Martedì 10 maggio Vincenzo Magnano di San Lio e Fulvio Mariani, soci del Lions Club Valsesia, hanno presentato il loro viaggio alla “fine del mondo”: isola di Pasqua e Patagonia, vissuto durante il mese di gennaio, in cui protagonista assoluta è stata la Natura.
Un ringraziamento particolare è stato riservato a Carlo e Pinuccia Bertona che hanno realizzato i filmati di presentazione con i commenti musicali, dedicandosi con grande professionalità e passione al montaggio.
Fulvio Mariani ha definito il viaggio all’isola di Pasqua il suo “sogno concretizzato”: “Sono partito dalla Valsesia il pomeriggio di Natale per raggiungere quello scoglio messo in mezzo all’Oceano Pacifico, dove tutto viene importato, compresa l’acqua potabile. Ho avuto per guida Pekati, una persona coinvolgente, di livello culturale molto elevato, che mi ha permesso di penetrare lo spirito del luogo e soprattutto comprenderne la separatezza”.
L’Isola di Pasqua si trova nell’Oceano Pacifico meridionale, a 3600 chilometri ad ovest dalle coste del Cile: appartiene politicamente, alla regione di Valparaiso, ha una popolazione di circa ottomila abitanti, dei quali tremila abitano nel capoluogo, Hanga Roa, ed è collegata con circa quattro ore di volo con Santiago del Cile dalla compagnia aerea LATAM. Venne scoperta dal comandante olandese Jacob Roggeven nella domenica di Pasqua del 1722.
In lingua nativa si chiama Rapa Nui, che significa grande rapa.
Il territorio dell’isola, la cui forma ricorda un triangolo isoscele, con la base di venticinque chilometri e i lati di diciassette, ha una superficie di 117 chilometri quadrati.
L’entroterra è prevalentemente collinare e dominato da tre coni vulcanici, Poike, Rano Kau e Terevaka, dei quali uno raggiunge l’altezza di 509 metri (il punto più elevato dell’isola), le coste sono invece abbastanza regolari, sebbene impervie, con rare spiagge sabbiose.
E’ uno dei luoghi più isolati del mondo, tanto che i primi abitanti svilupparono una propria cultura differente da qualsiasi altra ed il loro sistema di scrittura ideografico non ha alcun punto di contatto con altri.
Le lingue ufficiali sono lo Spagnolo ed il Rapa Nui, ma l’inglese è parlato comunemente.
L’isola è famosa per i siti archeologici che comprendono quasi novecento statue monumentali chiamate moai, scolpite dagli abitanti tra il XIII e il XVI secolo, figure umane caratterizzate da teste molto grandi, spesso appoggiate sopra imponenti piedistalli di pietra chiamati ahus.
Secondo gli abitanti della Polinesia, questo tipo di statue sono elementi di buon augurio e portano ricchezza e fortuna nelle zone in cui sono posti.
È per questo motivo che ogni statua presente a Rapa Nui guarda verso l’interno dell’isola, per proteggere gli abitanti e l’isola stessa.
La caldera di Rano Kau ospita un laghetto con numerose specie vegetali endemiche: “La vista panoramica dal bordo del cratere è assolutamente mozzafiato. Orongo, un antico villaggio non lontano dalla caldera di Rano Kau, è stato recentemente restaurato per dare un’idea di come gli antichi abitanti dell’isola vivessero nelle case di pietra. Ahu Tongariki è un altro spettacolare sito archeologico con molti moai posizionati in fila. Si apprezza particolarmente al tramonto”.
L’Isola di Pasqua è conosciuta per i suoi siti archeologici, che possono essere visitati in un paio di giorni pieni, ma Mariani ha deciso di prendersela comoda restando una settimana, riuscendo anche a rilassarsi nell’unica spiaggia agibile: Anakena una bella spiaggia di fine sabbia bianca: “Le leggi sulla protezione dei beni archeologici sono molto severe: non bisogna assolutamente uscire dai sentieri o peggio toccare statue o reperti, in quanto si rischiano multe salate o addirittura l’arresto”.
Il viaggio in Patagonia, terra che per la furia e lo splendore della sua natura vanta una mole immensa di pagine di scrittori, alpinisti ed esploratori, è durato un intero mese, condiviso da Fulvio Mariani con Vincenzo Magnano di San Lio, che hanno percorso in macchina più di settemila chilometri in un paese enorme, in cui non esiste copertura telefonica.
