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Pregai e mi fu elargita la prudenza, implorai e venne in me lo spirito di sapienza

IN PRINCIPIO ERA IL VERBO - Letture dalla Liturgia della XXVIII Domenica del Tempo Ordinario - "Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?" - Commento a cura della Prof. Elisabetta Acide -

La preferii a scettri e a troni, stimai un nulla la ricchezza al suo confronto, non la paragonai neppure a una gemma inestimabile, perché tutto l'oro al suo confronto è come un po' di sabbia e come fango sarà valutato di fronte a lei l'argento.

Sap 7, 7-11

Dal libro della Sapienza.

Pregai e mi fu elargita la prudenza,
implorai e venne in me lo spirito di sapienza.
La preferii a scettri e a troni,
stimai un nulla la ricchezza al suo confronto,
non la paragonai neppure a una gemma inestimabile,
perché tutto l’oro al suo confronto è come un po’ di sabbia
e come fango sarà valutato di fronte a lei l’argento.
L’ho amata più della salute e della bellezza,
ho preferito avere lei piuttosto che la luce,
perché lo splendore che viene da lei non tramonta.
Insieme a lei mi sono venuti tutti i beni;
nelle sue mani è una ricchezza incalcolabile.

Sal.89

RIT: Saziaci, Signore, con il tuo amore: gioiremo per sempre.

Insegnaci a contare i nostri giorni
e acquisteremo un cuore saggio.
Ritorna, Signore: fino a quando?
Abbi pietà dei tuoi servi!

  RIT: Saziaci, Signore, con il tuo amore: gioiremo per sempre.

Saziaci al mattino con il tuo amore:
esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni.
Rendici la gioia per i giorni in cui ci hai afflitti,
per gli anni in cui abbiamo visto il male.

  RIT: Saziaci, Signore, con il tuo amore: gioiremo per sempre.

Si manifesti ai tuoi servi la tua opera
e il tuo splendore ai loro figli.
Sia su di noi la dolcezza del Signore, nostro Dio:
rendi salda per noi l’opera delle nostre mani,
l’opera delle nostre mani rendi salda.

  RIT: Saziaci, Signore, con il tuo amore: gioiremo per sempre.

Eb 4, 12-13

Dalla lettera agli Ebrei.

La parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore.
Non vi è creatura che possa nascondersi davanti a Dio, ma tutto è nudo e scoperto agli occhi di colui al quale noi dobbiamo rendere conto.

Mc 10, 17-30

Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: “Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?”. Gesù gli disse: “Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre””.
Egli allora gli disse: “Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza”. Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: “Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!”. Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni.
Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: “Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!”. I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: “Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio”. Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: “E chi può essere salvato?”. Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: “Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio”.
Pietro allora prese a dirgli: “Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito”. Gesù gli rispose: “In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà”.

***

UN PENSIERO SULLA PAROLA, A CURA DELLA PROF. ELISABETTA ACIDE

“Stimai un nulla la ricchezza al suo confronto (prima lettura), ma che cosa è la ricchezza? Il libro della Sapienza enumera le “ricchezze” dell’uomo, le “cose luccicanti” che abbagliano: troni, denaro, scettri, gemme preziose, oro, salute, bellezza… e questo al tempo della monarchia in Israele, oggi noi potremmo ancora aggiungere… automobili di lusso, yacht, ville e magioni, miliardi di euro, prestigio, potere, i.a. a disposizione… e chissà ancora che cosa altro.

Ma “nulla la ricchezza al confronto”.

La Sapienza e la Prudenza ecco la vera ricchezza.

Sapienza e prudenza fanno riconoscere l’ Essenziale, sono la “guida” per la ricerca di una vita “ricca”, non una “vita di ricchezza”.

Dio concede la sapienza e sapienza è fare la volontà di Dio.

Come Salomone che, in Gabaon, aveva chiesto a Dio il “dono” della Sapienza (1 Re 3).

Sapienza e prudenza per saper “leggere” il nostro cuore e quello degli altri, sapienza per saper “discernere” e “camminare”, oltre la ricchezza, oltre la bellezza, oltre il potere, prudenza per essere coraggiosi nelle scelte.

Sapienza… ricercata, anelata, rincorsa, richiesta… e san Paolo non ha esitazioni: la Sapienza è nella Parola di Dio (seconda lettura). “La parola di Dio è viva, efficace … penetra  … e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore”.

La Sapienza che sa discernere i pensieri.

Promessa mantenuta.

Il progetto “sapiente” di Dio per l’uomo: l’Alleanza con l’uomo.

La “proposta” di Dio per l’uomo.

Dio “si propone” e lo fa con un “incontro” per ciascuno.

Incontri e storie nella storia.

Storie di sapienza e di scelte, storie di libertà.

E Marco ci racconta una “storia”, mentre Gesù “sale” a Gerusalemme con i suoi discepoli (Vangelo).

“Un tale”

“Un tale”: senza nome.

Così preoccupato di contare le sue ricchezze che ha dimenticato il suo nome.

Senza nome, così “affascinato” dalla ricchezza che non ha più “nome”.

“Un tale”: lo sappiamo, nei Vangeli quando di una persona non si cita il nome (e in particolare proprio nel Vangelo di Marco le persone “senza nome” sono tante così come l’evangelista è precisissimo ad indicare i nomi ed a volte anche i cognomi), allora dobbiamo interrogarci: forse l’evangelista vuole raccontarci non solo “un episodio” nel tempo, ma una “azione”, una “situazione” che va “oltre il tempo”, nella quale chiunque legge, può riconoscersi.

I nomi sono importanti, ma non basta tradurre una parola dall’ebraico o dal greco per comprenderne il significato, nei brani biblici occorre analizzare il contesto e il “senso” del termine nella cultura dell’autore del brano.

