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Ti benedica il Signore e ti custodisca.

IN PRINCIPIO ERA IL VERBO - Letture dalla Liturgia nelle Solennità di Maria Santissima Madre di Dio - "Quando venne la pienezza del tempo" - Audiovideo con Padre Roberto Pasolini - Commento a cura della Prof. Elisabetta Acide - 

Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare quelli che erano sotto la Legge

Dal libro dei Numeri
Nm 6,22-27

Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla ad Aronne e ai suoi figli dicendo: “Così benedirete gli Israeliti: direte loro:
Ti benedica il Signore
e ti custodisca.
Il Signore faccia risplendere per te il suo volto
e ti faccia grazia.
Il Signore rivolga a te il suo volto
e ti conceda pace”.
Così porranno il mio nome sugli Israeliti e io li benedirò».

Dal Sal 66 (67)

  1. Dio abbia pietà di noi e ci benedica.

Dio abbia pietà di noi e ci benedica,
su di noi faccia splendere il suo volto;
perché si conosca sulla terra la tua via,
la tua salvezza fra tutte le genti. R.

Gioiscano le nazioni e si rallegrino,
perché tu giudichi i popoli con rettitudine,
governi le nazioni sulla terra. R.

Ti lodino i popoli, o Dio,
ti lodino i popoli tutti.
Ci benedica Dio e lo temano
tutti i confini della terra. R.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Gàlati
Gal 4,4-7

Fratelli, quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare quelli che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l’adozione a figli.
E che voi siete figli lo prova il fatto che Dio mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, il quale grida: «Abbà! Padre!».
Quindi non sei più schiavo, ma figlio e, se figlio, sei anche erede per grazia di Dio.

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 2,16-21

In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro.
Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.
I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.
Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.

***

UN PENSIERO SULLA PAROLA, A CURA DELLA PROF. ELISABETTA ACIDE

Se l’anno liturgico s’ inizia con il tempo di avvento, l’anno civile s’ inizia con una “benedizione”.

Un straordinaria benedizione, secondo la tradizione rabbinica, questa formula veniva pronunciata per la benedizione del popolo, ogni giorno, dopo il sacrificio della sera, era la benedizione di Dio per il suo popolo, data ad Aronne per  i suoi discendenti (prima lettura).

Ancora un fatto “nel deserto”.

La birkat ha-kohanim, la benedizione sacerdotale, è ben nota e familiare a ogni ebreo che frequenti la sinagoga.

La benedizione per il bene.

Dio benedice.

La benedizione (berakah) invocata da Dio rappresenta una parola efficace che conferisce benessere e felicità.

Pochi versetti ma ricchi e “consolanti”.

Con la triplice menzione del nome di Dio, anche se non è “chiamato” “per nome”.

Il nome di Dio, che sappiamo gli ebrei non pronunciano, qui chiamato Signore, è Colui che si fa “vicino”, si fa “accanto”, si fa “consolatore”, si fa “custode”, si fa “compagno di strada” con il suo volto splendente e la sua Grazia, si fa “donatore di pace”.

Pochi versi eppure una benedizione che racchiude l’intera storia biblica, dalla creazione: Dio si “fa bene” per l’uomo, concede benedizione, come in quella creazione quando vide che era cosa buona e “benedice”.

Dio fa “brillare” il suo volto, non perchè l’uomo ne rimanga “abbagliato”, ma perché l’uomo “lo veda” accanto a sé, perché l’uomo non si senta solo, perché l’uomo non si senta abbandonato e smarrito, ma “veda la luce”.

Un volto di Dio che si “eleva”, per “essere visto”, per “guardare”, per “volgere il volto” alla creatura amata, perché non vada perduta, perché non si smarrisca.

Se il volto di Dio è “nascosto”, l’uomo brancola nel buio e nelle tenebre, l’uomo si smarrisce, l’uomo vive le sue miserie.

Dio “rivolge” il volto all’uomo, volge e rivolge e anche quando l’uomo “si volta dall’altra parte”, Dio non smette di “volgere” il suo volto all’uomo.

