VercelliOggi
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Il Carnevale di Borgosesia prosegue nel migliore dei modi con la seconda sfilata che ha animato la piazza, attirando migliaia di persone festanti.

Il corteo di oggi, domenica 4 febbraio, è tornato in grande stile avendo visto la partecipazione entusiastica di tutti i Rioni.

Si lotta così per la vittoria del palio dei carri e delle mascherate a piedi.

I temi affrontati durante l’evento sono stati diversi e ricchi di creatività.

Il Rione Cravo ha proposto un carro con un giullare nella parte anteriore a dimostrare l’allegria del Carnevale e in quella posteriore un violinista, simbolo di nostalgia per il termine della kermesse.

Bettole ha messo in evidenza il rapporto sempre più predominante con i social media a discapito della cultura cartacea.

Un’importante riflessione sulla società moderna è emersa attraverso il carro, evidenziando il cambiamento nei mezzi di comunicazione.

Il Rione Fornace ha portato sulle strade un carro con un vecchio cantastorie come protagonista, un omaggio alla tradizione e alla narrativa orale che ancora affascina il pubblico.

I Mola Mai hanno scelto di rappresentare rappresentano la Statua della Libertà come figura principale in    quanto essa è simbolo indiscusso di libertà e speranza.

Quella speranza accerchiata da una vera e propria impalcatura fatiscente.

La satira politica è stata al centro della proposta del Rione Valbusaga, con il tema “La legge del Menga”.

Un modo originale di affrontare tematiche attuali attraverso la creatività e l’umorismo.

Agnona ha portato il pubblico in Cina per celebrare l’anno del drago.

I Tiratardi hanno realizzato una nave come simbolo della vita con i suoi alti e bassi.

Gli E*Le*Menti dal Borg hanno affrontato con sensibilità il tema della violenza contro le donne, sottolineando l’importanza di sensibilizzare la comunità su questioni sociali cruciali.

Montrigone ha fatto del cambiamento climatico il tema principale, invitando a riflettere sulle sfide ambientali che il nostro pianeta sta affrontando.

La terza sfilata del Carnevale di Borgosesia si svolgerà domenica 11 febbraio, promettendo un altro spettacolo di creatività e allegria.

Sarà l’occasione per conoscere i vincitori.

Redazione di Vercelli

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Gb 7, 1-4. 6-7

Dal libro di Giobbe

Giobbe parlò e disse:

“L’uomo non compie forse un duro servizio sulla terra
e i suoi giorni non sono come quelli d’un mercenario?
Come lo schiavo sospira l’ombra
e come il mercenario aspetta il suo salario,
così a me sono toccati mesi d’illusione
e notti di affanno mi sono state assegnate.
Se mi corico dico: “Quando mi alzerò?”.
La notte si fa lunga e sono stanco di rigirarmi fino all’alba.
I miei giorni scorrono più veloci d’una spola, svaniscono senza un filo di speranza.
Ricòrdati che un soffio è la mia vita: il mio occhio non rivedrà più il bene”.

Sal.146

È bello cantare inni al nostro Dio,
è dolce innalzare la lode.
Il Signore ricostruisce Gerusalemme,
raduna i dispersi d’Israele.

Risana i cuori affranti
e fascia le loro ferite.
Egli conta il numero delle stelle
e chiama ciascuna per nome.

Grande è il Signore nostro,
grande nella sua potenza;
la sua sapienza non si può calcolare.
Il Signore sostiene i poveri,
ma abbassa fino a terra i malvagi.

1 Cor 9, 16-19.22-23

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi.
Fratelli, annunciare il Vangelo non è per me un vanto, perché è una necessità che mi si impone: guai a me se non annuncio il Vangelo!

Se lo faccio di mia iniziativa, ho diritto alla ricompensa; ma se non lo faccio di mia iniziativa, è un incarico che mi è stato affidato. Qual è dunque la mia ricompensa? Quella di annunciare gratuitamente il Vangelo senza usare il diritto conferitomi dal Vangelo.
Infatti, pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti per guadagnarne il maggior numero. Mi sono fatto debole per i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto per tutti, per salvare a ogni costo qualcuno. Ma tutto io faccio per il Vangelo, per diventarne partecipe anch’io.

Mc 1, 29-39

Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, subito andò nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva.
Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano.
Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce. Lo trovarono e gli dissero: “Tutti ti cercano!”. Egli disse loro: “Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!”.
E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni.

***

COMMENTO A CURA DELLA PROF. ELISABETTA ACIDE

Il brano della prima lettura è tratto dal libro di Giobbe, uno dei testi, anche se di non facile interpretazione, che aiutano la riflessione dell’uomo sull’esistenza umana, sulla sua caducità, sul dolore… domande alle quali Dio, interlocutore dell’uomo, è chiamato a dare una risposta.

Dolore, malattia, la “lunga notte” dell’umana sofferenza, del dolore, delle domande, dell’angoscia… l’esperienza particolare che diventa esperienza universale.

Giobbe, il profeta della sofferenza, ma anche dell’esistenza umana e terrena, a quel “lasciarsi toccare” dalla Parola di Dio che salva e redime, alla cui luce esamina la sua vita.

Giobbe riconosce che i giorni scorrono più veloci d’una spola e “svaniscono senza un filo di speranza”, come un “soffio è la mia vita”, passa e scorre veloce, senza neppure aver il tempo di fare il bene che uno sperava di poter fare, regolandosi sui propri tempi “umani” e non su quelli di Dio. Illusione di tutti gli uomini che pensavo di essere “eterni” e di avere sempre “tempo” per fare il bene. Il bene lo si fa sempre, senza aspettare tempi che forse non arriveranno, in particolare quando vediamo intorno a noi necessità e bisognosi del nostro sguardo d’amore e di attenzione.

Il dramma di Giobbe, il dramma dell’uomo.

Giobbe “apre” a nuovi schemi, a nuovi orizzonti, l’uomo non può comprendere, ma Dio interviene a “dare conto”.

Paura che attanaglia, che sommerge, che fa soccombere, che minaccia, che paralizza…, ma dal salmo, un grido di speranza, una invocazione fiduciosa: “Ricordati un soffio è la mia vita…”.  

