli; mia infatti è tutta la terra! Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa””.

Dal Salmo 99

Acclamate il Signore, voi tutti della terra,
servite il Signore nella gioia,
presentatevi a lui con esultanza.

Riconoscete che solo il Signore è Dio:
egli ci ha fatti e noi siamo suoi,
suo popolo e gregge del suo pascolo.

Buono è il Signore,
il suo amore è per sempre,
la sua fedeltà di generazione in generazione.

Dalla Lettera di San Paolo Apostolo ai Romani, Cap. 5, 6 -11

Fratelli, quando eravamo ancora deboli, nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi.
Ora, a stento qualcuno è disposto a morire per un giusto; forse qualcuno oserebbe morire per una persona buona. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi.
A maggior ragione ora, giustificati nel suo sangue, saremo salvati dall’ira per mezzo di lui. Se infatti, quand’eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più, ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita. Non solo, ma ci gloriamo pure in Dio, per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, grazie al quale ora abbiamo ricevuto la riconciliazione.

Dal Vangelo secondo Matteo, Cap. 9, 36 – 10, 8

In quel tempo, Gesù, vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. Allora disse ai suoi discepoli: “La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe perché mandi operai nella sua messe!”.
Chiamati a sé i suoi dodici discepoli, diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità.
I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello; Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello; Filippo e Bartolomeo; Tommaso e Matteo il pubblicano; Giacomo, figlio di Alfeo, e Taddeo; Simone il Cananeo e Giuda l’Iscariota, colui che poi lo tradì.
Questi sono i Dodici che Gesù inviò, ordinando loro: “Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele. Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”.

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UN PENSIERO SULLA PAROLA A CURA DELLA PROF. ELISABETTA ACIDE

Un popolo “accampato” nel deserto (prima Lettura, Es 19,2-6) e Mosè inviato “dirai…” un Dio che ha ali d’aquila per “trasportare”, un Dio che libera e che interviene per il suo popolo, un Dio che non trascura, che porta al sicuro, come quei nidi sui monti…un Dio che promette e mantiene, che ha stipulato una alleanza, non un trattato, ma un rapporto da persona a persona, con un popolo libero.

Il popolo scelto come atto d’amore, atto di grazia che è missione: annunciare Dio e la sua volontà di salvezza per tutti i popoli.

Dio chiama e sollecita, ma lascia libertà e scelta.

E allora si eleva un canto di rendimento di grazie, di gioia, una lode a Dio: il Salmo 99 ci parla della fede nel Signore buono, che ama di un amore eterno, un Dio unico che non abbandona.

Obbedire al disegno di Dio: quanto è importante per l’uomo questo.

Un disegno di amore per l’uomo e, spesso, questo uomo non riesce a scorgerlo.

Il salmista invita tutti i popoli ad acclamare e riconoscere Dio, a servirLo con la gratitudine di chi si sente amato e salvato. Un gregge condotto su pascoli buoni e verdeggianti, perché il pastore buono, per il suo popolo, sceglie i pascoli migliori.

E quelle pecore, rimaste senza pastore, suscitano “compassione” in Gesù. (Vangelo di S.Matteo, 9,36-10,8).

Quella folla “smarrita”, “stanca” e “sfinita” che non trova pascoli, che va errante, che ha “perso” il pastore… “smuove” il cuore del Pastore.

Smuove… scuote… suscita compassione.

Compassione: un dolore per il dolore, una sofferenza per la sofferenza.

Gesù ha “compassione” per quella folla, immensa, abbondante, senza pastore e senza agricoltore che si prende cura di lei.

Una folla smarrita e confusa.

Messe sconfinata e sterminati campi, germogli che devono spuntare, gemme che devono sbocciare, erbacce da estirpare, campi da curare, infiniti, che possono far spuntare raccolti abbondanti…

E gli operai?

La messe è molta… gli operai pochi…

Il Vangelo ci parla degli Apostoli. Una parola “nuova”, importante.

Chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede il nome di apostoli” (Lc 6,13)

Apostolo significa inviato, ossia rappresentante con gli stessi poteri di chi lo invia.

Vita comune ed invio, predicazione.

Una “istituzione” che nasce dalla “compassione” per quella folla stanca e smarrita, una compassione che ha bisogno di creare “comunità ed unità”.

