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Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa

IN PRINCIPIO ERA IL VERBO - Letture dalla Liturgia di Domenica 18 giugno 2023 - "Vedendo le folle, ne sentì compassione" - Commento a cura della Prof. Elisabetta Acide - Video omelia di Padre Fernando Armellini

Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi.

Dal Libro dell’ Esodo, Cap. 19, 2 – 6

In quei giorni, gli Israeliti, levate le tende da Refidìm, giunsero al deserto del Sinai, dove si accamparono; Israele si accampò davanti al monte.
Mosè salì verso Dio, e il Signore lo chiamò dal monte, dicendo: “Questo dirai alla casa di Giacobbe e annuncerai agli Israeliti: “Voi stessi avete visto ciò che io ho fatto all’Egitto e come ho sollevato voi su ali di aquile e vi ho fatti venire fino a me. Ora, se darete ascolto alla mia voce e custodirete la mia alleanza, voi sarete per me una proprietà particolare tra tutti i popoli; mia infatti è tutta la terra! Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa””.

Dal Salmo 99

Acclamate il Signore, voi tutti della terra,
servite il Signore nella gioia,
presentatevi a lui con esultanza.

Riconoscete che solo il Signore è Dio:
egli ci ha fatti e noi siamo suoi,
suo popolo e gregge del suo pascolo.

Buono è il Signore,
il suo amore è per sempre,
la sua fedeltà di generazione in generazione.

Dalla Lettera di San Paolo Apostolo ai Romani, Cap. 5, 6 -11

Fratelli, quando eravamo ancora deboli, nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi.
Ora, a stento qualcuno è disposto a morire per un giusto; forse qualcuno oserebbe morire per una persona buona. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi.
A maggior ragione ora, giustificati nel suo sangue, saremo salvati dall’ira per mezzo di lui. Se infatti, quand’eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più, ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita. Non solo, ma ci gloriamo pure in Dio, per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, grazie al quale ora abbiamo ricevuto la riconciliazione.

Dal Vangelo secondo Matteo, Cap. 9, 36 – 10, 8

In quel tempo, Gesù, vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. Allora disse ai suoi discepoli: “La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe perché mandi operai nella sua messe!”.
Chiamati a sé i suoi dodici discepoli, diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità.
I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello; Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello; Filippo e Bartolomeo; Tommaso e Matteo il pubblicano; Giacomo, figlio di Alfeo, e Taddeo; Simone il Cananeo e Giuda l’Iscariota, colui che poi lo tradì.
Questi sono i Dodici che Gesù inviò, ordinando loro: “Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele. Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”.

***

UN PENSIERO SULLA PAROLA A CURA DELLA PROF. ELISABETTA ACIDE

Un popolo “accampato” nel deserto (prima Lettura, Es 19,2-6) e Mosè inviato “dirai…” un Dio che ha ali d’aquila per “trasportare”, un Dio che libera e che interviene per il suo popolo, un Dio che non trascura, che porta al sicuro, come quei nidi sui monti…un Dio che promette e mantiene, che ha stipulato una alleanza, non un trattato, ma un rapporto da persona a persona, con un popolo libero.

Il popolo scelto come atto d’amore, atto di grazia che è missione: annunciare Dio e la sua volontà di salvezza per tutti i popoli.

Dio chiama e sollecita, ma lascia libertà e scelta.

E allora si eleva un canto di rendimento di grazie, di gioia, una lode a Dio: il Salmo 99 ci parla della fede nel Signore buono, che ama di un amore eterno, un Dio unico che non abbandona.

Obbedire al disegno di Dio: quanto è importante per l’uomo questo.

Un disegno di amore per l’uomo e, spesso, questo uomo non riesce a scorgerlo.

Il salmista invita tutti i popoli ad acclamare e riconoscere Dio, a servirLo con la gratitudine di chi si sente amato e salvato. Un gregge condotto su pascoli buoni e verdeggianti, perché il pastore buono, per il suo popolo, sceglie i pascoli migliori.