“Risana i cuori affranti
e fascia le loro ferite.
Egli conta il numero delle stelle
e chiama ciascuna per nome.

Grande è il Signore nostro,
grande nella sua potenza;
la sua sapienza non si può calcolare.
Il Signore sostiene i poveri…”

“Annunciare gratuitamente il Vangelo senza usare il diritto conferitomi dal Vangelo.
Infatti, pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti per guadagnarne il maggior numero”.

Gesù, dopo aver insegnato nella sinagoga di Cafarnao, viene portato nella casa di Pietro e qui trova la suocera del suo apostolo a letto con la febbre. Suocera, dunque, madre della moglie di Pietro, di cui però qui non si dice nulla. Suocera, senza “nome”, ma ciò non impedisce a Gesù di avvicinarsi a lei. Gesù si “accosta, si fa vicino, le prende la mano, la fa alzare… una serie di verbi di azioni… non importa il nome… Gesù è vicino a lei, si occupa di lei e lei in “risposta”, guarita, si “occuperà” di lui e del gruppo che era con lui. Una lezione di “servizio” e di reciprocità.

Gesù dalla sinagoga alla casa.

La sollecitudine del “dimorare”, con le persone, anche quando stanno male.

La “passione” per l’uomo, per la donna e per le “condizioni” dell’umanità: amore e passione gratuità per l’uomo, liberazione dalle malattie fisiche e spirituali. Servizio.

La suocera di Pietro guarita, si “risolleva”, cambia la sua “vita”, dalla condizione di “malata” a quella di “sana”, ma anche dalla condizione di prostrazione a quella del servizio, non solo di Gesù che l’ha guarita, ma di tutti.

“Subito”, la suocera di Pietro, non si preoccupa di ri-sistemarsi, di rimettersi in ordine, di riprendersi… subito.

Subito si pone al servizio… nell’ordinarietà e quotidianità della casa, di una casa che ha bisogno di ospitare e ricevere Gesù e gli apostoli… Gesù guarisce per la quotidianità, per l’ordinario e i guariti, subito, servono. Dio ama la normalità, la vita.

Passione per l’uomo e com-passione per l’uomo e con l’uomo: mani che toccano, che guariscono, che accarezzano, sguardi che sfiorano, che scrutano, che accendono, parole che guariscono…

Subito… allora la nostra “guarigione” diventa pienezza di vita con il “servizio”.

“Sono fra voi come Colui che serve” (lo dirà Gesù stesso Lc 22,27)

La giornata di Gesù è davvero “piena”, un avvicendarsi di incontri, di guarigioni, di preghiera, di predicazione. Spazi e luoghi diversi (sinagoga e casa, strada) ma stessi gesti (guarigioni: in sinagoga scaccia uno spirito immondo da un uomo, qui guarisce la suocera di Pietro, ma Marco dice “tutta la città”).

Gesù guaritore e liberatore.

Gesù, dunque “guaritore”, Gesù Signore, come nel libro dell’Esodo Dio stesso dichiara a Israele che il suo nome è: “Colui che ti guarisce” (Es 15,26). Le guarigioni diventano segni messianici, sono vangelo in atti, in gesti.

Una riflessione si pone dalla lettura del brano: l’atteggiamento di Gesù nei confronti della malattia e della sofferenza, “medico delle anime e dei corpi”, prima di Gesù la sofferenza era considerata “peccato” e “colpa”, ricordiamo la citazione di Gv 9,2 “Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?”. Secondo una concezione diffusa nel mondo antico, vi era un legame stretto tra il peccato e le malattie fisiche (Es 9,1-12; Sal 38,2-6; Ez 18,20); nel caso di malattie dalla nascita, alcuni rabbini attribuivano la colpa ai genitori, altri allo stesso neonato nel corso della gestazione.  Il convincimento che il male è “castigo” di Dio, “colpa” e “male”.

Gesù, prende atto, constata il fatto dell’infermità e agisce in modo da assicurare ai malati ed ai sofferenti, la piena integrità fisica. Egli compirà segni che manifesteranno agli uomini la sua origine divina e li inviterà a “leggere” la vita in una “luce nuova”. Gesù ribalta e rifiuta il concetto di malattia legata al peccato, perché sa che Dio è amore, misericordia, e invita a “leggere” e trasformare il male in bene, la povertà in opportunità. Gesù non chiede l’offerta della sofferenza, si “avvicina”, le “tocca”, si fa “prossimo”, piega i suoi occhi e la sua vita sulle persone, sulle loro sofferenze, sulle loro difficoltà, sui loro mali.

Gesù sulla croce ha dato un “senso” al dolore, “Egli ha preso le nostre infermità e si è caricato delle malattie” (Mt 8,17). Redenzione.

Gesù offre un messaggio di speranza e di salvezza: non la sofferenza, ma l’Amore salva.

“Soffrire significa diventare particolarmente sensibili all’opera delle forze salvifiche di Dio offerte all’umanità in Cristo” (Giovanni Paolo II, Salvifici doloris, 23).

Notiamo l’annotazione del Vangelo di Marco, Gesù uscito dalla sinagoga, in compagnia di Andrea, Giacomo e Giovanni (Mc 1,29), ci suggerisce che ormai i primi seguaci di Gesù imparano da Gesù guardandolo, ascoltandolo, accompagnandolo, stando insieme con lui, condividendo la sua vita e la sua attività. Nella condivisione della vita quotidiana con Gesù, gli apostoli si “formano” proprio come discepoli e apostoli, saranno infatti chiamati a “stare con lui” e saranno “inviati a predicare e scacciare i demoni” ( Mc 3,14-15).

Il brano presenta una annotazione particolare: “Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava”, Gesù è cercato da tanti, (“Tutti ti cercano”), ma Gesù si sottrae a questa “ricerca” va avanti nella sua missione, senza farsi interrompere dal “successo”. Si ritira a pregare. La preghiera di Gesù, forse, dopo aver visto tanta sofferenza e dolore, Gesù ha bisogno di parlare al Padre. Forse Dio ha bisogno di “raccontare” al Padre la sofferenza che ha visto, che ha toccato, che ha guarito, per la quale ha provato compassione… Forse Gesù racconta al Padre lo smarrimento e la sofferenza che vede e percepisce nell’uomo… Gesù: Gli parla dell’uomo, del cuore, dell’umano… momento di consolazione e di conforto… come in quel Getzemani… “Padre…tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà” (Lc 22,42). Notte di preghiera… Gesù proseguirà nella sua predicazione, nel suo annuncio…tutti sono i destinatari dell’Amore di Dio.