Nell’Antico Testamento Dio si serve dei Profeti, ora Gesù si serve degli Apostoli; una “idea nuova” quella di Gesù: costituire la Chiesa, il nuovo popolo di Dio.

Belle le parole di Gesù, cariche di quella compassione che è chinarsi sulle fragilità dell’uomo, che è prenderle su di sé per lenirle, per guarirle, per sollevarle, una “compassione” che è per tutti.

Gesù è preciso: “predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”, abbiate compassione di tutti gli uomini, di tutte le loro sofferenze, di tutte le lacrime, di tutte le solitudini, di tutte le aridità, di tutte le impurità, di tutti i cuori sanguinanti, di tutte le stanchezze, di tutti i mali di tutte le paure…di tutti i peccati. Di tutte le persone.

Sollecitudine.

Gratuità.

Compassione.

Passione di vicinanza.

Un verbo splanchnizomai che è un verbo di “movimento”.

Andate, gettate quel seme, coltivate e mietete quel grano, una messe abbondante.

Parlate a mio nome.

Prendetevi cura dell’uomo, come ha fatto Dio.

Abbiate le mie gambe, le mie braccia, la mia voce.

Operai nella messe, uomini e donne di compassione.

In quella messe sterminata, in quelle zolle, in quella erba incolta, in quel terreno che ha bisogno di acqua e di lavoro… Dio vede già i frutti, i fiori, le spighe di grano, maturo, abbondante, che biondeggia al sole…

Dio ha occhi di compassione, ha “visioni” di frutti, di spighe, di grano maturo, ha le “viscere scosse” per l’uomo.

Una “messe abbondante”, il grano maturo, gli uomini “maturi”.

Dio ha tenerezza per l’uomo.

Dio ha uno sguardo “positivo” sull’uomo, “vede” la messe abbondante.

E anche noi impariamo a “vedere” con gli occhi di Dio: abbiamo ricevuto e diamo.

Gli apostoli hanno “visto” e “conosciuto” la gratuità dell’Amore ed anche noi “pur non avendo visto” crediamo e doniamo, con generosità, gratuità, chinandoci verso gli altri, testimoniando, facendo muoverci da quella compassione che non ci “lascia fermi”, ma ci fa annunciare.

Operai chiamati per nome, ciascuno ed ognuno, anche noi siamo “chiamati”, non una massa qualunque, ma ognuno di noi, in quei campi dove c’è tanto lavoro, dove il grano va raccolto, dove le spighe attendono abbondanti.

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E’ stata una scelta interessante, dettata un po’ dal cuore ed un po’ dall’interesse per la materia, quella di Umberto, giovane studente dell’Istituto Comprensivo “Giovanni Pascoli” di Gozzano (No), di presentare una tesina sulla storia e sulle principali caratteristiche dell’Arma dei Carabinieri in occasione degli esami per il conseguimento del diploma di terza media.

Il ragazzo, per certi versi, giocava in casa, in quanto “figlio dell’Arma”: suo padre, infatti, è un Appuntato scelto dei Carabinieri e presta servizio alla Stazione di Gattinara (Vc).

Non solo: anche il Comandante della Stazione Carabinieri di Gozzano, si è rivelato acceso sostenitore del giovane studente, e lo ha invitato subito a festeggiare l’evento con un brindisi (rigorosamente analcolico!) presso la sede di quel Comando dell’Arma.

E chissà se, un giorno, anche il giovane Umberto deciderà di provare a seguire le orme paterne e tentare di superare le impegnative selezioni per l’arruolamento nell’Arma dei Carabinieri”!

Se così fosse, la grande famiglia dell’Arma sarà felice di accoglierlo!

Comunque vada, per ora i Carabinieri di Gattinara e di Gozzano, a nome dell’Arma tutta, esprimono un grande augurio al giovane Umberto, ed un “in bocca al lupo” per il prosieguo dei suoi studi e per la vita che gli sti sta aprendo davanti.

 

Redazione di Vercelli

Posted in Scuola e Università
Provincia di Vercelli, Valsesia e Valsessera

E’ stata una scelta interessante, dettata un po’ dal cuore ed un po’ dall’interesse per la materia, quella di Umberto, giovane studente dell’Istituto Comprensivo “Giovanni Pascoli” di Gozzano, di presentare una tesina sulla storia e sulle principali caratteristiche dell’Arma dei Carabinieri in occasione degli esami per il conseguimento del diploma di terza media.