E’ lì il volto di Dio, lì nella sua splendida luce, lì nella sua enorme pazienza, lì nella sua eterna Presenza, lì nella sua immutabile bontà…

E’ lì Dio, anche quando l’uomo nasconde lo sguardo, Dio continua a ri-volgere, volgere nuovamente, continuamente lo volge e ri-volge… Dio guarda e cerca, senza fine, senza stancarsi.

Importante ricordare che la traduzione corretta richiederebbe il plurale: “volti”, la parola ebraica Panim ha solo l’uso del plurale.

Un Dio dai “diversi volti”, che richiama quel bellissimo versetto del Salmo 119,105 “Lampada per i miei passi è la tua parola e luce sul mio cammino”.

La Parola che rivela i “volti di Dio”, che “guida” con la sua efficacia il cammino.

Dio “custodisce”, come l’uomo “custodiva” la creazione, così Dio “custodisce” le creature.

E Dio promette Pace: Shalom.

Notiamo un “crescente” in questi versetti in successione, che portano alla Pace.

Dio della Pace per l’uomo.

Quella pace che è promessa di vita.

Nella tradizione ebraica, in sinagoga, la benedizione del libro dei Numeri riportata dalla liturgia odierna, ha una sua indicazione specifica: le braccia vanno stese e le mani devono essere posizionate nella prescritta posizione in modo tale che tra le dita divaricate risultino 5 spazi.

Le interpretazioni di questa indicazione sono diverse, mi piace particolarmente quella che fa riferimento al versetto di Ct 2,9 : “Il mio amico è simile a un cerbiatto o a un capriolo, ecco che sta dietro il nostro muro, che guarda dalle finestre, sbircia dalle fessure”.

Attraverso le “fessure” delle mani “passa” la benedizione divina, la benedizione che concede la pace per l’uomo e il mondo.

Pace che è la “sintesi” di ogni bene.

Pace che è alleanza (berit) con Dio, ma anche con l’uomo.

Solennità e semplicità per ciò di cui ha bisogno l’uomo: protezione, volto consolante di Dio, pace come “pienezza” di ogni bene.

Tutti, sempre, abbiamo bisogno di pace.

Una pace “senza indugio”, come trovarono quei pastori in quella notte (Vangelo).

Senza indugio”, con la fretta di chi ha compreso che “Dio si avvicina”.

“Senza indugio”, non con la fretta della “frettolosità”, ma con il desiderio di “andare”, di “camminare”, di “incamminarsi”.

“Senza indugio”, perché hanno bisogno di condividere e dopo aver “visto”, “riferirono”.

Sono i verbi del “movimento”, sono i verbi “della strada”, sono i verbi di chi non può “star fermo”… sono gli stessi verbi che “mossero” Maria verso la Giudea, per raggiungere Elisabetta.

“E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro”.

Vanno senza indugio e subito… diventano missionari.

“Udivano” le cose dette dai pastori.

Pastori testimoni credibili. Non ascoltano solo i racconti, “odono”, ascoltano con interesse.

Un annuncio che li ha fatti muovere di notte, un annuncio che li fa muovere “senza indugio”.

Hanno “udito e visto”  ed hanno “provato” la pace.

“E Maria custodiva”.

Non ha fretta Maria di comprendere, attende, medita, ascolta, custodisce…

Maria conserva senza fretta parole, gesti, azioni…

Maria “custodisce” il racconto dei pastori, non avanza domande o interrogativi, li guarda, si fa ascoltatrice del loro racconto, di quella “luce” e quella “voce” mentre vegliavano le veglie”, di quei “canti”.

Maria “custodisce”, “conserva”, forse non “sussulta”, ma “recepisce”, osserva, guarda, “immagazzina” ogni cosa… e medita, pensa, assorbe…

Maria ascolta e prega.

“Custodisce” perché sa che non occorre avere fretta, non serve tutto e subito, Dio ha il suo piano, i suoi “tempi” e la persona deve imparare a “conservare” per poter meditare e far “scendere nel profondo”.

