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Una cerimonia per non dimenticare il passato e proiettarsi verso il futuro.
Questa è stata la celebrazione della Festa della Liberazione, in occasione del 25 aprile a Borgosesia.
In prima mattinata, Autorità, Partigiani, Associazioni combattentistiche e d’arma e cittadinanza si sono dati appuntamento davanti al Municipio.
Da lì, accompagnato dalla Banda Musicale cittadina, il corteo si è recato ad Aranco per la deposizione della corona d’alloro al Monumento dei Caduti.
Il gesto simbolico si è ripetuto davanti al Monumento della Torre campanaria e al quello dei giardini pubblici.
Il sindaco borgosesiano Fabrizio Bonaccio ha fatto gli onori di casa, sottolineando l’importante significato di questa data.
E’ seguita la toccante orazione della professoressa Elisabetta Dellavalle, consigliere dell’Istituto per la storia della Resistenza nel Biellese, nel Vercellese e in Valsesia.
Tante le persone intervenute per questo appuntamento.
La mattinata si è conclusa con la Santa Messa in Chiesa parrocchiale, celebrata da don Gianluigi Cerutti.
Si è così rinnovata una commemorazione che serve per ricordare e sensibilizzare i più giovani.
Di seguito: il video con alcuni scampoli dei brani musicali offerti dalla banda e, a seguire, tra poche righe, il testo dell’intervento integrale della Prof. Dellavalle.
***
Odio gli indifferenti.
Orazione ufficiale 25 aprile 2023
Città di Borgosesia
di Elisabetta Dellavalle
“Odio gli indifferenti.
Credo che vivere voglia dire essere partigiani.
Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano.
L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita.
Perciò odio gli indifferenti.
L’indifferenza è il peso morto della storia.
L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera.(…)
Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente.
Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?
Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti.(…)
Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo.
E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini.
Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano.
Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti”.
Nel febbraio del 1917 Antonio Gramsci si rivolge ai giovani con un numero unico del giornale socialista ‘La Città futura’.
E’ un testo profetico, nel quale con forza quasi disumana l’autore anticipa ciò che sarebbe accaduto di lì a poco, nel Ventennio fascista.
Rileggendo affermazioni come ‘La massa degli uomini abdica la sua volontà’ e ‘Lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare’ e ‘Lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare’ ci ritroviamo nella nostra piena attualità, contrassegnata da un pericoloso assenteismo elettorale, atteggiamento ‘indifferente’ che apre la strada alla realtà dell’oggi.
Gramsci, profetico, più di un secolo fa segnava la strada.
Noi poco attenti, indifferenti. Siamo ‘la massa che ignora, che non se ne preoccupa’. Pensiamo che ciò che è stato non possa tornare, crogiolandoci nei successi di chi ci ha preceduti. Nulla di più sbagliato, la Storia ci insegna quanto sia facile reiterare gli errori del passato, soprattutto quando ‘l’indifferenza strozza l’intelligenza’.
Invece la ‘città futura’ idealizzata da Gramsci è costruita da tutte e da tutti, è ‘intelligente opera dei cittadini’ che ‘non piagnucolano o bestemmiano’ e ‘non stanno alla finestra’ a guardare i ‘pochi che si sacrificano e che si svenano’ per il bene comune.
Ecco, oggi siamo qui proprio per questo.
Per ricordare e ringraziare chi non è stato alla finestra.
Ecco perchè mi onora nel profondo essere qui con voi, oggi, 25 aprile 2023 nel 78° anniversario della Liberazione. Per questo ringrazio tutte le autorità presenti, ecclesiastiche, militari e civili e soprattutto l’Anpi di Borgosesia, che mi ha gentilmente invitata. Ringrazio anche voi, per la partecipazione e la condivisione. Voi che appartenete a questa comunità tanto toccata dalla ferocia nazifascista e avete patito, tra l’inverno del 1943 e l’estate del ’44, stragi efferate compiute ai danni di partigiani e di civili. Commemoriamo quindi i martiri di Borgosesia: fucilati contro il muro della chiesa di Sant’Antonio il 22 dicembre 1943, in piazza Frascotti l’11 aprile del 1944 e l’18 luglio del 1944 presso il Cimitero di Borgosesia. I morti delle retate del 19 luglio 1944 a Rozzo, Lovario, Bastia, Marasco, e Borgosesia e quelli della ‘Battaglia di Romagnano’, che si svolse il 16 marzo del 1945 in 3 luoghi: Fara, Romagnano e Borgosesia.
Nello scorrere le biografie di questi nostri partigiani salta subito all’occhio la loro data di nascita, molti sono ragazzi: hanno 16, 17, 18 anni, e vengono fucilati da adulti senza vergogna.
Mi onora essere qui con voi a ricordarli stamattina. Mi onora come cittadina, come parte della comunità di queste belle montagne della Valsesia e come nipote di partigiano caduto in battaglia: i miei nonni Cristina e Flaminio Dellavalle erano di Civiasco e il loro primogenito, mio zio Antonio Dellavalle, è caduto in Istria, dov’è ancora sepolto, nel gennaio del 1944. Anche lui non aveva ancora compiuto 17 anni. Scappato dalla casa di Vercelli per non subire la chiamata dell’esercito repubblichino alla leva del ’27 e per partecipare alla costruzione di ‘un mondo migliore’, prende il nome di battaglia’ Enrico’ in onore di suo cugino, Enrico Dellavalle, poi caduto all’Alpe Fej.
“Cari genitori, dopo lungo preparamento e meditazione ho deciso di abbandonare per un dato tempo Vercelli, per motivi che vi spiegherò in seguito e a suo tempo, non preoccupatevi della mia indeterminata assenza e non pensate male di me.
“Avrete presto mie notizie, in quanto al mio impiego avvertite il mio principale che non ci vado più a lavorare, e vi prego di ritirare il mio libretto e di consegnare il distintivo e il lasciapassare diurno. Parto in compagnia e prego inoltre voi con tutto il cuore di non parlare con nessuno della mia partenza. Tanti saluti e arrivederci a presto. Antonio
P.S. Non avvertite la Questura che al giorno d’oggi è un Comando Tedesco e certo voi dubitate il posto della mia destinazione”.