Il ragazzo, per certi versi, giocava in casa, in quanto “figlio dell’Arma”: suo padre, infatti, è un Appuntato scelto dei Carabinieri e presta servizio alla Stazione di Gattinara.

Non solo: anche il Comandante della Stazione Carabinieri di Gozzano, si è rivelato acceso sostenitore del giovane studente, e lo ha invitato subito a festeggiare l’evento con un brindisi (rigorosamente analcolico!) presso la sede di quel Comando dell’Arma.

E chissà se, un giorno, anche il giovane Umberto deciderà di provare a seguire le orme paterne e tentare di superare le impegnative selezioni per l’arruolamento nell’Arma dei Carabinieri”!

Se così fosse, la grande famiglia dell’Arma sarà felice di accoglierlo!

Comunque vada, per ora i Carabinieri di Gattinara e di Gozzano, a nome dell’Arma tutta, esprimono un grande augurio al giovane Umberto, ed un “in bocca al lupo” per il prosieguo dei suoi studi e per la vita che gli sti sta aprendo davanti.

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Provincia di Vercelli

Dal Libro del Deuteronomio, Cap. 8, 2 – 3. 14 – 16

Mosè parlò al popolo dicendo:
«Ricòrdati di tutto il cammino che il Signore, tuo Dio, ti ha fatto percorrere in questi quarant’anni nel deserto, per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore, se tu avresti osservato o no i suoi comandi.
Egli dunque ti ha umiliato, ti ha fatto provare la fame, poi ti ha nutrito di manna, che tu non conoscevi e che i tuoi padri non avevano mai conosciuto, per farti capire che l’uomo non vive soltanto di pane, ma che l’uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore.
Non dimenticare il Signore, tuo Dio, che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile; che ti ha condotto per questo deserto grande e spaventoso, luogo di serpenti velenosi e di scorpioni, terra assetata, senz’acqua; che ha fatto sgorgare per te l’acqua dalla roccia durissima; che nel deserto ti ha nutrito di manna sconosciuta ai tuoi padri».

Dal Salmo 147

Celebra il Signore, Gerusalemme,
loda il tuo Dio, Sion,
perché ha rinforzato le sbarre delle tue porte,
in mezzo a te ha benedetto i tuoi figli.

Egli mette pace nei tuoi confini
e ti sazia con fiore di frumento.
Manda sulla terra il suo messaggio:
la sua parola corre veloce.

Annuncia a Giacobbe la sua parola,
i suoi decreti e i suoi giudizi a Israele.
Così non ha fatto con nessun’altra nazione,
non ha fatto conoscere loro i suoi giudizi.

Dalla Prima Lettera di San Paolo Apostolo ai Corinzi, Cap. 10, 16 – 17

Fratelli, il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo?
Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane.

Sequenza

[Sion, loda il Salvatore,
la tua guida, il tuo pastore
con inni e cantici.

Impegna tutto il tuo fervore:
egli supera ogni lode,
non vi è canto che sia degno.

Pane vivo, che dà vita:
questo è tema del tuo canto,
oggetto della lode.

Veramente fu donato
agli apostoli riuniti
in fraterna e sacra cena.

Lode piena e risonante,
gioia nobile e serena
sgorghi oggi dallo spirito.

Questa è la festa solenne
nella quale celebriamo
la prima sacra cena.

È il banchetto del nuovo Re,
nuova Pasqua, nuova legge;
e l’antico è giunto a termine.

Cede al nuovo il rito antico,
la realtà disperde l’ombra:
luce, non più tenebra.

Cristo lascia in sua memoria
ciò che ha fatto nella cena:
noi lo rinnoviamo.

Obbedienti al suo comando,
consacriamo il pane e il vino,
ostia di salvezza.

È certezza a noi cristiani:
si trasforma il pane in carne,
si fa sangue il vino.

Tu non vedi, non comprendi,
ma la fede ti conferma,
oltre la natura.

È un segno ciò che appare:
nasconde nel mistero
realtà sublimi.

Mangi carne, bevi sangue;
ma rimane Cristo intero
in ciascuna specie.