Non dimentichiamo di pregare per gli ammalati, non lasciamoli soli, chiniamoci sulle loro sofferenze, sulle loro necessità, sulle loro solitudini… Gesù ci ha “orientato” sul suo giudizio “Ero malato e mi avete visitato”(Mt 25, 36). Fede ed opere. Annuncio.

Come ci ricorda Paolo nella seconda lettura servizio e annuncio che parte dalla com-passione. Annunciare con quell’urgenza, come nel cuore di Gesù; evangelizzare, sulle strade, tra la gente: con l’urgenza della Parola che salva. Parlare ed annunciare il Vangelo con la “lingua” dell’uomo, dell’ “accanto”, della cura, della compassione, dell’attenzione… “Mi sono fatto debole per i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto per tutti, per salvare a ogni costo qualcuno. Ma tutto io faccio per il Vangelo, per diventarne partecipe anch’io.”  (1 Cor 9) .

Annunciare è “rispondere” ad una necessità, è parlare di Dio, Il Vangelo non va predicato e basta, esso va vissuto e partecipato insieme con coloro che lo accettano liberamente quando viene loro annunciato: diffusione del Vangelo, come via di conoscenza di Dio, rivelato da Cristo.

Annuncio è cura, è avere a cuore l’uomo.

La cura…

Cura, cuore, relazioni.

I vangeli sottolineano anche con termini specifici la cura di Gesù (il verbo greco therapeúein, “curare”, ricorre 36 volte, mentre il verbo iâsthai, “guarire”, ricorre 19 volte).

Curare è servire e rispettare ed avere a cuore il benessere della persona, curare è avere sollecitudine. Gesù vede nel malato una persona, ne fa emergere l’unicità, si relaziona con l’ essere nella sua completezza, cogliendone la ricerca di senso, vedendo la creatura aperta alla fede-fiducia, desiderosa non solo di guarigione, ma di pienezza alla sua vita.

Si può “curare” in modo molto diverso l’uomo, la persona, avere cura è avere “a cuore” il bene della persona.

Accettazione di essere bisognosi di cure, poveri, solo così si può cominciare a camminare e vedere l’uomo in modo nuovo.

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Si respira voglia di Carnevale nell’aria.

Sono state migliaia infatti le persone che hanno gremito la piazza di Borgosesia per la prima sfilata.

Oggi, domenica 28 gennaio, si è dato il là a un corteo coloratissimo di carri e mascherate a piedi.

La giornata è partita con la cerimonia di apertura del 137° Carnevale di Borgosesia con lo spettacolo di “Sesi’artè”.

Poi spazio al Corso Mascherato con la partecipazione di carri allegorici, mascherate a piedi, bande musicali e attrazioni varie.

In Piazza via Combattenti è stato allestito “Il Parco dei Bambini”.

Uno spazio con animazioni e giostre per i più piccoli.

Il Corso mascherato è stato presentano da Andrea Petrarca e Mauro Cavinato.

Ogni anno, al termine della terza sfilata di Carnevale, a partire dalla sua istituzione del 1976, viene assegnato il Palio dei Rioni, ambitissimo stendardo interamente ricamato a mano dalle sapienti mani di Rosetta Oioli che premia il Rione costruttore del carro ritenuto migliore da un’apposita giuria, nonché la mascherata a piedi più bella e scenografica.

L’edizione 2023 ha visto trionfare nel Palio dei Rioni, Cravo mentre i vincitori del Minipalio delle mascherate a piedi è andato agli E-Le-Menti dal Borg.

Gli appuntamenti proseguono mercoledì 31 gennaio.

Nel pomeriggio, in Pro loco, il Borgosesia Calcio presenterà la maglia celebrativa.

In serata, la Compagnia Gli Strampalati è lieta di riprendere la tradizione di portare in scena una commedia brillante, sempre inerente al carnevale borgosesiano, per la serata culturale dal titolo “Al Medaiun dal Peru e la gamula d’la gelosia”.

La Compagnia è nata da un progetto del Comitato Carnevale per creare aggregazione tra i componenti dei vari rioni ed è arrivata alla decima rappresentazione.

Lo spettacolo è scritto e diretto da Rosario Petralia.

L’ingresso sarà ad offerta libera e la serata avrà finalità benefica.

L’intero ricavato sarà devoluto all’associazione Passepourtout.

 

Redazione di Vercelli

 

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Provincia di Vercelli

Dt 18, 15-20

Dal Libro del Deuteronomio

Mosè parlò al popolo dicendo:
“Il Signore, tuo Dio, susciterà per te, in mezzo a te, tra i tuoi fratelli, un profeta pari a me. A lui darete ascolto.
Avrai così quanto hai chiesto al Signore, tuo Dio, sull’ Oreb, il giorno dell’assemblea, dicendo: “Che io non oda più la voce del Signore, mio Dio, e non veda più questo grande fuoco, perché non muoia”.
Il Signore mi rispose: “Quello che hanno detto, va bene. Io susciterò loro un profeta in mezzo ai loro fratelli e gli porrò in bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto io gli comanderò. Se qualcuno non ascolterà le parole che egli dirà in mio nome, io gliene domanderò conto. Ma il profeta che avrà la presunzione di dire in mio nome una cosa che io non gli ho comandato di dire, o che parlerà in nome di altri dèi, quel profeta dovrà morire””.

Sal. 94

Venite, cantiamo al Signore,
acclamiamo la roccia della nostra salvezza.
Accostiamoci a lui per rendergli grazie,
a lui acclamiamo con canti di gioia.

Entrate: prostràti, adoriamo,
in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti.
È lui il nostro Dio
e noi il popolo del suo pascolo,
il gregge che egli conduce.

Se ascoltaste oggi la sua voce!
“Non indurite il cuore come a Merìba,
come nel giorno di Massa nel deserto,
dove mi tentarono i vostri padri:
mi misero alla prova
pur avendo visto le mie opere”.