La scomparsa da casa e poi la morte di Antonio, come tanti partigiani poco più che un bambino, fu la ferita aperta nel cuore della famiglia, l’assenza ‘acuta presenza’ che mi ha insegnato fin da bambina da che parte stare, senza se e senza ma.
Una piccola storia famigliare che, identica a quella di decine di migliaia di altre piccole storie famigliari, ha contribuito a creare l’Italia com’è oggi: Repubblicana, Democratica e soprattutto Libera.
Sono qui insieme a voi per ribadire fortemente che anche lui, come i 45.000 partigiani caduti in battaglia, non è morto invano. Non è stato alla finestra. Sono usciti di casa ed hanno iniziato a Resistere.
Anche se, come sempre ci ricordava l’amato Pertini,“l’antifascismo nasce nel 1919 contro le prime malefatte dei Fasci di Combattimento”, è dall’8 settembre 1943, proprio come sperava Gramsci, che soprattutto i giovani prendono consapevolezza dell’importanza del ‘fare’ e a credere nella Resistenza e nei suoi valori fondanti.
“Edda, mi hanno condannato alla morte, mi uccidono; però uccidono il mio corpo non l’idea che c’è in me. Muoio, muoio senza alcun rimpianto, anzi sono orgoglioso di sacrificare la mia vita per una causa, per una giusta causa e spero che il mio sacrificio non sia vano anzi sia di aiuto nella grande lotta. Di quella causa che fino a oggi ho servito senza nulla chiedere e sempre sperando che un giorno ogni sacrificio abbia il suo ricompenso. Per me la migliore ricompensa era quella di vedere fiorire l’idea che purtroppo per poco ho servito, ma sempre fedelmente”: quando Bruno Frittaion, nome di battaglia Attilio, scrive alla sua amata Edda ha 19 anni, dopo l’8 settembre lascia la scuola per le montagne e le SS italiane lo catturano e lo fucilano a Terceto, Udine, il 31 gennaio 1945. Pochi mesi ancora e ce l’avrebbe fatta: avrebbe visto, in quel 25 aprile del ‘45, ‘fiorire l’idea che ha servito fedelmente, purtroppo per poco’. Nel leggere e rileggere queste toccanti ‘Lettere dei condannati a morte della Resistenza italiana’ lascia sempre stupiti la forza e la speranza che da esse traspare: stanno per essere uccisi, hanno subito sofferenze e patimenti, eppure sono loro a consolare chi resta, a mandare messaggi di speranza per un futuro chiaro e luminoso, a dettare le regole di un Mondo migliore. ‘Non un libro ma un’Azione’, non a caso così lo definisce il poeta e saggista Franco Antonicelli.
A volte ci si sente un po’ in colpa nei loro confronti: non sempre siamo stati, o siamo, all’altezza delle loro aspettative. Non li abbiamo ascoltati a dovere.
“Una idea è una idea e nessuno la rompe. A morte il fascismo e viva la libertà dei popoli.”: anche Luigi Ciol, il partigiano ‘Resistere’, ha 19 anni come Bruno quando scrive questa iconica frase, sinossi totale di tutto l’antifascismo. Anche lui viene ucciso a pochi giorni dalla Liberazione, quando la ferocia nazifascista si fa più cupa, il 9 aprile del 1945. Trovo eccezionale la semplicità con la quale questo ragazzo dapprima scelga come nome di battaglia, che tra i partigiani è il simbolo di appartenenza e di identità talmente forte da sostituire quello di battesimo, l’essenza stessa della sua azione, il suo ‘Resistere’, e poi riesca a dire con tanta semplicità estrema l’unica, grande, verità: le idee buone, giuste, umane, non solo non muoino mai ma neppure si rompono. E la sua lettera termina con un gioioso ‘Viva la libertà dei popoli!’. Eccola qui, la vera Resistenza: non importa quanti ne ucciderai, la loro idea resta lì, nell’aria che tutti respiriamo, della quale tutti ci nutriamo. Un’idea dalla quale nasce la nostra Costituzione.
« Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un Italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione”: avrete riconosciuto questa frase, è Pietro Calamandrei che ricorda alle nuove generazioni la strada che devono percorrere: tornare alle radici della nostra Democrazia, la Resistenza, per studiare e rispettare la nostra Costituzione.
Mi piace ricordare che l’esigenza di una Costituzione nasce ancor prima dell’Italia repubblicana: il 16 ottobre 1943 il CLN, Comitato di liberazione nazionale, da poco costituito e ancora operante in clandestinità, la chiede con forza a Vittorio Emanuele III che si rifiuta. Nella seguente fase luogotenenziale grazie al nuovo Presidente del Consiglio Bonomi e i partiti del CLN da una parte, e il Re, dall’altra – mediazione di Enrico De Nicola – nasce la “Costituzione provvisoria” che all’art.1 reca un impegno a deferire le fondamentali scelte costituzionali al popolo italiano, “che a tal fine eleggerà, a suffragio universale diretto e segreto, una assemblea Costituente per deliberare la nuova Costituzione dello Stato”.
La Costituzione, quindi, è la Madre della nostra Repubblica ma è la figlia, forse la figlia maggiore, la più salda e fedele, della Resistenza.
A scriverla, come sappiamo, i 556 membri eletti all’Assemblea nel corso del referendum del 2 giugno 1946: una data storica, la data fondante della nostra Nazione, perché quella data stabilisce una linea precisa tra il Prima e il Dopo.
La linea precisa tra Fascismo e Antifascismo, come ci ricorda il costituzionalista Gustavo Zagrebelsky in merito all’assenza della parola “antifascismo” dalla Carta Costituzionale:”Se manca ‘antifascismo’ è ben presente la parola ‘fascismo’, legata al suo divieto radicale. La dodicesima disposizione transitoria della Costituzione fa divieto di ricostituzione del disciolto partito fascista, sotto qualunque forma. Richiamo l’attenzione su ‘sotto qualunque forma’: i nostri padri costituenti erano ben consapevoli che era una questione di sostanza, non di forma”.