“In Patagonia, tra laghi simili al lago Maggiore, Garda e Como, case modello stile Sud Tirolo, boschi simili a quelli del Trentino, ci sentivamo a casa. Noleggiata l’auto abbiamo iniziato l’itinerario che ci eravamo proposti da San Carlos de Bariloche, che nel secondo dopoguerra divenne la meta preferita da ex gerarchi e collaborazionisti del regime nazista in fuga dall’Europa, grazie all’operato dell’organizzazione Odessa, a El Calafate (Perito Moreno), Punta Arenas (Cile),affacciata sullo stretto di Magellano, Ushuaia, Comodoro Rivadavia…”
Villa La Angostura, un tranquillo villaggio nel cuore della Patagonia, offre l’occasione perfetta per una fuga tra foreste incantate dal sapore alpino: “E’ tutto granito, non roccia calcarea come le nostre Dolomiti”.
Il ghiacciaio prende il suo nome da Francisco Moreno, “El Perito”, che giocò un ruolo importantissimo durante la delineazione dei confini internazionali tra Cile ed Argentina, naturalista, esploratore e geografo, esplorò terre sconosciute a quei tempi alle autorità ed è lui ad aver battezzato il Lago Argentino: “Patrimonio dell’ UNESCO dal 1981, il ghiacciaio Perito Moreno si trova nel Parco Nazionale Los Glaciares in Patagonia Argentina: con un’estensione di duecentocinquanta km², trenta km di lunghezza e un’altezza di 74 metri sopra la superficie del Lago Argentino (ma la parte sotto l’acqua ha un’altezza di 170 metri) il Perito Moreno è uno dei quarantotto ghiacciai alimentati dal Campo de Hielo Sur, la terza riserva d’acqua dolce al mondo, è da molti reputato, anche se non rientra nelle classifiche ufficiali, l’ottava meraviglia del mondo. Ho avuto la fortuna di filmare mentre un pezzo si staccava e cadeva nel mare con grande fragore: davvero un’esperienza indimenticabile. La sua principale particolarità è che il Perito Moreno è uno dei tre ghiacciai che (apparentemente) non si stanno ritirando: avanzando di circa due metri al giorno, ma perdendo una propria percentuale di ghiaccio attraverso la rottura di grandi parti del suo fronte, il ghiacciaio mantiene nel tempo le sue proporzioni di massa e grandezza”.
“Hanno preso il vescovo di Roma alla fine del mondo” furono le prime parole dell’arcivescovo di Buenos Aires Jorge Mario Bergolio, dalla finestra delle Benedizioni subito dopo l’elezione a Papa. Ushuaia è una località di villeggiatura argentina che si trova all’estremità meridionale del paese nell’arcipelago della Terra del Fuoco, soprannominato “la fine del mondo”.
Spesso battuta dal vento, Ushuaia è edificata su una collina scoscesa ed è circondata dai monti Martial e dal canale di Beagle: la cittadina è il punto di partenza per le crociere in Antartide e verso l’Isla Yécapasela, conosciuta come “l’isola dei pinguini” per la presenza di numerosi esemplari di questo animale, immortalati nelle immagini dei due fortunati viaggiatori
Dopo aver percorso quasi ottomila chilometri, l’avventuroso viaggio, si è concluso con quattro giorni di riposo a Rio de Janeiro, riposandosi sulla splendida spiaggia di Ipanema.
E’ stato chiesto a Vincenzo Magnano di raccontare qualche singolarità dello straordinario viaggio: “Gli Argentini per il 70% sono di origine italiana, i Cileni sono molto più rustici, più duri. Nei due paesi esiste la proibizione assoluta di importare generi alimentari ed i controlli sono molto severi: il ritrovamento di una mela nelle nostre valigie, rischiò quasi di causare un incidente diplomatico. Il Cile è il secondo produttore mondiale di ciliegie: era la stagione giusta, le acquistammo, ma fummo costretti a consumarle tutte prima di rientrare in Argentina”.
Ai due soci è stato sono stati offerti il guidoncino e due bottiglie di vino di Ghemme DOCG.
Lunedì 22 maggio, alle 10, il socio Lions Generale Dario Temperino, al Salone del Libro, presso lo Stand del Lions, presenterà i suoi tre romanzi: Collegio, ricordi di un orfano, La coppola e Amara terra.
Redazione di Vercelli