1 Cor 7, 32-35

Dalla Prima Lettera di San Paolo Apostolo ai Corinzi

Fratelli, io vorrei che foste senza preoccupazioni: chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore, come possa piacere al Signore; chi è sposato invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere alla moglie, e si trova diviso!
Così la donna non sposata, come la vergine, si preoccupa delle cose del Signore, per essere santa nel corpo e nello spirito; la donna sposata invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere al marito.
Questo lo dico per il vostro bene: non per gettarvi un laccio, ma perché vi comportiate degnamente e restiate fedeli al Signore, senza deviazioni.

Mc 1, 21-28

Dal Vangelo secondo San Marco

In quel tempo, Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, [a Cafàrnao,] insegnava. Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi.
Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, dicendo: “Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!”. E Gesù gli ordinò severamente: “Taci! Esci da lui!”. E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui.
Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: “Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!”.
La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea.

***

UN PENSIERO SULLA PAROLA A CURA DELLA PROF. ELISABETTA ACIDE

Chi è il profeta? Il portavoce di Dio.

La sua parola è efficace tanto che la realizzazione delle sue parole, diventa uno dei criteri di verifica dell’autenticità della profezia.

Non dimentichiamo, l’iniziativa è di Dio: “io susciterò loro un profeta” (versetto 18 prima lettura)

“gli porrò in bocca le mie parole…” il profeta è colui che “esce” dalle coordinate a cui siamo abituati, per collocarsi in una dimensione della parola di Dio: il profeta è un dono prezioso di Dio.

Scelto, “suscitato” tra il popolo, è caratterizzato da coerenza di vita, è colui che sa annunciare la trasformazione delle cose, del cuore, della mentalità, delle relazioni.

Il profeta è portatore di un messaggio di speranza, offre “visione” futura, fa “vedere” il sogno, guardando il presente sa “vedere” il futuro.

Il profeta porta la Parola, comprensibile, unica, per ogni uomo alla quale è destinata, incarnata nell’esistenza di ogni persona che la ascolta.

Il profeta è l’uomo della “voce” che sa “trasmettere” i suoni di quell’Amore di Dio per l’uomo e Dio è un Dio che ama le sue creature, che ne ha cura, che si “occupa” di loro.

Il profeta “trasmette” e si fa “portavoce” di Dio: non perché dice “cose su Dio”, ma perché dice le “cose di Dio”, quelle che ha “sperimentato” nella sua stessa vita e che non può trattenere per sé; è la “sentinella della fede”.

Il profeta manifesta il Dio reale, travolgente, il Dio di cui ha fatto esperienza, che deve essere comunicato e non “trattenuto”.

Il profeta comunica parole “autorevoli”.

“Gesù insegnava come uno che ha autorità” (Vangelo). 

Non con “autoritarismo”, ma con “autorevolezza” un aggettivo che dice la bellezza del maestro di libertà, che ha a cuore la “Verità che farà liberi”.

Una vita di “autorevolezza”: ciò che è e ciò che dice, coincidono.

“Erano stupiti dall’insegnamento…” (…) “Insegnava come uno che ha autorità”.

Qual era la differenza tra Gesù e gli scribi?

Dotti, sapienti, conoscitori… parlavano spiegavano, filosofeggiavano… ma lasciavano “campo aperto” alle conclusioni.

Gesù no: Gesù “definisce”, spiega, annuncia.

Gesù compie un’azione possibile: poteva prendere la parola in sinagoga come tutti gli ebrei maschi dopo il 13esimo anno di età, leggere il rotolo e eventualmente interpretarlo.

Gesù era un “rabbì”; non sappiamo dove abbia studiato, né se i suoi “maestri” fossero autorevoli ed importanti; non ci viene detto nulla in merito alla scuola rabbinica da lui frequentata, eppure, appena parla… qualcosa succede… tutti si accorgono che le parole sono vere, sono giuste, sono insegnamento autentico. 

La sua parola è parola affidabile.

Non la spiegazione di una legge che domina, ma di una legge che libera.

“Insegnava con autorità”: autorevole, alla lettera significa “che fa crescere”, Gesù fa crescere l’uomo, lo libera, lo accresce di vita, di umanità, di Grazia.

E la reazione del demone è immediata: fino a quel momento mai lo spirito impuro era stato turbato, nella sua frequentazione in sinagoga dalle spiegazioni rabbiniche, ma questa volta è “diverso”, non si tratta di “spiegazioni”, qui di fronte ha la Verità.

“Giunsero…” (non da solo… con i primi discepoli) a Cafarnao, al “villaggio di Nahum”, crocevia commerciale su quel lago tanto pescoso e frequentato.

Il sabato della preghiera e delle azioni, la sinagoga di Cafarnao diventa il “luogo” che racconta ciò di cui si dirà di Gesù. Azioni “ordinarie” che in Lui acquistano il valore “straordinario”.

E in sinagoga una “liberazione” da uno spirito immondo, esattamente il contrario di ciò che è lo “spirito di Dio”, spirito che aliena, che opprime l’uomo.

E lo spirito immondo non ha dubbi: “Io so chi sei…  che cosa vuoi da noi … Il santo di Dio… sei venuto a rovinarci?”

“Il Santo di Dio”: confessione di “fede” pronunciata da un demone.

E Gesù lo obbliga a tacere, non perché non dice la verità, ma perché questa verità deve essere “compresa” togliendo terreno al male, non dal male.

Il demone lo chiama “Santo di Dio”, ricordiamo che, con il termine il Santo, si indicava il sancta sanctorum, il Luogo della Presenza, il luogo della scekinà e, in definitiva, Dio stesso. L’espressione è dunque forte e richiama l’identità profonda del Gesù di Nazaret, vero uomo ma, nel contempo, vero Dio. Sintesi del Mistero del Verbo Incarnato che l’uomo ancora non può comprendere se non dopo la morte e risurrezione… per l’uomo ci sarà la morte e la risurrezione.

“Erano stupiti”… bella questa osservazione dell’evangelista Marco… lo stupore… oggi come allora… lo stupore.

Lo “stupore” di quella Parola che cambia la vita, che entra e “sconvolge” e cambia la vita.

Lo stupore dell’ “autorità”, ma anche lo “stupore” della notizia, del Vangelo.