Il 2 giugno 1946 è dunque la linea precisa tra Monarchia e Repubblica, la linea precisa tra Dittatura e Democrazia, la linea precisa tra Discriminazione e Uguaglianza: votano infatti, e per la prima volta con un ritardo storico vergognoso, anche le donne: molte di loro, soprattutto le giovani del centro nord, votano per la Repubblica ed hanno contribuito fattivamente alla guerra di Liberazione. Incuranti dei divieti ancestrali di padri, fratelli e mariti, le donne corrono alle urne con percentuali incredibili, la loro presenza fu altissima: soprattutto al Sud e nelle Isole superò quella maschile.
Da non credere. Era la fine del Silenzio.
Donne che votano le Donne. Anche se le elette all’Assemblea Costituente, quelle che chiameremo le ‘madri della Repubblica’, sono solo 21 su 556 componenti, cioè il 3,78%, rappresentano, nelle giuste percentuali tutto il variegato mondo politico del tempo, il Partito Comunista e quello Socialista, la Democrazia Cristiana e il Partito dell’Uomo qualunque, e tutte le classi sociali e le professioni. Quattordici sono laureate e molte sono insegnanti, giornaliste, una è sindacalista, un’altra casalinga. Sono persone comuni diventate straordinarie, sbalzate anche loro nella Storia dalla ribellione morale al fascismo, dalla attività clandestina nei Gruppi di difesa della donna, nella Croce rossa o nel Soccorso rosso, nei gruppi partigiani combattenti. Per molte di loro scrivere la Costituzione è il giusto approdo di tante lotte e sacrifici. Molte di loro hanno fatto dell’antifascismo una regola morale di vita ben prima dell’inizio della guerra. Come Adele Bei che, condannata nel 1934 dal Tribunale speciale a 18 anni di carcere per attività antifascista, così risponde ai giudici del Tribunale fascista che la spingono a denunciare i compagni facendo leva sui suoi figli piccoli restati in Francia:“Non pensate alla mia famiglia, qualcuno provvederà, pensate invece ai milioni di bambini che, per colpa vostra, stanno soffrendo la fame in Italia”. Un coraggio che non si aspettano da una donna. E lei non parla. Partigiana combattente a Roma con il grado di capitano e Croce di guerra al valor militare. Lunga vita di impegno la sua, tra la politica con il PCI, unica donna nel primo Senato e due volte deputato, e la CGIL. Sempre in lotta per il bene dei lavoratori, delle famiglie e, con avveniristica visione, per una degna riforma del sistema carcerario. Partigiana fino all’ultimo, come tutte le altre. Come tutte queste donne che hanno portato nella nostra Costituzione la potenza e il coraggio delle loro idee. Anche nella Commissione dei 75, che ha il compito di redigere il testo finale, le donne sono pochissime: 5 su 75, appunto. Tre di loro sono partigiane combattenti: Teresa Noce, detta Estella, Maria Federici e Nilde Jotti, che resterà in Parlamento 53 anni e sarà per ben tre volte rieletta Presidente della Camera. Le altre sono Angela Gotelli, che si batte per i diritti delle donne e Lina Merlin, che dona il suo nome alla Legge che abolisce la prostituzione legalizzata in Italia. Di lei mi piace raccontarvi anche, amica fedele di Giacomo Matteotti, dopo il suo brutale assassinio viene arrestata 5 volte in due anni e che nel 1926, l’anno delle Leggi Fascistissime, viene licenziata perché come insegnante si rifiuta di prestare il giuramento di fedeltà al regime, obbligatorio per gli impiegati pubblici. Atti di semplice e puro eroismo. Atti di chi sa da che parte stare.
Vi invito ad approfondire le biografie di ognuna di queste 21 donne con più calma, perché nelle loro storie personali, storie eroiche di donne comuni, possiamo ritrovare lo spirito stesso della Resistenza, tanto faticoso quanto femminile.
Nel concludere torniamo all’inizio: vent’anni dopo aver scritto ‘Citta Futura’, in una data nuovamente profetica, il 25 aprile 1937, proprio nel giorno in cui sarebbe stato scarcerato dopo anni di detenzione politica, Antonio Gramsci viene colpito da un’emorragia cerebrale. Muore due giorni più tardi, il 27 aprile e il giorno successivo, sotto una pioggia scrosciante, viene cremato al Verano, le ceneri portate al cimitero acattolico di Roma.
“Non posso, in ultimo, non ricordare i patrioti coi quali ho condiviso le galere del tribunale speciale, i rischi della lotta antifascista e della Resistenza. Non posso non ricordare che la mia coscienza di uomo libero si è formata guardando sempre ai luminosi esempi di Giacomo Matteotti, di Giovanni Amendola e Piero Gobetti, di Carlo Rosselli, di don Minzoni e di Antonio Gramsci, mio indimenticabile compagno di carcere. Ricordo questo con orgoglio, non per ridestare antichi risentimenti, perché sui risentimenti nulla di positivo si costruisce, né in morale, né in politica”:da queste parole resistenti del partigiano Sandro Pertini, alle parole partigiane del resistente Sergio Mattarella che, in visita a Birkenau lo scorso 18 aprile ha sottolineato come “L’odio, il pregiudizio, il razzismo, l’estremismo e l’indifferenza, il delirio e la volontà di potenza sono in agguato, sfidano in permanenza la coscienza delle persone e dei popoli”.
Indifferenza, Costituzione, Repubblica eccole le parole, le pietre miliari di oggi: grazie alla Lotta partigiana contro l’Indifferenza l’Italia antifascista e libera ha saputo scrivere la Costituzione più bella del mondo e, grazie al sacrificio di chi non è stato alla finestra, è stata costruita questa nostra Repubblica: magari un po’ affaticata e smemorata ma per sempre Democratica, Libera e Antifascista!
Salutiamoci con le ultime parole del partigiano Mingo, Domenico Fiorani, fucilato dai fascisti a piazzale Loreto il 10 agosto del 1944.
Uno dei 45.000 che non stettero a guardare.
“Pochi istanti prima di
Morire a voi tutti gli ultimi
Palpiti del mio cuore
W l’Italia!”