Chi ne mangia non lo spezza,
né separa, né divide:
intatto lo riceve.

Siano uno, siano mille,
ugualmente lo ricevono:
mai è consumato.

Vanno i buoni, vanno gli empi;
ma diversa ne è la sorte:
vita o morte provoca.

Vita ai buoni, morte agli empi:
nella stessa comunione
ben diverso è l’esito!

Quando spezzi il sacramento
non temere, ma ricorda:
Cristo è tanto in ogni parte,
quanto nell’intero.

È diviso solo il segno
non si tocca la sostanza;
nulla è diminuito
della sua persona.]

Ecco il pane degli angeli,
pane dei pellegrini,
vero pane dei figli:
non dev’essere gettato.

Con i simboli è annunziato,
in Isacco dato a morte,
nell’agnello della Pasqua,
nella manna data ai padri.

Buon pastore, vero pane,
o Gesù, pietà di noi:
nutrici e difendici,
portaci ai beni eterni
nella terra dei viventi.

Tu che tutto sai e puoi,
che ci nutri sulla terra,
conduci i tuoi fratelli
alla tavola del cielo
nella gioia dei tuoi santi.

 Dal Vangelo secondo San Giovanni, Cap. 6, 51 – 58

In quel tempo, Gesù disse alla folla:
«Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?».
Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

***

UN PENSIERO DALLE SUORE DEL MONASTERO MATER CARMELI DI BIELLA

La forza della Comunione

(Dt 8,2-3.14-16; Sal 147; 1Cor 10,16-17; Gv 6,51-58)

“Come può costui darci la sua carne da mangiare?”. L’interrogativo è forte, scuote anche noi che a distanza di millenni rileggiamo l’accaduto. Come potevano i Giudei del tempo citati nel vangelo capire le parole di Gesù? Come possiamo noi credenti del nostro tempo capire questa profonda verità che Lui ci ha annunciato e poi lasciato concretamente nell’Eucarestia?

Le parole di Gesù vanno avvicinate con il cuore, vanno ripetute dentro il proprio cuore con la calma che permette di assimilarle, con il silenzio che permette di ascoltarne la musicalità che sa di Cielo.

Il Pane venuto dal Cielo. Questo Gesù ci offre. Ci offre cioè se stesso con il suo entrare nella storia, con la sua incarnazione, farsi uomo con noi e per noi, farsi uomo come noi.

Ecco la concretezza di Dio: tra il fumo degli incensi che saliva a lui, tra i tanti sacrifici di capri e di agnelli che per secoli erano stati offerti, lui si apre un varco di anonima normalità. Dio decide che l’uomo va raggiunto nella sua umanità per poterlo rinnovare dal di dentro, nelle profondità del suo essere.

Non è forse il cibo che mangiamo a nutrici e trasformarci? Il cibo buono possiamo dire che ci fa più “buoni” perché non ci fa ammalare, perché non ci intossica, perché rispetta il nostro corpo e la nostra psiche.

Dio si fa cibo e bevanda perché possiamo avere la vita e averla in abbondanza.

Come una madre è cibo per il bimbo che porta nel grembo, e allora è attenta a nutrirsi bene per nutrire a sua volta, così Gesù si fa cibo. Dio come una madre premurosa ci alimenta di se stesso. Se noi mangiamo di lui, rimaniamo in lui.

In questa domenica possiamo fermarci a meditare sulla preziosità dell’Eucarestia, dono grande che non è dono per pochi, ma per tutti. Gesù nell’ultima cena ha voluto raggiungere con la sua donazione ogni uomo.

Eucarestia è vita divina che può circolare nella nostra vita. Eucarestia è adorazione, ma è anche azione. Se sono alimentato del cibo divino, sarò attraversato da energia divina, che alimenterà in me pensieri divini, cioè pensieri positivi di amore, misericordia, pace.

L’incontro con il corpo e sangue di Gesù avviene durante la celebrazione della Messa, ma può avvenire anche nei momenti di adorazione silenziosa e intensa; mangiare il corpo di Cristo significa ricevere l’Eucarestia durante la celebrazione, ma se questo per vari motivi non è possibile, può anche significare ricevere l’Eucarestia attraverso la forza del desiderio, con una unione cuore a cuore con Gesù.