Parole che suscitano meraviglia, che “scaldano”, che raccontano di una vita “liberata e liberante”. Lo stupore per un rabbi “innamorato” dell’uomo, così innamorato che ci parla di un Dio ancora più innamorato dell’uomo, di un Dio che vuole l’uomo amato e libero.

“Taci… esci…” ecco l’autorità: lascia l’uomo libero, lascia libero l’uomo creatura di percorrere in modo libero i passi verso il Creatore, lascia l’uomo, per mezzo della fede e la grazia dello Spirito Santo, percorrere la strada verso il regno di Dio che è per ogni creatura.

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Giuliano Viglione è il nuovo presidente di Confcommercio Piemonte, la principale Organizzazione piemontese rappresentativa di circa 50 mila imprese del Commercio, del Turismo, dei Servizi e dei Trasporti.

Ascom Vercelli si conferma alla Vice Presidenza con la nomina del Presidente provinciale Angelo Santarella, che sarà affiancato da Maria Luisa Coppa e Aldo Pia.

Sono orgoglioso di rappresentare Ascom Confcommercio Vercelli sui tavoli regionali nella speranza di unirmi ad un lavoro di squadra che vada a beneficio dell’imprenditoria regionale, ponendo la mia specifica attenzione sulle imprese della nostra provincia” la prima dichiarazione a caldo di Angelo Santarella.

L’elezione è avvenuta per acclamazione da parte dell’Assemblea regionale presso la sede di via Massena 20, a Torino, giovedì 25 gennaio. Viglione succede a Maria Luisa Coppa, presidente di Ascom Confcommercio Torino e provincia e in carica dal 2012.

«Sono profondamente gratificato da una nomina che per la città di Alba e per tutto il territorio è storica – ha dichiarato il nuovo presidente Giuliano Viglione -. Ringrazio tutto il sistema Confcommercio piemontese per l’ampia convergenza sul mio nome.  Viviamo un momento storico molto complesso che possiamo fronteggiare soltanto se saremo uniti e capaci di adeguarci, con flessibilità e spirito innovativo, ai tempi che cambiano. Da un lato il commercio accusa gli effetti delle crisi internazionali, che si riflettono sui prezzi e quindi sui consumi. Dall’altro lato il nostro comparto vive la difficoltà del gap digitale acuito dal commercio online. Per fare questo alle nostre imprese servono aiuti concreti e formazione per rendere gli imprenditori sempre più professionali e per contrastare la desertificazione commerciale che colpisce i maggiori centri urbani, oltre che i piccoli borghi delle aree periferiche. Confcommercio Piemonte continuerà a focalizzare l’attenzione e l’impegno su questi temi, cercando soluzioni in sinergia con i vari livelli istituzionali, dalla Regione fino alle amministrazioni comunali».

Nella Giunta sono confermati i presidenti delle associazioni territoriali piemontesi di Torino, Asti, Alessandria, Alto Piemonte (Novara e Verbania), Biella, Cuneo e Vercelli, oltre a sei componenti provenienti dai territori di Torino, Cuneo, Alto Piemonte e Alessandria.

Nei dodici anni alla guida di Confcommercio Piemonte, Maria Luisa Coppa e la sua squadra hanno realizzato importanti progetti di sviluppo per il Commercio, il Turismo e i Servizi piemontesi.

Uno degli interventi a maggior impatto sul tessuto imprenditoriale del terziario piemontese è stato quello dei Distretti del Commercio, il modello di collaborazione pubblico-privato per la valorizzazione del commercio di prossimità e dei territori attraverso la partnership tra Amministrazioni comunali, Associazioni di categoria e Istituzioni. Confcommercio Piemonte è stata partner essenziale di questa misura specifica per il commercio in Piemonte, che ha portato alla costituzione di 77 Distretti del Commercio con una dote iniziale di 1,5 milioni di euro, cui sono seguiti quasi 4 milioni per le prime attività e altri 16,5 milioni di euro stanziati dal 2022 al 2025.

Un altro importante traguardo raggiunto da Confcommercio Piemonte è rappresentato dalle Botteghe dei servizi: piccoli negozi di prossimità che offrono anche servizi aggiuntivi a favore sia dei cittadini che dei turisti.

Ad oggi sono già state riconosciute e finanziate oltre 100 botteghe dei servizi.

L’Associazione è stata anche attrice protagonista nella creazione del nuovo sistema di formazione delle Academy di Filiera.

In particolare, due Academy sono dedicate specificatamente al Commercio e al Turismo e Confcommercio Piemonte è entrata in 9 Academy su 11: Logistica, Agrifood, Tecnologie Informatiche e Digitali, Welfare, Costruzioni, Mobilità integrata, innovativa e sostenibile, Tessile Abbigliamento e Moda.

Ora la sfida è la costruzione di una formazione efficace, che comprenda elementi specifici per le micro e piccole imprese.

Da non dimenticare, infine, nei difficili anni della pandemia, che Confcommercio Piemonte è intervenuta per aumentare la dotazione iniziale del Bonus Covid di 88 milioni di euro, raggiungendo così lo stanziamento regionale di 142 milioni di euro.

«In questi anni – ha sottolineato Maria Luisa Coppa -– le sfide sono state tante e impegnative e abbiamo sempre vinto laddove abbiamo fatto squadra e abbiamo dialogato in maniera costruttiva con e istituzioni. È stato fondamentale il rapporto con la Regione Piemonte, in particolare con l’attuale Giunta regionale guidata da Alberto Cirio, con il quale abbiamo sostenuto l’inserimento del Commercio e del Turismo all’interno della programmazione europea 2021/27. Un ringraziamento, inoltre, va all’assessore al Commercio, Turismo e Cultura Vittoria Poggio, per aver portato avanti con la struttura regionale le istanze più urgenti dei nostri settori. Auguro, naturalmente, buon lavoro al nuovo Presidente e alla sua squadra».

Redazione di Vercelli

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Arrivano alla spicciolata, ma sono tanti, gli agricoltori che questa mattina, 24 gennaio, si sono dati appuntamento (regista Piero Mentasti di Larizzate) nei pressi del Casello autostradale di Vercelli Ovest per intraprendere una “marcia” di protesta, che farà tappa a Lucedio.