Elisabetta Dellavalle
Borgosesia, 25 aprile 2023
Redazione di Vercelli
Bollette del gas alle stelle, ma utili in calo, se non azzerati, nel bilancio 2022 di Atena Trading srl.
La tempesta perfetta: cittadini tartassati e Comune senza dividendi.
Ma andiamo con ordine.
La notizia forse più importante di questo Consiglio Comunale di oggi, 30 marzo, la danno – infatti e tra le righe – sia l’Assessore alle Partecipate Luigi Michelini (le Partecipate sono le Aziende, gli Enti dei quali Palazzo Civico detiene quote di capitale sociale), sia il Sindaco e poi anche l’Amministratore Delegato di Atena Trading, Paolo Echino.
Udite udite: Atena Trading già nel 2022 (e figuriamoci, allora e magari) nel 2023 non farà utili.
Loro forse sperano di rintuzzare così le critiche ormai di tanti: fate gli utili, prendete i dividendi, insomma guadagnate sulla pelle della gente.
Invece, loro (e confermano poi, nel pomeriggio, importanti Osservatori ed Addetti ai lavori), pur avendo avuto la possibilità di scaricare tutti gli aumenti del prezzo del gas alla fonte sulle tariffe pagate dagli Utenti, pare proprio che chiudano un bilancio piatto: senza utili.
Insomma, tartassano i clienti e non guadagnano: cose da non credere.
Un argomento che coglie tutti di sorpresa e persino increduli: se pur avendo le mani libere, non riescono a guadagnare, forse qualcosa di grosso non funziona.
Loro sperano, magari, di diffondere in tal modo un’informazione rassicurante, ma, invece, si tratta di una delle modalità più efficaci per suggerire agli attuali clienti di Atena Trading che l’unica strada da seguire sia quella di cambiare Gestore.
La fuga da Corso Palestro, unico modo per porsi al riparo.
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In sede di dichiarazione di voto, il Capogruppo di Voltiamo Pagina (la lista fondata da Roberto Scheda) Paolo Campominosi è esplicito: nel mondo reale, nelle Aziende che devono stare sul mercato, per cose anche molto meno gravi saltano delle teste.
Se le cose stanno come dite, qualcuno deve pagare.
Quelli di Atena, però, paiono sicuri di avere qualche paracadute.
Forse anche perché sono ormai molti i vercellesi che si sentono chiamare al telefono: la chiamo per il suo contratto con Iren Mercato.
Insomma, quelli che fuggono da Atena, possono essere intercettati e catturati direttamente dalla Casamadre.
Se così fosse, un modo per cannibalizzare il portafoglio clienti della “Partecipata” comunale, lasciando il Socio Comune di Vercelli con una scatola sempre più vuota in mano.
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L’Ordine del Giorno presentato dalle Opposizioni sul caro bollette, così come viene infine votato all’unanimità, lascia il tempo che trova.
Nel corso della discussione gli esponenti di maggioranza e dell’Esecutivo intervenuti devono riconoscere che il Comune non riesce ad ottenere pressochè nulla dal Fornitore Atena Trading.
Una dichiarazione di impotenza che, a sua volta, mette di fronte ad una consapevolezza: ormai non c’è più nessuno, che difenda la scelta di cedere ad Iren prima quote importanti di Atena – Asm, poi addirittura la maggioranza.
Una scelta semplicemente suicida (oggi Michelini la chiama sciagurata, altri più o meno nello stesso modo) che è sempre stata targata Pd.
Prima, nel 2003, con la Giunta di Gabriele Bagnasco.
Poi, nel 2015, con quella di Maura Forte.
Crediamo che sia obbiettivamente difficile pensare a VercelliOggi.it come difensore d’ufficio della Giunta del Niente, ma questa fotografia “storica” va rappresentata con storico distacco: l’avevamo già, del resto, ampiamente
argomentata nel corso di questo articolo – leggi qui -.
Che poi, oggi, su tanti argomenti (Coperchio al Centro Nuoto, gestione degli acquedotti ad Iren, via libera alla fabbrica dei pallet) la GdN appaia la continuità della precedente ed ancor più appiattita sui voleri di Iren di quanto lo fosse la precedente Amministrazione, questo è ancora un altro paio di maniche.
Sul piano delle grandi e strategiche scelte concrete, dunque, non si capisce (più) perché un Elettore avrebbe dovuto, nel 2019, votare Centrodestra piuttosto che Centrosinistra, se non dal punto di vista delle eventuali, maggiori o minori, simpatie personali.
Anche per questo l’accusa mossa oggi, da parte di vari esponenti della maggioranza al Pd, di avere scelto di cedere la maggioranza di Atena ad Iren, così come fondata, è tuttavia priva di prospettiva: i nuovi pare facciano di tutto per dare l’impressione di essersi messi sull’attenti di fronte al padrone torinese né più né meno dei loro predecessori.
Sicchè – come emerso – al di là di pannicelli caldi (pochi euro, tra i 300 ed i 400) a favore di un ristretto numero (non più di 900) situazioni familiari, certo meritevoli della massima assistenza, ma tutt’altro che rappresentative della grande platea degli Utenti di Atena raggiunti da aumenti che moltissime famiglie ed attività imprenditoriali non riescono a sostenere, la Giunta non è riuscita ad ottenere nulla: né pare si illuda di ottenere di più.
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Ha colpito molto, oggi, la scelta che ai più è parsa immotivata, se non addirittura dilatoria (vedremo poi perché) compiuta in solitudine del Presidente del Consiglio Comunale Romano Lavarino, di invitare alla riunione di Consiglio l’Amministratore Delegato di Atena Trading, Paolo Echino (di nomina Iren).
Immotivata perché maldestramente deviante rispetto al bersaglio.
Il Consiglio voleva sapere cosa la Giunta intenda fare nei confronti di Atena – Iren.
Non come Atena Iren motivi numeri così crudi: questo si sa già.
Il manager, infatti, nulla ha detto di più di quanto già udito nel corso della Prima Commissione, il 18 gennaio scorso,
ma i suoi interventi hanno fatto perdere (molti) minuti preziosi all’economia della discussione.