Eppure il “tale senza nome” compie una azione insolita: Gesù cammina e lui, “gli corse incontro”.

Forse noi non faremmo così attenzione ad un tale che corre, tutti appassionati di corsa, ma ai tempi di Gesù, in Oriente, il “correre” era cosa abbastanza insolita… in particolare un uomo.

Eppure il “tale” (senza nome) corre (azione che indica una “urgenza”, una “necessità”).

E dove corre?

“Incontro”: Gesù cammina, passa, è in viaggio verso Gerusalemme e mentre viaggia incontra, parla, guarisce… e il tale “gli corse incontro”.

Ha “urgenza” il tale, forse sa che la sua “urgenza”, la sua “inquietudine” può essere placata da Gesù che sta passando… e fa una cosa ancora più “strana”: “si mise in ginocchio”.

Nulla di strano diremmo… abbiamo visto altre persone “in ginocchio” davanti a Gesù (lebbrosi, donne, mendicanti…) e Marco sospende…

L’evangelista Marco, usa bene la punteggiatura, tutti i “segni” hanno un senso nel periodo (chissà che cosa penserebbe se leggesse qualche messaggio su cellulare e social… dove la punteggiatura è ormai sconosciuta!).

In tre versetti: 10 virgole, 2 due punti (che non usa quasi più nessuno), 3 punti e 2 punti di domanda.

Non è questa la “sede”, ma sarebbe interessante riflettere su questa “punteggiatura”.

Marco si è “fermato” nella descrizione a “un tale”, “un tale che corre e si inginocchia”.

Un tale che ha urgenza, che domanda, che è dominato da una inquietudine: la “vita eterna”.

Non dovrebbe avere dubbi il tale, nel dialogo con Gesù emergerà che la legge la conosce bene, la rispetta, è assiduo lettore e conoscitore dei precetti, i comandamenti vengono rispettati…

Eppure corre…

Ha intuito… ha chiamato “maestro buono” Gesù, non ha detto “voglio” la vita eterna, ha detto “avere”… la strada era quella giusta.

Non vuole “comperare” la vita eterna… vuole impegnarsi per “riceverla”.

Ha fatto tutto ciò che poteva fare… eppure… non è “bastato”, “non gli basta”, non “si basta”.

Il “maestro buono” ha forse la “soluzione”? Ha forse la “regola”, la “norma”, la “legge” in grado di essere “osservata” per ricevere la “vita eterna”?

Forse il tale si era già recato da altri “maestri”, era stato dai saggi, dai sacerdoti, ma al tempio i mercanti non hanno soddisfatto la sua richiesta: la vita eterna non è in vendita.

“Maestro buono”: attributo riservato a Dio, perché solo Dio ha la bontà, la Grazia.

Il “tale”, forse giudeo, preoccupato e desideroso di quella “vita eterna”, di quella “promessa”.

E ora Marco lo svela…

“se ne andò afflitto, poiché aveva molti beni”.

“Un tale ricco”.

“Ricco e religiosissimo, osservantissimo”.

Si “rattrista” alle parole di Gesù.

Gesù non ha parlato di “vita eterna”, ma di vita “concreta”: “và vendi quello che hai e dallo ai poveri”.

Ora, Gesù manda a “liberarsi” ed a “donare”.

Gesù non “condanna” la ricchezza, ma l’ “attaccamento” alla ricchezza, non “giudica” rispetto al “possesso”, ma a quanto siamo “incatenati” ai beni.

E quello sguardo…

fissò lo sguardo su di lui e lo amò”.

E parla Gesù… parla con gli occhi prima ancora che con le parole.

Forse una delle più belle “frasi” pronunciate da Gesù: la Parola dell’Amore per l’uomo.

Lo “sguardo dell’Amore” per ogni uomo che ancora troppo “compreso” su di sé e sulle ricchezze non riesce a “vedere” Gesù, la Parola per la vita eterna.

La sequela dell’Amore, che non è “rinuncia”, ma “ricchezza”.

E vorremmo il “lieto fine” nella storia di quel “tale” che, invece, “si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni.”

Il “luccichio” dell’oro più che la “luce” dello sguardo di Gesù.

La tristezza di chi non ha saputo essere libero, di chi ha paura di “perdere”, di chi non sa “abbandonare” per “ricevere”, di chi non sa “donare” per essere felice.

Il progetto “sapiente” di Dio per l’uomo: la vita eterna.

E la vita eterna si “decide” sull’amore concreto e vissuto.

Con quello stesso “sguardo” di Gesù, con lo sguardo che abbraccia, che ama, che intesse relazioni profonde.

Ecco quello che “manca”… manca una cosa sola per non “mancare di nulla”: amare il prossimo ed amare Dio.

Ma il “tale ricco”, ha scelto… si “rattrista” ma cambia strada…

Più rassicurante stare “solo” che stare con Dio e con gli altri.

La “solitudine” del cuore.

E per aprire il nostro cuore a quello sguardo, abbiamo bisogno della Parola e del Pane, abbiamo anche noi bisogno di “lasciare”, di “donare”, di “uscire”, di “abbandonare” e “regalare”, perché solo così impareremo ad amare per la vita eterna.

“Una cosa ti manca…”.

Uno, un numero apparentemente insignificante, manca una cosa, come quella pecora per la quale il pastore esce di notte e ne lascia novantanove… (i numeri nel contesto biblico hanno un significato importante)

Una cosa… ma che cosa sarà mai… ha tutto…

Una cosa… che è tutto.

Il “tesoro in cielo”, raggiungibile solo se sapremo perdere tutto per seguire Cristo: “Via, Verità, Vita”.

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