Luogo simbolo (il problema dell’ora, ma certo non l’unico, è il deposito di scorie nucleari) del contrasto tra “cose” calate dall’alto e chi lavora la terra, che è sempre stata “bassa”.

Ma indispensabile e vitale.

Molte le istanze tenute forse troppo a lungo nel silenzio.

E tutti unite dal comun denominatore di una protesta nei confronti di un’Europa vista lontana, algida, persino permeabile ad interessi volti alla massificazione anche dell’alimentazione umana.

Farine di grilli o no, il problema denunciato è che, continuando così, si sottrarrà sempre più terreno agrario nei Paesi Ue, condannandoli per conseguenza ad importazioni di chissà cosa e da chissà dove.

E, soprattutto, chissà perché.

Così le norme che impongono una “rotazione” forzata, come quella recente in Emilia Romagna, traducendo e snaturando quella che è sempre stata una buona pratica agronomica, in nuovo capestro capace di soffocarne gli effetti positivi: sono le tecniche agronomiche a sapere se e quando merita sottrarre, per una annata agraria, un campo alla coltivazione, non certo i decreti regionali.

Poi, la vexata quaestio della conversione obbligata, mediante espropri, di terreni produttivi, fertili, soprattutto irrigui (cioè resi tali con investimenti secolari: Canale Cavour insegna) alle praterie di pannelli fotovoltaici.

Dove mettere i pannelli?

Dove vogliono (a loro discrezione) i privati investitori.

E se lì c’è una fiorente azienda agricola e irrigua?

C’è una Legge che tutela i privati investitori in pannelli e favorisce gli espropri.

Lo vuole l’Europa.

Fino a quando? Si chiedono questi agricoltori.

 

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Da oggi a Borgosesia “comanda” il Peru Magunella, affiancato da Gin Infiamàa.

La città, domenica 21 gennaio, si è trasformata in Magunopoli.

Prende così il via, il Carnevale borgosesiano 2024.

La sentita manifestazione, ha scaldato i motori alle 5 con l’accensione dei fuochi per la preparazione della tradizionale busecca.

Sua maestà il Peru è partito da Cravo, il cui Comitato festeggia i 40 anni.

Da lì ha sfilato il corteo che ha permesso alle maschere di raggiungere il centro di Borgosesia.

Il tutto accompagnato dalle note della banda cittadina.

In piazza, Peru (al secolo Carlo Minoli) ha incontrato la sua consorte Gin (Virginia Trivelli).

Qui il sindaco Fabrizio Bonaccio ha provveduto alla consegna delle chiavi alle due maschere, divenute “regnanti” della città.

Regno che durerà sino al 14 febbraio, quando andrà in scena il Mercu Scurot.

Durante la festa una delegazione del Borgosesia Calcio ha consegnato a Peru e Gin la maglia celebrativa con cui poi la squadra è scesa in campo nella sfida contro l’RG Ticino.

Non è mancato l’assaggio delle maschere alla 50esima Gran busecca.

Una distribuzione che ha contato oltre 6mila porzioni.

E’ seguito il Gran pranzo della busecca, organizzato nei locali del Centro Pro Loco.

Tanti gli eventi che seguiranno nei prossimi giorni.

Saranno tre le sfilate dei carri allegorici e delle mascherate a piedi: domenica 28 gennaio, domenica 4 febbraio e domenica 11 febbraio.

Redazione di Vercelli

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Provincia di Vercelli, Regione Piemonte

Gio 3, 1-5. 10

Dal Libro di Giona

Fu rivolta a Giona questa parola del Signore: “Àlzati, va’ a Nìnive, la grande città, e annuncia loro quanto ti dico”. Giona si alzò e andò a Nìnive secondo la parola del Signore.
Nìnive era una città molto grande, larga tre giornate di cammino. Giona cominciò a percorrere la città per un giorno di cammino e predicava: “Ancora quaranta giorni e Nìnive sarà distrutta”.
I cittadini di Nìnive credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, grandi e piccoli.
Dio vide le loro opere, che cioè si erano convertiti dalla loro condotta malvagia, e Dio si ravvide riguardo al male che aveva minacciato di fare loro e non lo fece.

Sal.24

Fammi conoscere, Signore, le tue vie,
insegnami i tuoi sentieri.
Guidami nella tua fedeltà e istruiscimi,
perché sei tu il Dio della mia salvezza.

Ricòrdati, Signore, della tua misericordia
e del tuo amore, che è da sempre.
Ricòrdati di me nella tua misericordia,
per la tua bontà, Signore.

Buono e retto è il Signore,
indica ai peccatori la via giusta;
guida i poveri secondo giustizia,
insegna ai poveri la sua via.

1 Cor 7, 29-31

Dalla prima Lettera di San Paolo Apostolo ai Corinzi

Questo vi dico, fratelli: il tempo si è fatto breve; d’ora innanzi, quelli che hanno moglie, vivano come se non l’avessero; quelli che piangono, come se non piangessero; quelli che gioiscono, come se non gioissero; quelli che comprano, come se non possedessero; quelli che usano i beni del mondo, come se non li usassero pienamente: passa infatti la figura di questo mondo!

Mc 1, 14-20

Dal Vangelo secondo San Marco

Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il Vangelo di Dio, e diceva: “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo”.
Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: “Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini”. E subito lasciarono le reti e lo seguirono.
Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti. E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedèo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui.

***

UN PENSIERO SULLA PAROLA, A CURA DELLA PROF. ELISABETTA ACIDE

“Alzati e và a Ninive” (Gio 1,2).

Una “missione” nuova e sorprendente, diremmo noi, “straordinaria”, per un ebreo come Giona: predicare la conversione per la salvezza, nel mondo “non credente” (prima lettura).

Ninive: capitale dell’Assiria, (parte dell’odierna Mosul). Ninive, in posizione strategica, molto attraente per le sue ricchezze e agiatezze, ma anche città violenta, con una storia segnata da crudeltà, specialmente nei confronti degli ebrei.

“Guai alla città di sangue”!

Questo fu il decreto di Dio contro la città di Ninive, un tempo regina della terra.

Ninive era come un covo di leoni: ferocia e rapacità vi regnavano sovrane, con la guerra, la città, si era arricchita, divenendo la più grande e più temuta città sulla faccia della terra. (Naum 3,1).