Discussione dove (su un argomento di tale importanza) i tempi degli interventi dei Consiglieri sono stati da Lavarino rigorosamente contingentati, applicando senza deroga alcuna quelli regolamentari, mentre Achino ha avuto la possibilità di parlare quanto ha voluto.
Segnalando così, (secondo i Consiglieri) almeno due contraddizioni.
La prima è che il popolo ha votato i Consiglieri e non Achino, sicchè, se un Rappresentante del popolo può parlare 5 minuti su ogni argomento (invero 5 minuti sono ben pochi, ma ogni maggioranza cerca di ridurre all’impotenza il Consiglio, cambiando sempre il Regolamento d’Aula) non si capisce perché Echino abbia potuto ripetere (di nuovo) la storia che a suo tempo Atena comprò il gas quando era caro, poi ha dovuto rivenderlo caro.
E che non è bello vedere le aziende che vendono sotto costo.
E che i call center di Atena funzionano alla meraviglia.
E via enumerando con tecnica consumata che potrebbe essere quella di un imbonitore cui – purtroppo – Lavarino non ha messo non diciamo un freno, ma nemmeno ha rivolto un garbato invito a “stringere”.
Perché?
Forse un motivo è da ricercarsi (e siamo così alla seconda delle due contraddizioni aperte) nel dubbio che siano ormai in molti rassegnati ad una realtà non nuova: magari Iren si è illusa che, avendo comprato il 60 per cento di Atena, nel 2015, ha di fatto acquistato il 60 per cento del Comune di Vercelli.
Il potere condizionatorio dei grandi Gruppi non è nozione nuova (la insegnava già J.K Galbraith), così come Iren pare sappia benissimo esercitare anche le ulteriori due modalità di esercitare il potere, quella remunerativa e quella punitiva.
E forse non è fuori luogo pensare che vi sia chi si curi di rapportarsi a tutte e tre con tanta, tanta, remissività, timoroso di non scontentare il colosso emiliano – ligure – piemontese.
Ma a vari esponenti della politica la scelta imposta unilateralmente da Lavarino, di tirarla per le lunghe con una discussione di fatto improduttiva (resa improduttiva anche e proprio dalla presenza di Echino) potrebbe aver avuto il fine surrettizio di portare per le lunghe la durata della discussione, affinchè non si arrivasse in tempo per discutere, oggi, l’altra iniziativa delle Opposizioni.
Cioè, la Mozione con cui gli si chiede di rinunciare all’incarico, visto come ci si è arrivati e considerando che, dopo il suo salto della quaglia dalla Lega a Fratelli d’Italia, non si sa più chi rappresenti: la maggioranza del Consiglio no di sicuro, perché non va dimenticato che fu eletto alla carica con soli 12 voti su 32.
Per ora, però, la discussione sugli altri punti va avanti e questo rischio dovrebbe essere scongiurato.
Aggiornamento ore 17 –
Sono definitivi i dati conseguenti alle indagini ambientali che Arpa Piemonte ha condotto in vari punti del quadrante territoriale interessato e tutti convergono nell’evidenziare una situazione sostanzialmente priva di pericolo per le ipotesi di inquinamento ambientale, dopo il grave incendio di stamane a San Pietro Mosezzo.
Si conferma anche la notizia della prima ora, che vedeva illesi tutti i Dipendenti al lavoro nella prima mattina di oggi, quando le fiamme si sono sprigionate dal punto di innesco.
Cliccando qui le conclusioni cui è giunta Arpa Piemonte.
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Anche i Vigili del Fuoco di Vercelli sono accorsi in aiuto ai Colleghi di Novara per fare fronte al vasto incendio che, dalla prima mattina di oggi, 29 marzo, sta attingendo i locali della Ditta Kemi srl di San Pietro Mosezzo, alle porte di Novara.
L’azienda – leggi qui – tratta prodotti chimici
Le dense volute di fumo sono visibili anche in tanti punti della provincia di Vercelli (qui sotto uno scatto da San Germano Vercellese)
e si attendono dalle Autorità informazioni circa la possibilità che i territori confinanti siano interessati o meno da propalazioni aeree di sostanze tossiche.
Aggiornamenti nelle prossime ore.
E ridono anche.
Sembrano contenti.
Del resto, perché no?!
I loro stipendi, nel giro di un anno, sono lievitati a livelli mai visti, ma il bello deve ancora venire, con decorrenza 2024:
il Sindaco ora prende 6 mila e rotti euro al mese, il vice l’80 per cento ed ogni Assessore (se prende l’aspettativa dal posto di lavoro, ovvero se è lavoratore autonomo) il 60 per cento del Sindaco.
E pensare che, nel 2018, cioè dichiarazione dei redditi dell’anno precedente a quello dell’ingresso in Giunta (2019), c’erano futuri Assessori che si dichiaravano in perdita ed altri, invece, belli belli, sostenevano di non essere neppure tenuti a presentare la dichiarazione.
Appena la Legge glielo ha consentito, si sono dati l’aumento – leggi qui – .
E qualcuno dice: vabbè, ma mica avrebbero potuto non prenderli, “dura lex, sed lex…” (e, mentre lo dicono, ridono).
E, invece, pare di no: perché, ad esempio, ci sono Amministrazioni in cui il Sindaco e gli Assessori, così come il Presidente del Consiglio Comunale, ci tengono a non cogliere la palla al balzo, che hanno rinunciato.
Possibile?!
Possibile.
Per esempio, al Comune di Verbania, l’Amministrazione del Sindaco Silvia Marchionini ha rinunciato.
Sentiamo dalla viva voce del Primo Cittadino quali sono le ragioni.
L’intervento parte da un’ora e 25 minuti dello streaming.
Ad un’ora e 27 minuti, Marchionini è proprio esplicita: “io non ce l’ho questa faccia”.
Ma siamo a Verbania, appunto.
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E, proprio grazie al Sindaco Marchionini, si viene a sapere anche un’altra cosa: non è vero, come certo story telling tenta di spacciare per buono, che questi aumenti siano interamente a carico dello Stato, quindi, tutto sommato, chi se ne frega.
Perché c’è l’8,5 per cento di Irap (ovviamente, sul lordo) che tira fuori il Comune.
