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I ragionamenti dei mortali sono timidi

IN PRINCIPIO ERA IL VERBO - Letture dalla Liturgia di Domenica 4 settembre 2022 - "Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo" - Commento delle Suore Carmelitane di Biella - Video omelia di Don Fabrizio Centofanti

l'opera delle nostre mani rendi salda

Dal Libro della Sapienza, Cap. 9, 13 – 18

Quale, uomo può conoscere il volere di Dio?
Chi può immaginare che cosa vuole il Signore?
I ragionamenti dei mortali sono timidi
e incerte le nostre riflessioni,
perché un corpo corruttibile appesantisce l’anima
e la tenda d’argilla opprime una mente piena di preoccupazioni.
A stento immaginiamo le cose della terra,
scopriamo con fatica quelle a portata di mano;
ma chi ha investigato le cose del cielo?
Chi avrebbe conosciuto il tuo volere,
se tu non gli avessi dato la sapienza
e dall’alto non gli avessi inviato il tuo santo spirito?
Così vennero raddrizzati i sentieri di chi è sulla terra;
gli uomini furono istruiti in ciò che ti è gradito
e furono salvati per mezzo della sapienza”.

Dal Salmo 89

Tu fai ritornare l’uomo in polvere,
quando dici: “Ritornate, figli dell’uomo”.
Mille anni, ai tuoi occhi,
sono come il giorno di ieri che è passato,
come un turno di veglia nella notte.

Tu li sommergi:
sono come un sogno al mattino,
come l’erba che germoglia;
al mattino fiorisce e germoglia,
alla sera è falciata e secca.

Insegnaci a contare i nostri giorni
E acquisteremo un cuore saggio.
Ritorna, Signore: fino a quando?
Abbi pietà dei tuoi servi!

Saziaci al mattino con il tuo amore:
esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni.
Sia su di noi la dolcezza del Signore, nostro Dio:
rendi salda per noi l’opera delle nostre mani,
l’opera delle nostre mani rendi salda.

Dalla Lettera di San Paolo Apostolo a Filemone, Cap. 9 -10. 12 – 17
Carissimo, ti esorto, io, Paolo, così come sono, vecchio, e ora anche prigioniero di Cristo Gesù. Ti prego per Onèsimo, figlio mio, che ho generato nelle catene. Te lo rimando, lui che mi sta tanto a cuore.
Avrei voluto tenerlo con me perché mi assistesse al posto tuo, ora che sono in catene per il Vangelo. Ma non ho voluto fare nulla senza il tuo parere, perché il bene che fai non sia forzato, ma volontario.
Per questo forse è stato separato da te per un momento: perché tu lo riavessi per sempre; non più però come schiavo, ma molto più che schiavo, come fratello carissimo, in primo luogo per me, ma ancora più per te, sia come uomo sia come fratello nel Signore.
Se dunque tu mi consideri amico, accoglilo come me stesso.

Dal Vangelo secondo San Luca, Cap. 14, 25 – 33

In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro:
“Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo.
Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.
Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”.
Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace.
Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo”.

***

UN PENSIERO DALLE SUORE CARMELITANE DEL MONASTERO MATER CARMELI DI BIELLA

Amo, quindi non possiedo

(Sap 9,13-18; Sal 89; Fm 1,9-10.12-17; Lc 14,25-33)

Rinunciare a tutti i beni: questa è la condizione per diventare discepoli di Gesù. La rinuncia è per la liberazione. Se io possiedo sono portato naturalmente a controllare e custodire quello che possiedo. Se non possiedo sono libero di muovermi, di spostarmi, di agire. Là dov’è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore. Se scegliamo un tesoro grande, grande sarà anche il nostro cuore.

Gesù non invita al disprezzo dei legami familiari, piuttosto ci fa prendere coscienza che il legame affettivo non può “legarci” così tanto da perdere di vista l’orizzonte della vita in cui questo legame è inserito.

Scrive S.Giovanni della Croce: “se uno vuole possedere tutto deve passare dalla via del non possesso”. Il desiderio di pienezza è insito nell’uomo. E’ questa sete che ci spinge a cercare, a conoscere, a legarci alle persone e alle cose. Pensiamo che più esperienze facciamo, più beni accumuliamo, più legami intessiamo, allora più valore ha la nostra vita. Il problema sta nel capire che per riempire il desiderio di pienezza che ci anima, non dobbiamo mettere dentro cose e persone, ma piuttosto svuotarci di tutto per riappropriarci di tutto nella libertà ritrovata mettendoci alla sequela di Gesù.

I legami affettivi vissuti con egoismi, per placare il proprio bisogno di amore, di consolazione, per riempire il vuoto esistenziale, diventano delle trappole all’interno delle quali le persone soffocano, si fanno del male a vicenda.

Se vivo il matrimonio in una forma “chiusa”, l’amore prima o poi asfissia e inaridisce: se la coppia si apre ad uno sguardo fuori di sé, se assume una modalità di vita missionaria, allora il rapporto non si gioca più su uno scambio di egoismi, di cose che ci piace fare insieme, ma sulla scoperta dei talenti che insieme si possono far fruttare per la propria felicità e la felicità di altri.

Se un padre o una madre pensano che il figlio sia una “cosa” loro, se vivono il rapporto con il figlio in una modalità possessiva, oltre che a soffocare la pienezza di slancio vitale del figlio, vivranno sempre nella tensione, nell’apprensione. Ogni rapporto familiare, ci dice oggi Gesù, può essere vissuto con grande respiro spirituale e amore dilatato, oppure con grettezza e amore possessivo, calcolato.

La soluzione è quella di “lasciare tutto” nella mani di Dio: da te ho ricevuto mia madre, mio padre, mia moglie, mio  marito, i miei fratelli e le mie sorelle, ne prendo consapevolezze, ti ringrazio Signore per questo dono e te ne faccio dono. Voglio imparare ad amarli con il tuo cuore. Voglio sentirli miei, perché tuoi, non voglio possederli perché non voglio sciuparli con un amore che sento essere piccolo, limitato rispetto all’amore che posso trovare in te e con il quale posso amarli.

Troppo difficile? No, Gesù ci ha lasciato il suo esempio. Lui non ha detto e poi non ha fatto. I suoi insegnamenti ci danno sicurezza di riuscita perché Lui  per primo ha fatto ciò che ci ha proposto di fare.

Prendiamo la croce del nostro limite e seguiamo il Maestro. Lui ci insegnerà la bellezza di amare tutti con cuore universale. Allora passando dal non possedere arriveremo lì dove tutto possediamo: il suo cuore ricco di amore.

Le Sorelle Carmelitane

Monastero Mater Carmeli – Biella Chiavazza     

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