Maria “custodisce” perché medita, perché sa che capirà, sa che Dio aiuterà la sua “meditazione”.

La parola meditazione ci aiuta a comprendere Maria: l’azione di mettere insieme, di saper accostare, ponderare, riflettere, contemplare, soffermarsi, considerare.

La parola ha una sua origine latina: meditari, frequent. di mederi “curare”, raccostato nel significato greco: μελετάω “curarsi di qualche cosa”.

Ho “cura” delle cose che conservo, che diventano pensieri, che diventano riflessione, che diventano contemplazione, perché scendono nel cuore, sedimentano e si trasformano in preghiera.

“Custodisce” e diventa “preghiera” nel tempo.

E chi medita ha un cuore che ascolta.

“Si stupirono” coloro che udirono quando a loro raccontato dai pastori.

Lo stupore e la meraviglia che vengo da un annuncio gioioso, che vengono da un annuncio “credibile”, che vengono da una “parola” di verità.

Condividono il pastori e creano “stupore”: la Parola di Dio non lascia mai indifferenti, “parla”, “racconta”, “vive”.

I pastori suscitano “stupore”, non ammirazione, suscitano interesse, i pastori riempiti di gratitudine per l’esperienza ricevuta e vissuta, non la “trattengono”, la condividono, l’annunciano.

L’evangelista Luca usa il verbo “stupirsi” in diverse occasioni nel suo Vangelo: è la “reazione” all’azione di Dio: Dio è “presente” e io mi “stupisco”, sono meravigliato e tutto mi appare in una “luce diversa”.

L’esperienza della fede che non lascia indifferente, La Parola annunciata che trasforma, accolta va “portata”, con anelito missionario, con la “prossimità” del desiderio di comunicare ciò che “ho ricevuto”.

Come i pastori diventiamo missionari nella prossimità, diventiamo annunciatori senza indugio, diventiamo “diffonditori” della Parola, nel “nome di Gesù”, quel “nome” che era stato comunicato a Maria: “Dio salva”.

Annunciamo la “salvezza” che è venuta e che verrà.

Andata e ritorno: la missione non lascia “indifferenti”, è fatta di annuncio, è fatta di incontri, e non si torna mai come si è partiti, si torna “trasformati”, “ glorificando e lodando Dio”.

Come Maria “conserviamo” e “meditiamo”, proviamo a “mettere nel cuore” le Parole di Dio perché vivifichino nella nostra vita.

Come Maria diventiamo “ascoltatori” attenti, “ascoltatori” vivi, “ascoltatori” che pongono vicino al cuore e trasformano in preghiera le Parole ricevute per poterle comprendere alla luce della Risurrezione.

Quell’annuncio che ci farà comprendere ciò che viene affermato da San Paolo (seconda lettura): “mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, il quale grida: Abbà! Padre! Quindi non sei più schiavo, ma figlio e, se figlio, sei anche erede per grazia di Dio.”

Quell’ “Abbà” che ci fa nascere come figli, che ci fa “entrare nell’Amore”, quell’ “Abbà” che ci dà la consapevolezza di “riconoscerci”, non solo “creati”, ma anche “amati”, “abitati” da quell’Amore che illumina la nostra comprensione e la apre all’Amore.

Ecco perché siamo “liberi”, di amare, di riconoscerci, di sperare, di annunciare, di conservare nel cuore…liberi di ri-conoscerci con la nostra dignità, figli ed eredi con quel battesimo, di un Padre che dona la “vita divina”.

Figli non più “soggiogati” (sotto il giogo) alla legge, ma “liberati” da quel Figlio nato da donna, incapaci di “ri-conoscere”, sotto gli elementi del mondo, ma “liberati” perché figli nel Figlio, fratelli del Figlio.

Figli con quel Figlio “nato da donna”, uomo con Padre divino, “mandato”, in “missione” per volere divino.

Un Dio “prossimo” per liberarci.

Per “donarci”, attraverso lo Spirito, ciò che per il Figlio è “natura”: “eredità” di ciò che per il Figlio è natura, per ogni uomo è “per Grazia”.

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