I conti di cosa costino di sola Irap il Sindaco e 9 Assessori (otto perché l’On. Emanuele Pozzolo non è più a carico del Comune: l’indennità parlamentare assorbe tutte le altre) sono presto fatti.
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Oggi, dunque, anche perché ben pasciuti, sembrano tutti contenti.
Il Comune è Socio, insieme ad Iren spa, (40 per cento a Palazzo Civico, 60 al colosso emiliano – torinese – ligure) di Asm – Minerva – Atena che sta succhiando il sangue con le bollette del gas lievitate, da un anno all’altro, anche di quattro volte.
Famiglie, anziani pensionati monoreddito, piccole Imprese, Studi professionali sull’orlo di una crisi di nervi.
Qualcuno già oltre la soglia della disperazione.
I Soci sapranno cosa fanno le Aziende di cui fanno parte, come lavorano: si interesseranno.
Del resto, lo ha detto chiaro l’Assessore comunale al Bilancio e Partecipate (e dicesi: partecipate), Luigi Michelini, quando si è riunita la Prima Commissione, dove tutti hanno mostrato preoccupazione per un’emergenza che era già chiara.
Era il mese di gennaio scorso – leggi qui – .
Ebbene, il responsabile del Bilancio e Partecipate del Comune di Vercelli ha detto qualcosa che è suonato così: Signori cari, non offendetevi, ma è chiaro che qui nessuno ha le competenze per insegnare ad Atena quello che deve fare o non fare. Sanno loro.
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Sorprende ancor più la motivazione “ufficiale” che certi (es)temporanei reggitori della Cosa Pubblica, con i loro consoci, accampano per giustificare il fatto che Atena presenti tariffe del gas metano nettamente superiori (anche tre volte) quelle di altri Fornitori.
Suona più o meno così: vedete, Signori cari, noi abbiamo comprato il gas (la “molecola”, nel gergo tecnico) in un momento (agosto – settembre scorso) negativo, quando era tanto cara e c’era il timore di non trovarla nemmeno.
Sicchè, che volete, ora il risultati del nostro timore ve lo prendete voi sul coppino, mica possiamo rimetterci!
E già: l’Azienda dei Soci compra nel momento di mercato peggiore, ma poi vogliono comunque guadagnarci.
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Ma che se ne fanno di quei guadagni?
Si ripartiscono i dividendi.
Anche il Comune vuole la propria parte, naturalmente: anche il Comune e non solo Iren vuole il suo bel guadagno sulle forniture di gas, elettricità, acqua, sul servizio di nettezza urbana.
I Soci si ripartiscono i dividendi.
Sempre che Iren decida di darglieli ancora
(perché è il Socio di maggioranza che stabilisce se ed in che misura distribuirli – leggi qui – ).
Ma soprattutto – e qui viene il bello – Iren, dà anche un obolo per realizzare i balli a palchetto e le kermesse culturali organizzati dalla Giunta del Niente.
Sicchè la “tempesta” è perfetta.
L’illusione della GdN potrebbe seguire una siffatta “logica”: con i balli a palchetto e le mostre in Arca dò panem et circenses al popolo.
Il popolo plaude.
Il popolo mi voterà ancora nel 2024.
Chi mi dà i soldi per i balli a palchetto e le mostre?
Me li dà Iren.
Come fa Iren a guadagnare?
Facendo pagare il popolo.
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Adesso, con centinaia di famiglie e Imprese che arrancano e non sanno come fare, con lo spettro di “stacchi” e sospensioni del servizio, chissà come il popolo valuterà i fasti della mostra su Giacomo Manzù.
Come valuterà gli spettacoli (peraltro, in buona parte a pagamento, per chi vi assiste) estivi già entusiasticamente annunciati: il primo vedrà in Piazza dell’Antico Ospedale il leader dei Liftiba, Piero Pelù.
Entrambi grandi artisti, è vero.
Ma chi ha deciso le priorità?
Chi spiegherà (tenterà di spiegare) alla gente che sì, le bollette energetiche sono esplose. Che (a differenza di quanto sono stati in grado di fare gli altri Fornitori, la concorrenza) abbiamo comprato il gas nel momento peggiore del mercato. Che né Iren, né il Comune, vogliono però rinunciare ad un euro dei propri utili.
Anche perché, con quegli utili, pagano, tra l’altro, la mostra di Manzù e gli spettacoli d’Estate al Pisu.
Mostre e spettacoli generano (loro, evidentemente, sperano) consenso.
Il consenso (forse) genera voti.
I voti permetteranno, tra l’altro, di ricevere ancora, a Sindaco ed a nove (diconsi: nove) Assessori gli stipendi, cui, invece, a Verbania hanno rinunciato.
E se i soldi per la mostra in Arca e l’Estate all’ex parcheggione fossero stati destinati a compensare, per famiglie ed Imprese, gli aumenti del gas?
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Sull’argomento si registra una recente presa di posizione delle Opposizioni in Consiglio Comunale, che riportiamo integralmente di seguito.
Prendiamo atto dai giornali che ora, dopo essersi resi conto delle reazioni della cittadinanza rispetto al caro bollette, il Sindaco forse abbia finalmente deciso di attivarsi per discutere questa problematica con i vertici di Atena e con la sua maggioranza.
Quando lo scorso gennaio la minoranza aveva convocato una riunione di Commissione per approfondire il tema e cercare le soluzioni possibili, il rappresentante dell’Amministrazione presente, l’Assessore Luigi Michelini, si era limitato solamente ad affermare che nessun esponente politico avesse competenze per suggerire all’Azienda come muoversi e che eventuali azioni dell’Amministrazione sul tema si sarebbero valutate in futuro.
A tutto ciò si aggiunga, come emerso nella stessa riunione, la confusione che regnava in Atena, con il call center che forniva informazioni sbagliate e la carenza di comunicazione da parte della stessa società partecipata.
Il risultato, peraltro facilmente prevedibile, (facilmente prevedibile, evidentemente tranne che dall’Amministrazione), sono code infinite di cittadini infuriati agli sportelli di Corso Palestro, e migrazioni di massa ad altri Operatori da parte degli utenti Atena.
