VercelliOggi
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dal seno dell'aurora, come rugiada, io ti ho generato

IN PRINCIPIO ERA IL VERBO - Letture dalla Liturgia nella Solennità del Corpus Domini - «Voi stessi date loro da mangiare» - Commento delle Suore Carmelitane di Biella - Video omelia di Don Fabrizio Centofanti

Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga.

Provincia di Vercelli

Dal Libro della Genesi, Cap. 14, 18 – 20

In quei giorni, Melchìsedek, re di Salem, offrì pane e vino: era sacerdote del Dio altissimo e benedisse Abram con queste parole:
«Sia benedetto Abram dal Dio altissimo,
creatore del cielo e della terra,
e benedetto sia il Dio altissimo,
che ti ha messo in mano i tuoi nemici».
E [Abramo] diede a lui la decima di tutto.

Dal Salmo 109

Oracolo del Signore al mio signore:
«Siedi alla mia destra
finché io ponga i tuoi nemici
a sgabello dei tuoi piedi».

Lo scettro del tuo potere
stende il Signore da Sion:
domina in mezzo ai tuoi nemici!

A te il principato
nel giorno della tua potenza
tra santi splendori;
dal seno dell’aurora,
come rugiada, io ti ho generato.

Il Signore ha giurato e non si pente:
«Tu sei sacerdote per sempre
al modo di Melchìsedek».

Dalla Prima Lettera di San Paolo Apostolo ai Corinzi, Cap. 11, 23 – 26

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi.
Fratelli, io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me».
Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me».
Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga.

Sequenza

Ecco il pane degli angeli,
pane dei pellegrini,
vero pane dei figli:
non dev’essere gettato.

Con i simboli è annunziato,
in Isacco dato a morte,
nell’agnello della Pasqua,
nella manna data ai padri.

Buon pastore, vero pane,
o Gesù, pietà di noi:
nutrici e difendici,
portaci ai beni eterni
nella terra dei viventi.

Tu che tutto sai e puoi,
che ci nutri sulla terra,
conduci i tuoi fratelli
alla tavola del cielo
nella gioia dei tuoi santi.

Dal Vangelo secondo San Luca, Cap. 9, 11 – 17
In quel tempo, Gesù prese a parlare alle folle del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure.

Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta».
Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». C’erano infatti circa cinquemila uomini.
Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». Fecero così e li fecero sedere tutti quanti.
Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla.
Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.

***

UN PENSIERO DALLA SUORE CARMELITANE DEL MONASTERO MATER CARMELI DI BIELLA

(Gn 14,18-20; 1 Cor 11,23-26; Lc 9,11-17)

Gesù parte per ritirarsi a Betsaida e far riposare i suoi discepoli rientrati dalla missione, ma giunti a destinazione ecco sfumata la possibilità del riposo: una marea di gente li aveva preceduti. Gesù invece di provare sentimenti di impazienza e di fastidio, senza condannare o respingere quell’inseguimento, accoglie le folle annunciando il regno di Dio e guarendo chi è nel bisogno. Si arriva al declinare del giorno e i discepoli con praticità suggeriscono a Gesù di congedare la folla, poiché si trovano in una zona deserta, senza possibilità di alloggiare e trovare cibo. Gesù non accondiscende al legittimo invito dei suoi e, invece, di mandar via la folla, dice di farla sedere e coinvolge i discepoli in una risposta impensata. Senza considerare l’inospitalità del luogo, la scarsità assoluta dei mezzi, Gesù stimola la disponibilità alla condivisione e sprona a mettersi in gioco. “Date loro voi stessi da mangiare”, una frase che spiazza e, mentre da una parte chiede il coinvolgimento degli apostoli, dall’altra ricorda che l’unico vero dono nella vita è dare se stessi, fare della propria vita un dono per gli altri.

Materialmente la richiesta è decisamente illogica, non ci sono che cinque pani e due pesci (il pane e il pesce in salamoia, era il cibo che solitamente si portava quando si era in viaggio); in realtà Gesù chiama a scoprire e vivere un’altra logica. Gesù non moltiplica, non compie un gesto magico con soluzione spettacolare, ma “prende, benedice, spezza e dona”, sono i verbi dell’Eucaristia, verbi che indicano il dono, la condivisione e circolarità dell’amore.

Il discepolo, ognuno di noi, è invitato a entrare in questa logica, siamo chiamati a ricevere e donare, distribuire e condividere quello che abbiamo ricevuto. Impariamo dal vangelo che siamo servi del pane di vita e che Gesù ci chiede di offrire e distribuire questo pane a tutti coloro che ne chiedono. A un pio israelita risalterebbe in questo racconto una grave omissione: perché Gesù non chiede alla folla di purificarsi (rito importante nel pasto giudaico) per essere degna di mangiare questa cena?

Luca sta comunicando la grande novità di Gesù di Nazareth: la religione insegnava che l’uomo doveva purificarsi per accogliere Dio, il vangelo sarà la bella notizia che accogliendo il Signore si è purificati (Paolo De Martino). “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati” (Mt 9,12).

Il Vangelo ci aiuta anche a valorizzare tutto ciò che sembra piccolo e senza importanza: le piccole cose di ogni giorno, se fatte con amore diventano grandi, moltiplicano il bene che rinnova e fa crescere noi stessi e molti altri nella via di quella bella umanità che Gesù è venuto e sempre viene a insegnarci e donarci.

“Un solo corpo, un solo spirito come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione” (Ef 4,4-16).

Tutti fondamentalmente siamo accomunati, diventiamo un solo corpo e un solo spirito nel rispondere alla stessa chiamata ad amare, a dare noi stessi da mangiare, a diventare anche noi l’Eucaristia che riceviamo, pane di vita prontamente dato e condiviso con tutti.

Le Sorelle Carmelitane

Monastero Mater Carmeli – Biella Chiavazza 

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