E poi l’Eucarestia ha una potenza universale, non la riceviamo solo per noi, non è un privilegio. La parola significa “ringraziamento”: riceviamola allora anche per chi ha bisogno, per chi è nel dolore, per chi è malato. Riscopriamo la solidarietà spirituale del nostro essere cristiani.

Ti voglio bene … ti sono vicino… ti ringrazio per esserci … mi hai fatto del male … ti perdono … sei sulla strada sbagliata e voglio aiutarti … vorrei dirti una parola ma non riesco… nel momento in cui ci accostiamo sacramentalmente oppure con una vicinanza di desiderio all’Eucarestia, possiamo chiedere a Dio che sia lui stesso a veicolare tutte queste espressioni ai nostri amici, ai nostri familiari, e siamo certi che il messaggio arriverà loro.

Il desiderio di Dio è che tutti possiamo godere della vita eterna, e dove possiamo trovare già da ora questa vita eterna se non nel suo corpo risorto che si dona a noi nella gratuità di amore?!

Le Sorelle Carmelitane

Monastero Mater Carmeli – Biella Chiavazza     

 

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Provincia di Vercelli

Presso lo spazio espositivo di Volvo Autovar – Gruppo Nuova Sa.Car in Via Vercelli 6, Caresanablot

Volvo Autovar ha ritenuto di ospitare presso la sua sede una mostra del pittore Luca Andreotti, che, in relazione ai soggetti proposti, si inserisce certo armonicamente negli spazi in cui si svolge l’attività della concessionaria.

La mostra presenta una serie di dipinti realizzati dall’artista nel 2022 e 2023 sul tema delle automobili a pedali per bambini.

La serie andreottiana opera in direzione di una gestaltica ripetitività cromatica, ma con dissonanze nella scelta dei soggetti, che appartengono sì all’idea di auto giocattolo, ma sottolineano contemporaneamente l’unicità di ciascuna.

Le opere rivelano l’indole fanciullesca dell’artista e possono essere lette anche come evocazioni dei sogni infantili dei bambini i quali, attraverso le automobiline, iniziavano a costruire un proprio ideale futuro.

Luca sceglie certamente i suoi soggetti nelle infinite serie di immagini che, attraverso diversi canali, siano essi online, riviste, cartelloni pubblicitari si pongono alla sua attenzione.

La macchinina, soggetto della serie, è la semplificazione meccanica di un oggetto più complesso (l’automobile) di cui mantiene però in scala le proporzioni, i colori, la funzione essenziale di spostamento; possiamo quindi vederla come un oggetto complesso di cui non necessariamente se ne conosca il funzionamento, ma che risponde alla volontà di colui che la guida, un mezzo meccanico potente e rappresentativo di un progresso che appare inesaurito.

Già i Futuristi individuavano in essa il simbolo del progresso, della forza e della creatività dell’Uomo, caratteristiche che sono alla base dell’estetica del Novecento.

La macchinina è un trampolino di lancio per la fantasia; in alcuni dei titoli risulta evidente la volontà dell’artista di dare vita ai sogni, come in “Vortice di gioventù”” e “Lo voleva anche papà”.

Luca in queste opere, pur avendo riferimenti Pop, tratta la serie non solo come vera e propria ripetizione (infatti non è sempre la stessa macchinina a essere riprodotta), ma come processo di analisi del concetto unico di macchinina attraverso soggetti che appartengono a decenni differenti.

E’ per questo che opere diverse attivano percezioni differenti nei vari spettatori.

Tra tutte le macchinine in mostra sicuramente ognuno di noi troverà quella che “parla” alla propria sensibilità, muovendo emozioni diverse e profonde in ognuno.

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Luca Andreotti

Nato a Novara nel 1962, frequenta il Liceo Artistico della propria città, si iscrive alla Accademia di Belle Arti di Brera in Milano al corso di pittura tenuto da Beppe Devalle il primo anno, ed i seguenti con Luciano Fabro, ivi diplomandosi.

Espone e partecipa a numerose personali e collettive.

Verso l’inizio degli anni Novanta vive in Francia, a Lille, per un breve periodo, seguitando a dipingere.

Attualmente vive e lavora in provincia di Novara.

Orari mostra: da lunedì 12 a sabato 17 giugno dalle ore 9 alle ore 11 e dalle ore 15 alle ore 18.

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