A giugno 2022, poi, in risposta ad un’interrogazione sul tema, il Comune affermava che si stava valutando
“l’opportunità di attivare interventi di solidarietà per fornire ulteriori forme di sostegno al pagamento delle utenze”.
Ad ora l’unico supporto previsto è quello derivante dalle bollette stesse dei cittadini vercellesi.
Da oltre un anno, quindi, la minoranza stimola l’Amministrazione a monitorare il problema, riconoscendone le complessità ma evidenziando come, proprio perché complessi, certi temi vadano affrontati in maniera coordinata e per tempo.
Di fronte a noi abbiamo trovato il vuoto, fin quando ora i problemi e le complessità si sono ripresentati davanti a tutti, maggioranza e Opposizione, ma, soprattutto, davanti ai Cittadini, ancora più grandi di quello che erano in origine.
Qualche mese fa commentando il tema avevamo affermato che se la politica è lungimiranza e capacità di affrontare le complessità, quella di questa Amministrazione non è politica, e lo confermiamo.
Dopo aver già sollevato il tema, proposto sgravi fiscali per le persone più fragili e invitato il Comune ad attivarsi per individuare azioni di sostegno, sicuramente agiremo in consiglio comunale fin da subito per spronare l’Amministrazione a risolvere il problema, tentando di disinnescare quella che rischia di diventare una vera e propria bomba sociale.
Gruppi Consiliari Partito Democratico, SiAmo Vercelli, Voltiamo Pagina e Michelangelo Catricalà (Gruppo Misto).
Aggiornamento ore 13 –
Era rientrato da poco in Italia Davide Frezzato, l’altra vittima dell’incidente stradale di stamane, a San Germano Vercellese.
Il giovane abitualmente e per motivi di lavoro era residente a Dubay.
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Aggiornamento ore 11,45 –
Con il passare delle ore dal momento del terribile sinistro stradale, trova conferma che una delle due persone decedute sia Giorgio Carando, 65 anni, residente a Tronzano Vercellese, Agente di Commercio; era alla guida del van Peugeot grigio che si intravede nella foto di apertura, vicino al furgone bianco.
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Aggiornamento ore 10,15 –
Il tragico bilancio dell’incidente stradale verificatosi stamane, 24 marzo, attorno alle 8, lungo la strada che da Vercelli porta a San Germano Vercellese, in prossimità del bivio che conduce ad Olcenengo ed alla Frazione Strella, è di due morti, due uomini, di 38 e 65 anni
Nel sinistro sono rimaste coinvolte tre vetture ed un furgone: la dinamica dei fatti è al vaglio delle Forze dell’Ordine.
Seguiranno aggiornamenti.
Sono stati protagonisti anche di questa bella mattina, che si è snodata dalla Caserma Scalise di Vercelli per l’alzabandiera,
per poi proseguire al Teatro Civico, per ascoltare il messaggio del Presidente della Repubblica ed una prolusione molto interessante, resa dal Prof. Orazio Paggi, su di un tema, invero non abbastanza frequentato “Cinema e Risorgimento”.
Il, 17 marzo, infatti, è la data in cui si commemorano l’Unità d’Italia, la Costituzione, l’Inno Nazionale ed il Tricolore.
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Oggi sono stati protagonisti, si diceva, i giovani: lo sono, del resto, da 200 anni e più.
Dai tempi della Costituzione di Cadice del 1812, ma soprattutto dal 1820 – 1823, la stagione dei Moti che pervase l’Europa dei popoli, antesignana senza parentela alcuna con quella odierna, delle burocrazie.
E poi il fremito decabrista, nella Russia del 1825.
Per lasciare il passo, tornando in Italia, alle tre Guerre di Indipendenza e, quindi, alla Prima Guerra Mondiale, con qualche ragione talvolta indicata come una sorta di “quarta” Guerra di Indipendenza.
E, infine, il grande disastro planetario del 1939 – 1945.
Protagonisti sempre i giovani, che hanno versato il sangue, hanno sopportato dolore, la vita in trincea, affrontando la morte.
E’ parso giusto, perciò, raccogliere ed offrire soprattutto le loro immagini, in questa giornata di commemorazioni mai scontate, che illustra una storia acquisita al nostro patrimonio seguendo questa lunga e due volte centenaria teoria di sacrificio, un sacrificio accettato pensando che un valore, su tutti, lo rendesse plausibile e, in qualche modo, ragionevole: l’indipendenza.
Prima ancora, con le Costituzioni, l’autodeterminazione dei popoli, cifra e canone di una convivenza civile desiderosa di darsi regole e vincoli capaci di porre il futuro al riparo dall’assolutismo.
E, prendendo in mano il proprio destino di uomini e donne, assicurare al proprio Paese, la condizione irrinunciabile di una “indipendenza” costruita sull’autonomia, di cui è esito maturo e definitivo.
Dopo tanto sangue versato da tanti giovani, lungo due Secoli, oggi il nostro Paese ha saputo conservare quella “indipendenza” conquistata a così caro prezzo?
E’ la domanda che la Storia consegna alla generazione che questa mattina ha parlato di sé al Teatro Civico, ha offerto a tutti i convenuti un saggio di quanto si impegna ed impara, in particolare al Liceo Musicale Lagrangia di Vercelli.
Nel nostro filmato possiamo ascoltare qualche scampolo: dall’Inno Nazionale, composto – per non smentirsi – da Goffredo Mameli, morto poco più che ventenne per difendere la Repubblica Romana.
Poi la celebre aria “Va pensiero”, che Giuseppe Verdi compose parlando del popolo eletto in esilio, ma con evidente allusività alla speranza di redenzione e, ancora, di “indipendenza” di quello italiano.
Lo stesso Verdi, peraltro, ben sapeva che, quando il suo nome veniva acclamato nei teatri, esclamando “Viva V.E.R.D.I.”, il popolo intendeva anche, certo, celebrare la sua arte, altresì esprimendo, un’idea ulteriore, in modo idoneo a sfuggire una censura incapace di decifrare quell’acrostico, in realtà pensato per racchiudere un’istanza di libertà: viva Vittorio Emanuele Re D’Italia.
