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“LE DEPORTAZIONI A VERCELLI E NEL VERCELLESE”  - Conferenza di Alberto Lovatto (ISTORBIVE) all’Istituto Superiore Lagrangia per il Giorno della Memoria          

Lorenzo Pes a nome delle alunne e degli alunni ringrazia il professor Lovatto per aver trattato un capitolo devastante della Storia e per aver esortato a non dimenticare

Vercelli Città

Il 27 gennaio ricorre il Giorno della Memoria, istituito dal Parlamento italiano con la legge n.211 del 20 luglio 2000, quindi ratificato dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 1° novembre 2055.

La data è stata scelta nel ricordo dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, che pose fine alla Shoah, lo sterminio e le persecuzioni del popolo ebraico, per “conservare nel futuro dell’Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinché simili eventi non possano mai più accadere”.

Sono trascorsi quasi 23 anni dall’emanazione di quella legge ed oggi, 27 gennaio 2023, all’Istituto Superiore Lagrangia di Vercelli, la classe V A e IV B del Liceo Economico-Sociale insieme ai suoi docenti rende onore e non dimentica.

Con noi c’è il professor Alberto Lovatto, ex insegnante e dirigente ma anche scrittore e ricercatore dell’Istituto per la Resistenza e la Società Contemporanea nel Biellese nel Vercellese e in Valsesia.  Ripercorriamo con lui un capitolo devastante della Storia che, come ripete più volte, “dobbiamo conoscere e ricordare”: la deportazione a Vercelli e nel Vercellese.

Durante la conferenza ci sembra di tornare indietro nel tempo e il professore si sofferma sul significato della data scelta per il Giorno della Memoria: prima di arrivare a definire il disegno di legge 211, si è a lungo dibattuto su quale dovesse essere considerata la data simbolica di riferimento.

Erano emerse in particolare due opzioni: il 16-17-18 ottobre, data del rastrellamento del ghetto di Roma, giorno in cui oltre mille cittadini italiani di religione ebraica furono catturati e deportati dall’Italia ad Auschwitz, o il 5 maggio, anniversario della liberazione di Mauthausen, per ricordare la storia dell’antifascismo e delle deportazioni politiche in Italia.

Infine si è optato per il simbolo universale della tragedia ebraica durante la seconda guerra mondiale cioè il giorno della liberazione di Auschwitz, da parte dell’esercito sovietico, avvenuta appunto il 27 gennaio 1945.

Il professor Lovatto ricorda che sono più di 38.994 i deportati italiani di religione ebraica, tra loro anche ebrei stranieri che si trovavano in Italia temporaneamente, e 23.826 perché oppositori al regime fascista.

Ci racconta che sono moltissimi i vercellesi, i biellesi, i valsesiani deportati nei lager nazisti e si è soffermato sulla storia di alcune di queste famiglie.

Ci mostra le fotografie di alcune giovani donne, vediamo i loro volti sorridenti, riusciamo ad immaginarci le vite che conducevano e le speranze che portavano nel cuore.

Ma quelle speranze vengono infrante di lì a poco.

Dei 605 deportati da Vercelli a Milano faranno ritorno in 20.

Per farci capire meglio la portata di questa tragedia si sofferma solo su alcuni casi specifici: perché dal ‘particolare’ noi si possa imparare l’ ‘universale’

Osserviamo la fotografia di Delia Segre, una bella signora vercellese di religione ebraica.

Tutti i suoi parenti scappano prima dell’8 settembre del 1943, ma lei conosce il tedesco, forse si sente sicura di questo, così resta a Vercelli, ma pochi giorni dopo viene arrestata, condotta prima nel carcere di Torino, poi in quello di Milano ed infine deportata ad Auschwitz.

Da quel luogo di devastazione non farà più ritorno.

Alle vercellesi Annetta Segre e Enrichetta Jona tocca la stessa terribile sorte, saranno deportate e non sopravviveranno, come molti altri della loro Comunità, quasi tutti.

Anche a Biella e nei paesi vicini i rastrellamenti sono numerosi, così vengono arrestate e deportate “nella fabbrica della morte” Lina Zargani ed Elvira Vitale.

Leone Lattes, torinese, tenta di scappare, fugge in Valsesia, ma viene arrestato a Ronco Biellese nel 1943, è deportato ad Auschwitz, non sopravviverà.

Il professore ci racconta di Vittorino Novelli, un ragazzo di Postua, che viene arrestato durante un rastrellamento, prima viene condotto nel carcere di Biella e poi trasferito in quello di Torino, sarà deportato a Mauthausen, è uno dei pochi sopravvissuti.

“Per comprendere la complessità di questo evento storico così disumano bisogna soffermarsi e riflettere, analizzare” è su questo che insiste Lovatto durante la conferenza.

Le sue affermazioni ci ricordano le parole di Liliana Segre, ma anche quelle di Elisa Springer, scrittrice e superstite dell’Olocausto: “Oggi più che mai, è necessario che i giovani sappiano, capiscano e comprendano: è l’unico modo per sperare che quell’indicibile orrore non si ripeta, è l’unico modo per farci uscire dall’oscurità”.

Per capire, per ricordare e non dimenticare – continua il professor Lovatto dobbiamo essere come Odisseo o come Daniel Mendelsohn, autore de “I sopravvissuti” che ha cercato «i “suoi” sei parenti tra i sei milioni di scomparsi». Perché Mendelssohn un giorno decide di saperne di più sulla sparizione di un ramo della famiglia completamente inghiottito dalla macchina dello sterminio nazista. Dei suoi famigliari restano solo fotografie sbiadite, nomi riportati in qualche elenco, ma quello di cui si fa carico Mendelsohn – ci spiega il nostro relatore – non è solo un viaggio della memoria, è una vera e propria Odissea, un ritorno alle proprie radici, là dove le radici sono state brutalmente strappate, dove un intero popolo, con la sua lingua, le sue tradizioni, i suoi villaggi, è stato annientato come non fosse mai esistito”.

Queste parole ci colpiscono profondamente e ci permettono di capire cosa significhi quando si parla di “dovere” della memoria.

Siamo noi, nuove generazioni, che dobbiamo ricercare in noi stessi quella stessa “sete di conoscenza” che hanno avuto Odisseo e Mendelsohn.

Non fate scendere l’oblio su questo tratto di Storia”, ci esorta lo scrittore, perché il 27 gennaio deve essere un giorno che ricordi la vita di persone innocenti, quella vita che l’odio ha voluto cancellare, ma che noi non smetteremo di raccontare”.

Ringraziamo il professor Lovatto per averci permesso di conoscere, più da vicino, le vite di questi nostri concittadini e per averci esortato a non dimenticare.

Grazie alla nostra insegnante di lettere e storia, la professoressa Elisabetta Dellavalle, al nostro Dirigente Giuseppe Graziano e all’ISTORBiVE che hanno permesso questo importante incontro.

Lorenzo Pes a nome delle alunne e degli alunni della V A e la IV B del Liceo Economico – Sociale dell’Istituto Superiore L. Lagrangia di Vercelli

Redazione di Vercelli

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