E quelle pecore, rimaste senza pastore, suscitano “compassione” in Gesù. (Vangelo di S.Matteo, 9,36-10,8).

Quella folla “smarrita”, “stanca” e “sfinita” che non trova pascoli, che va errante, che ha “perso” il pastore… “smuove” il cuore del Pastore.

Smuove… scuote… suscita compassione.

Compassione: un dolore per il dolore, una sofferenza per la sofferenza.

Gesù ha “compassione” per quella folla, immensa, abbondante, senza pastore e senza agricoltore che si prende cura di lei.

Una folla smarrita e confusa.

Messe sconfinata e sterminati campi, germogli che devono spuntare, gemme che devono sbocciare, erbacce da estirpare, campi da curare, infiniti, che possono far spuntare raccolti abbondanti…

E gli operai?

La messe è molta… gli operai pochi…

Il Vangelo ci parla degli Apostoli. Una parola “nuova”, importante.

Chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede il nome di apostoli” (Lc 6,13)

Apostolo significa inviato, ossia rappresentante con gli stessi poteri di chi lo invia.

Vita comune ed invio, predicazione.

Una “istituzione” che nasce dalla “compassione” per quella folla stanca e smarrita, una compassione che ha bisogno di creare “comunità ed unità”.

Nell’Antico Testamento Dio si serve dei Profeti, ora Gesù si serve degli Apostoli; una “idea nuova” quella di Gesù: costituire la Chiesa, il nuovo popolo di Dio.

Belle le parole di Gesù, cariche di quella compassione che è chinarsi sulle fragilità dell’uomo, che è prenderle su di sé per lenirle, per guarirle, per sollevarle, una “compassione” che è per tutti.

Gesù è preciso: “predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”, abbiate compassione di tutti gli uomini, di tutte le loro sofferenze, di tutte le lacrime, di tutte le solitudini, di tutte le aridità, di tutte le impurità, di tutti i cuori sanguinanti, di tutte le stanchezze, di tutti i mali di tutte le paure…di tutti i peccati. Di tutte le persone.

Sollecitudine.

Gratuità.

Compassione.

Passione di vicinanza.

Un verbo splanchnizomai che è un verbo di “movimento”.

Andate, gettate quel seme, coltivate e mietete quel grano, una messe abbondante.

Parlate a mio nome.

Prendetevi cura dell’uomo, come ha fatto Dio.

Abbiate le mie gambe, le mie braccia, la mia voce.

Operai nella messe, uomini e donne di compassione.

In quella messe sterminata, in quelle zolle, in quella erba incolta, in quel terreno che ha bisogno di acqua e di lavoro… Dio vede già i frutti, i fiori, le spighe di grano, maturo, abbondante, che biondeggia al sole…

Dio ha occhi di compassione, ha “visioni” di frutti, di spighe, di grano maturo, ha le “viscere scosse” per l’uomo.

Una “messe abbondante”, il grano maturo, gli uomini “maturi”.

Dio ha tenerezza per l’uomo.

Dio ha uno sguardo “positivo” sull’uomo, “vede” la messe abbondante.

E anche noi impariamo a “vedere” con gli occhi di Dio: abbiamo ricevuto e diamo.

Gli apostoli hanno “visto” e “conosciuto” la gratuità dell’Amore ed anche noi “pur non avendo visto” crediamo e doniamo, con generosità, gratuità, chinandoci verso gli altri, testimoniando, facendo muoverci da quella compassione che non ci “lascia fermi”, ma ci fa annunciare.

Operai chiamati per nome, ciascuno ed ognuno, anche noi siamo “chiamati”, non una massa qualunque, ma ognuno di noi, in quei campi dove c’è tanto lavoro, dove il grano va raccolto, dove le spighe attendono abbondanti.

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