E Giona non vuole andare a Ninive.

Giona in ebraico “colomba” (Yohnàh,”colombo”), contrariamente all’immagine della colomba che simboleggia l’intervento divino, qui non è portatore di qualche “novità”, anzi non condivide la “visione” di Dio e la sua “missione”: Giona fugge a Tarsis, lontano dal Signore. (Gio1).

La colomba, destino un po’ “beffardo” era l’animale sacro alla dea Ishtar, il cui santuario era situato proprio a Ninive, la capitale dell’Assiria, alla quale il profeta era stato inviato in “missione” dal Signore.

Colomba che non vuole “volare”.

“Alzati e và a Ninive” ( Gio 3,1).

Giona parte, si alza… non senza qualche “dubbio” e “difficoltà”.

Giona “fugge”… “lontano dal Signore”.

Ma dove vuoi fuggire, Giona?!

Perché vuoi sottrarti?

Giona è “renitente”, è “testardo”, tenta la direzione opposta di quella indicata da Dio…

Nave, imbarco in direzione opposta, mare, pesce…

Ancora un invito e Giona si alza e va a Ninive.

Eppure la risposta è “esemplare”: fede, conversione, cambiamento.

Chissà quali pensieri hanno attraversato la mente di Giona, ma come?!

Con quale disappunto ha constatato che la sua predicazione aveva un certo “effetto”.

Giona è portatore di un vangelo: un messaggio semplice ma rivoluzionario, in grado di cambiare, di produrre cambiamento: Il Dio della misericordia vuole che l’uomo si converta e viva.

Giona “colomba di Dio”.

Gioia il profeta, debole e fragile, eppure “portatore” di Dio.

E Ninive crede, proprio perché a parlare è Giona e Giona parla di Dio.

E Giona parla di un Dio che ha misericordia, che chiede conversione.

Giona che “converte”, ma Giona che “deve essere convertito”… lui che non vuole partire, lui che si “sdegna” per la misericordia di Dio verso la città, lui che deve “sperimentare” la misericordia per comprenderla, Dio che con “pazienza”, si china su Giona perché “comprenda” i Suoi disegni e converta il cuore.

Dio di misericordia, Dio che ha misericordia, Dio che porta misericordia.

Perché il cuore “convertito” è il cuore che “parla di Dio”.

Giona parla di un Dio del quale Paolo (seconda lettura) dirà:  Il tempo è arrivato, sovvertite i vostri “valori”,per voi è arrivato un nuovo “sistema di Valore”, Il Regno di Dio.

Convertitevi e cambiate la trama della vostra storia: date alla vostra esistenza la sostanza dell’eternità.

Decisione radicale, sovvertimento.

Conversione: proposta di Dio, libertà umana.

Conversione: adesione a Cristo che salva e libera.

Conversione: Dio si è reso “vicino al mondo”, Dio “passa”, “passa e chiama”…

Dio è incontro alla gente, Dio è “Vangelo”.

Dio non porta “notizia”, Dio “è notizia”.

Gesù “proclamava il Vangelo di Dio”.

Vangelo è Dio, è “notizia”.

Gesù è Vangelo. Cammina.

Cammina tra la gente.

Dio con noi.

“Il tempo è compiuto…” come per quella donna sono giunti “i giorni del parto”, così il Regno di Dio “arriva”, meglio, “si è avvicinato”.

Il Regno di Dio è qui.

Il Regno di Dio cammina e chiama.

E su quel lago, chiama: alzati!

Gesù che cammina e guarda: “vide”.

Vede la quotidianità dell’uomo, il suo lavoro, il suo “gettare le reti”…

Gesù vede e chiama.

“Convertitevi e credete”.

“Convertitevi” andate oltre la vostra logica, oltre la vostra razionalità, oltre i vostri ragionamenti.

Convertitevi con “intelligenza” e “cuore”.

Convertitevi: uscite dalla vostra piccola prospettiva per entrare nella grande prospettiva di Dio.

Convertitevi: entrate nel “Vangelo”.

“Venite… vi farò…”

Non abbandonerete le reti, semplicemente non pescherete più sardine o i Tilapia galilea che così abbondanti si fermano nella vostra rete, i barbi o il claride del deserto, pescherete l’umano, “tirerete le reti” abbondanti di uomini perché conoscano la Vita e la salvezza.

Pescherete uomini, per far conoscere la vita in pienezza.

Non “dimenticate” il vostro lavoro, la vostra quotidianità, “perfezionatela”; non un ribaltamento radicale, ma un “cambio di prospettiva”, una conversione… mantenendo la vostra caratteristica…

“Lasciate le reti…”

Quelle “reti”, per “altre reti”: le reti degli sguardi, delle relazioni, delle parole, della speranza…

Dopo lo “sguardo”, la Parola, non basta più il “guardare”, occorre “sentire”, “ascoltare”.

Il Vangelo: notizia che va ascoltata e creduta.

L’urgenza e la folgorazione della Parola.

Non serve aspettare, non è avventatezza.

Questo è il coraggio del credere: “Abbiamo incontrato il Signore”.

E quando si “incontra” non si può più aspettare, attendere, tergiversare, essere renitenti…

Il Signore ci chiede l’urgenza del coraggio e della sequela.

Nella Genesi, la creazione avviene con la Parola: Dio disse… e così avvenne…

Parola che crea.

Nella chiamata Dio “vede” e “dice”: sguardo ed invito.

Nell’atto creativo il mondo si muove con una Parola, nel Vangelo la Parola è preceduta dallo sguardo: guarda e chiama, vede e invita.

Sono “visto” e liberamente rispondo: sguardo d’Amore che trafigge l’uomo, cuore trafitto di chi si abbandona, allo Sguardo.

“Vieni e seguimi”: Gesù il camminatore invita a seguirlo.

Seguimi in un cammino senza fine.

Con la Lettera apostolica in forma di Motu proprio “Aperuit illis”, Papa Francesco il 30 settembre 2019, ha stabilito che “la III Domenica del Tempo ordinario sia dedicata alla celebrazione, riflessione e divulgazione della Parola di Dio”. La Parola di Dio, che risuona in quel “convertitevi e credete al Vangelo” del brano del Vangelo di Marco (Mc 1,14-20).

