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La preghiera del povero attraversa le nubi né si quieta finché non sia arrivata

IN PRINCIPIO ERA IL VERBO - Letture dalla Liturgia di Domenica 23 ottobre 2022 - "La buona battaglia" - Commento delle Suore Carmelitane di Biella - Video omelia di Padre Luca Arzenton -

chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato

Dal Libro del Siracide, Cap. 35, 15 – 17. 20 – 22

Il Signore è giudice
e per lui non c’è preferenza di persone.
Non è parziale a danno del povero
e ascolta la preghiera dell’oppresso.
Non trascura la supplica dell’orfano,
né la vedova, quando si sfoga nel lamento.
Chi la soccorre è accolto con benevolenza,
la sua preghiera arriva fino alle nubi.
La preghiera del povero attraversa le nubi
né si quieta finché non sia arrivata;
non desiste finché l’Altissimo non sia intervenuto
e abbia reso soddisfazione ai giusti e ristabilito l’equità.

Dal Salmo 33

Benedirò il Signore in ogni tempo,
sulla mia bocca sempre la sua lode.
Io mi glorio nel Signore:
i poveri ascoltino e si rallegrino.

Il volto del Signore contro i malfattori,
per eliminarne dalla terra il ricordo.
Gridano e il Signore li ascolta,
li libera da tutte le loro angosce.

Il Signore è vicino a chi ha il cuore spezzato,
egli salva gli spiriti affranti.
Il Signore riscatta la vita dei suoi servi;
non sarà condannato chi in lui si rifugia.

Dalla Seconda Lettera di San Paolo Apostolo a Timoteo, Cap. 4, 6 – 8. 16 – 18

Figlio mio, io sto già per essere versato in offerta ed è giunto il momento che io lasci questa vita. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta soltanto la corona di giustizia che il Signore, il giudice giusto, mi consegnerà in quel giorno; non solo a me, ma anche a tutti coloro che hanno atteso con amore la sua manifestazione.
Nella mia prima difesa in tribunale nessuno mi ha assistito; tutti mi hanno abbandonato. Nei loro confronti, non se ne tenga conto. Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché io potessi portare a compimento l’annuncio del Vangelo e tutte le genti lo ascoltassero: e così fui liberato dalla bocca del leone.
Il Signore mi libererà da ogni male e mi porterà in salvo nei cieli, nel suo regno; a lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen.

Dal Vangelo secondo San Luca, Cap. 18, 9 – 14

In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri:
«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano.
Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”.
Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”.
Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

***

UN PENSIERO DALLE SUORE CARMELITANE DEL MONASTERO MATER CARMELI DI BIELLA

Noi siamo i nostri desideri

(Sir 35,15-17.20-22; Sal 33; 2Tm 4,6-8.16-18; Lc 18,9-14)

Quello che colpisce dei due personaggi, presentati dal Vangelo di questa Domenica, è la chiusura del primo, il fariseo, e l’apertura del secondo, il pubblicano. Chiusura e apertura nei riguardi di se stessi, del mondo, della verità.

Il cammino di maturità umana e spirituale passa attraverso la strettoia della consapevolezza. Prendere coscienza di chi si è, di come si è. L’uomo che ha paura di guardarsi dentro si maschera e alla fine finisce per credere alle sue stesse pagliacciate, l’unico riferimento per quello che fa e dice è se stesso e la sua paura è di scoprirsi non perfetto.

Il fariseo non fa che autolodarsi, anche se sembra ringraziare Dio: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. Chi aveva detto a quest’uomo che lui non era come gli altri? Dal cuore dell’uomo escono le cose cattive, le cattive azioni e i cattivi desideri, dirà poi Gesù. Dal cuore del fariseo nascono giudizi di valore del tutto gratuiti nei confronti degli altri uomini: possibile che tutti sono ladri, ingiusti, adulteri? E se fosse che quello che gli altri compiono di “peccaminoso” vorrebbe compierlo anche lui e tiene repressi questi desideri, imbiancando la sua vita per darle una parvenza di perfezione? Ma Gesù dirà che se uno guarda una donna per desiderarla, ecco che già compie peccato in cuor suo. Noi siamo i nostri desideri!

Importante la consapevolezza della nostra fragilità. Importante la scelta dei nostri desideri.

Il fariseo è un uomo isolato, vede tutti gli altri uomini come dei peccatori, non sa entrare in relazione. Guarda l’uomo che gli sta accanto e non scorge un uomo, ma solo un pubblicano, cioè proietta su quell’uomo la categoria dei peccatori pubblici.

Ma Dio non guarda le categorie, Dio guarda ognuno di noi in maniera particolare, personale.

Ognuno di noi è guardato da Dio come figlio unico e prediletto, siamo opera delle sue mani, siamo desiderio del suo cuore. Dio non guarda l’esteriorità, coglie il nostro gemito quando ci sentiamo stretti dal nostro limite.

Il pubblicano si batte il petto, è bello pensare che con quel gesto va a risvegliare quel Dio che porta dentro di sé. Ecco sto alla porta e busso: aprimi la porta!

Il pubblicano ci insegna a entrare dentro noi stessi, lasciando cadere giudizi, false concezioni: siamo fragili, abbiamo sbagliato, ci siamo smarriti. Fermiamoci, riconosciamo che siamo fatti di materia debole, ma siamo anche uomini e donne nuovi in Cristo. Siamo uomini e donne in divenire. Con il pubblicano desideriamo che la misericordia di Dio ci tocchi e ci guarisca. Lasciamo che la luce della speranza brilli dentro di noi per poterla portare nelle nostre azioni di vita!

Le Sorelle Carmelitane

Monastero Mater Carmeli – Biella Chiavazza     

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