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Ora vi lasciamo con il video e la gallery.
Un lungo ed impegnativo percorso accademico.
Studi importanti che hanno portato il giovane trinese Luca Volpato, a discutere la tesi di laurea magistrale in Ingegneria Civile e Strutturale alla Facoltà di Ingegneria dell’Università di Pavia.
Relatore il Ch.mo Prof. Ing. Guido Magenes.
Ieri, mercoledì 15 marzo, il gran giorno.
Con tanta emozione e, anche, con la consapevolezza di essere giunti all’appuntamento preparati.
E Luca ha ottenuto il risultato meritato: una votazione di 100 che da sola dice quanto impegno sia stato profuso non soltanto per preparare quel lavoro così significativo (il titolo della tesi dice tutto: ”Influenza del legame costitutivo delle fasce murarie nell’analisi pushover di modelli a telaio equivalente di edifici in muratura”) ma soprattutto lungo tutto il corso di studi.
Anche VercelliOggi.it partecipa al momento di gioia, non solo perché è sempre bello vedere un giovane che si affaccia alla vita professionale nel migliore dei modi, ma soprattutto perché Luca è figlio della nostra Collaboratrice Marilisa Frison, che i nostri Lettori ormai conoscono bene.
E non dimentichiamo, naturalmente, anche il papà, Gianni Volpato che spesso ci regala bellissimi scatti fotografici messi a repertorio grazie alla sua passione per la fotografia.
E, a proposito di hobbies extra lavoro, merita certo dire qualcosa di quello che il novello Ingegnere coltiva, anche in questo caso con intelligenza e passione.
Fin dagli anni giovanili, Luca è appassionato di cucina: gli piace fare il cuoco.
Se ne ricordano bene i Signori Giorgio Bonato e Sandra Chinelli, titolari del rinomato ristorante “Il Convento” di Trino.
E’ proprio la Signora Sandra a partecipare a tutti, su Fb in queste ore, un pensiero davvero delicato:
”Entrano nella tua vita giovanissimi e timidi con un ‘mi piace cucinare, vorrei provare, però continuerò i miei studi’ una sincerità che ti spiazza, ma senti che un’opportunità gliela puoi dare..”.
Una versatilità che l’ha portato a sperimentare le proprie capacità anche al pub “Beerhouse” di Casale Monferrato.
Ma, prima di tutto gli studi, certamente ed i risultati si sono visti.
Nei giorni scorsi è arrivata anche una offerta di lavoro da parte di un gruppo primario multinazionale, con oltre 80 anni di storia, che l’ha voluto con sé.
Dunque, in bocca al lupo, Ing. Luca, e tante sincere e sentite congratulazioni ai genitori Gianni e Marilisa: nella certezza che la Madonna continuerà a vegliare sul futuro del loro così meritevole figlio, lungo le strade della vita.
Oltre 150 coreografie mandate in scena da 35 Scuole di danza provenienti da tutta Italia.
Questi i primi e più significativi numeri che dicono, prima e forse meglio delle parole, i motivi del successo della terza edizione di Vercelli ‘in danza, la kermesse ideata e realizzata con coraggio e tenacia da Federica Rosso e dalla sua Scuola, la Dance Team di Vercelli.
Ieri, domenica, al Teatro Civico si sono alternati artisti giovani e giovanissimi, tutti preparati, che si sono esibiti di fronte ad un pubblico attentissimo e capace di apprezzare la grande valenza tecnica delle tante prove.
Domani potremo pubblicare le classifiche, con le motivazioni dei premi e l’importante “dote” delle borse di studio assegnate ai migliori: perché il premio più utile e costruttivo è quello che aiuta a proseguire, incoraggiando tanti ragazzi che ogni giorni si dedicano anima e corpo (è il caso di dirlo) ad una disciplina capace di unire all’immagine di una leggerezza come di farfalla, la fatica di un lavoro preparatorio esigente, talvolta duro.
Oggi vi lasciamo con questa prima gallery, a domani per il servizio completo.
La cronaca di oggi, 12 marzo, si apre con la notizia del sinistro stradale verificatosi attorno alle 15 di oggi, lungo la strada delle Grange, in territorio comunale di Lignana, nei pressi della Floricoltura Viaro.
Per cause che sono al vaglio degli Inquirenti (sul posto il Servizio 118, oltre ai Vigili del Fuoco ed i Carabinieri) una Jeep è finita fuori strada, rovinando nel cavo irriguo che costeggia la massicciata stradale, fermando la propria corsa contro il manufatto di un piccolo ponte in muratura che porta al piano di campagna: non sono coinvolte altre vetture.
Feriti e ricoverati all’Ospedale S.Andrea di Vercelli entrambi gli occupanti della vettura che, da prima sommarie informazioni, non risulterebbero in gravi condizioni.
Alpàa, quale futuro?
Una domanda che (non da) oggi molti si pongono.
Ma, come spesso capita, per immaginare il futuro, occorre conoscere il passato ed un modo plausibile per acquisire elementi oggettivi sulla manifestazione forse più importante della Valsesia, è quello di…lasciare parlare i numeri.
Che, anno dopo anno, sono stati scritti sui bilanci consegnati dal Comitato organizzatore al Comune di Varallo Sesia.
Si tratta di Atti tutti accessibili da qualsiasi cittadino, mediante le procedure che la Legge si preoccupa di mettere nella disponibilità di ciascuno, ai fini di assicurare la trasparenza su ogni aspetto nella vita di una Pubblica Amministrazione.
Dal Punto di vista dei conti, ecco, dunque, come è stata l’evoluzione della manifestazione dal 2009 al 2021: è sufficiente cliccare sul link che, anno per anno, rimanda al pdf con l’integrale del documento.
Manca il rendiconto dell’esercizio 2022, che presto sarà disponibile.
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Quello dei Bilanci di esercizio non è l’unico punto di vista, naturalmente, così come è altrettanto vero che sia uno dei più importanti, dal quale è difficile prescindere per qualsiasi soluzione i vari Attori del sistema (Privati, Enti Locali, Associazioni, gli stessi Cittadini) scelgano per un approccio oggettivo allo studio di soluzioni percorribili ed attuali.