Il Vangelo è gioia, è notizia, è Parola; Parola non confinata in un libro, ma che resta sempre viva e si fa segno concreto e tangibile.

“Rimanere” nella Parola di Dio non è solo leggere, incontrare, è “essere accompagnati” e “dimorare” con la Parola, come quei discepoli diretti ad Emmaus che “stanno”, che si “fanno accompagnare”, ai quali “ardeva il cuore” alle Parole, è molto più di un incontro frettoloso o occasionale e “accidentale”.

La Parola è l’incontro che rende Vita alla vita, è concretezza che “Nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici e si intrattiene con loro” (Dei Verbum, 2).

Il “Vieni e vedi”, in Gesù il Dio invisibile si è fatto “vedere” e “sentire”, è dunque l’ “Essere con Lui”, il destino a cui come cristiani siamo chiamati, come uomini che  “ rimangono” nella sua Parola.

Possiamo dire “Rimanere con Lui, Verbo Incarnato” è “sintesi” del vangelo, è “vivere in Cristo”, e nel suo Amore senza tramonto.

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Provincia di Vercelli

Assemblea a porte chiuse: finirà 39 a zero?

C’è attesa per la riunione di oggi, 19 gennaio, presso la Provincia di Vercelli, Sala Tarsie, convocata dal Presidente di Via San Cristoforo, Davide Gilardino.

Trentanove Primi Cittadini di città e paesi, chiamati ad esprimersi sulla scelta compiuta dal Comune di Trino che, nella seduta di Consiglio Comunale dell’11 gennaio scorso, ha deciso (a maggioranza) di avvalersi della facoltà di proporre anche il proprio territorio comunale quale sede dell’ormai famoso “deposito unico” nazionale, ove convogliare i reliquati della (breve) via italiana all’energia elettrica prodotta da fusione nucleare.

Guarda cliccando qui lo streaming della riunione di Consiglio Comunale dell’11 gennaio scorso.

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Perché 39 e questi 39 in particolare?

Anzi, 39 più uno: il Comune di Trino pare che non sia tra quelli invitati.

Perché i Comuni che amministrano si trovano compresi nel raggio di 25 chilometri dall’epicentro, appunto Trino.

Perché 25 chilometri e non, ad esempio, 30 o 10 o 40?

Forse perché si ritiene l’area più immediatamente interessata in caso di emissioni aeree o forse perché, al contrario, si pensa che la falda acquifera (in caso di incidenti forieri, al contrario o insieme ai precedenti di percolamenti inquinanti) sia una sorta di comun denominatore capace di mettere in relazione un’area ampia.

Forse.

Il dato certo è che si tratta solo dei Comuni che si trovano in provincia di Vercelli, mentre – sempre a proposito di falda (meglio, “falde”) – il mondo non finisce entro i confini amministrativi che stanno in superficie e sulle carte geografiche, ma, come si diceva un tempo, “è tutto attaccato insieme” almeno per molti chilometri quadrati ancora.

Su cosa, dunque, dovranno o potranno esprimersi i Sindaci?

Lo sapremo presto.

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Inutile dire che la vicenda odierna richiama alla mente (le “formazioni” sono pressochè le stesse) la storica battaglia degli anni 1976 – 1977 quando Enel avrebbe voluto realizzare la seconda Centrale nucleare, affacciata sul Po, e molto più grande della Enrico Fermi.

La questione, allora, era tutta incentrata su una domanda che era anche una ragione di crisi: siccome l’acqua del Po, in quel punto, non basterebbe per alimentare le “torri di raffreddamento” della progettata Centrale e, insieme, assicurare la disponibilità idrica per l’irrigazione dei campi, cosa si vuole sacrificare / privilegiare?

L’energia elettrica da fusione nucleare, oppure la risicoltura?

Il “fronte del no” era allora guidato da un vero gigante dell’idrologia e dell’economia agraria, l’allora Direttore Generale di Ovest Sesia, Ing. Giuseppe Viazzo.

Al cui seguito tutto il mondo agricolo fu subito allineato, in modo compatto.

Dimostrò inequivocabilmente che la portata del Po, in termini tecnici, di metri cubi d’acqua al minuto, non sarebbe mai potuta bastare per soddisfare i due concomitanti prelievi: l’uno reale, l’altro ancora ipotetico.

Per tanti e ulteriori motivi, come sappiamo di Centrali nucleari nel Paese non si parlò più.

Altri tempi.

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Oggi come andrà?

Forse il tabellone della partita farà registrare un punteggio di 39 a zero?

O, al contrario, potrebbe, al modo di quei sostenitori di Virginia Raggi che assicuravano “Virginia non sei sola!”, cioè presentare una “confort zone” per Daniele Pane e la sua maggioranza?

Inutile trascurare, poi, la circostanza che vede, sullo sfondo, una possibile preoccupazione di carattere politico.

Se il partito di Giorgia Meloni pare avere, ancora e tutto sommato, il vento in poppa su scala nazionale, non si sa che pensare dei possibili trend elettorali se si traguarda, invece, il confine più angusto della provincia di Vercelli dove, tra il “rinculo politico”  dello sparo di Rosazza, la vicenda del deposito unico a Trino e – mettiamoci pure – l’esperienza amministrativa del Comune Capoluogo, le arie paiono tutte diverse.

Come finirà?

Lo sapremo tra poche ore.

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Momenti di paura oggi, 18 gennaio, attorno alle 13 a Borgo d’Ale, per un sinistro autonomo (un solo veicolo coinvolto) causato – sono le prime sommarie informazioni – da un malore che ha colpito un pensionato al volante della Renault che si vede nell’illustrazione.

Perdendo il controllo del mezzo, il conducente non ha potuto evitare che il veicolo travolgesse l’impianto semaforico, che è andato completamente distrutto ed è stato per almeno tre ore fuori uso.

L’uomo non ha riportato lesioni gravi.

Ora il Comune ha ripristinato almeno parzialmente il semaforo, particolarmente necessario in quel punto del paese – Via Roma, nei pressi dello storico arco –  in cui la circolazione è sempre molto intensa.

Si consigliano comunque percorsi alternativi.

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