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Alla tua discendenza io dò questa terra -

IN PRINCIPIO ERA IL VERBO - Letture dalla Liturgia di Domenica 13 marzo, II di Quaresima - "Questi è il figlio mio, l'eletto; ascoltatelo" - Commento delle Suore Carmelitane di Biella - Video omelia di Mons. Mario Russotto -

Non abbandonarmi, Dio della mia salvezza.

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Dal Libro della Genesi, Cap. 15, 12. 17 – 18

In quei giorni, Dio condusse fuori Abram e gli disse: «Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle» e soggiunse: «Tale sarà la tua discendenza». Egli credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia.
E gli disse: «Io sono il Signore, che ti ho fatto uscire da Ur dei Caldei per darti in possesso questa terra». Rispose: «Signore Dio, come potrò sapere che ne avrò il possesso?». Gli disse: «Prendimi una giovenca di tre anni, una capra di tre anni, un ariete di tre anni, una tortora e un colombo».
Andò a prendere tutti questi animali, li divise in due e collocò ogni metà di fronte all’altra; non divise però gli uccelli. Gli uccelli rapaci calarono su quei cadaveri, ma Abram li scacciò.
Mentre il sole stava per tramontare, un torpore cadde su Abram, ed ecco terrore e grande oscurità lo assalirono.
Quando, tramontato il sole, si era fatto buio fitto, ecco un braciere fumante e una fiaccola ardente passare in mezzo agli animali divisi. In quel giorno il Signore concluse quest’alleanza con Abram:
«Alla tua discendenza
io do questa terra,
dal fiume d’Egitto
al grande fiume, il fiume Eufrate».

Dal Salmo 26

Il Signore è mia luce e mia salvezza:
di chi avrò timore?
Il Signore è difesa della mia vita:
di chi avrò paura?

Ascolta, Signore, la mia voce.
Io grido: abbi pietà di me, rispondimi!
Il mio cuore ripete il tuo invito:
«Cercate il mio volto!».
Il tuo volto, Signore, io cerco.

Non nascondermi il tuo volto,
non respingere con ira il tuo servo.
Sei tu il mio aiuto, non lasciarmi,
non abbandonarmi, Dio della mia salvezza.

Sono certo di contemplare la bontà del Signore
nella terra dei viventi.
Spera nel Signore, sii forte,
si rinsaldi il tuo cuore e spera nel Signore.

Dalla Lettera di San Paolo Apostolo ai Filippesi, Cap. 3, 17 – 4.1

Fratelli, fatevi insieme miei imitatori e guardate quelli che si comportano secondo l’esempio che avete in noi. Perché molti – ve l’ho già detto più volte e ora, con le lacrime agli occhi, ve lo ripeto – si comportano da nemici della croce di Cristo. La loro sorte finale sarà la perdizione, il ventre è il loro dio. Si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi e non pensano che alle cose della terra.
La nostra cittadinanza infatti è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che egli ha di sottomettere a sé tutte le cose.
Perciò, fratelli miei carissimi e tanto desiderati, mia gioia e mia corona, rimanete in questo modo saldi nel Signore, carissimi!

Dal Vangelo secondo San Luca, Cap. 9, 28 – 36

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elìa, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme.
Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui.
Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa». Egli non sapeva quello che diceva.
Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!».
Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.

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UN PENSIERO DALLE SUORE CARMELITANE

DEL MONASTERO MATER CARMELI DI BIELLA

II DOMENICA DI QUARESIMA

(Gen 15,5-12.17-18; Sl 26; Fil 3,17-4,1; Lc 9, 28b-36)

Trasfigurare è una parola che permea la liturgia quaresimale. Rievoca l’esodo del credente in costante uscita da una terra ambivalente ad una concorde.

C’è un fuoco devastatore di vite umane che ne deturpa l’originale aspetto, e ve n’è uno aldilà che lo restaura, lo vivifica e ne cambia già ora la figura.

La Quaresima è tempo di mutare volto, riscoprendo il nostro esistere come un appello ad andare aldilà, verso una terra unanime e desiderata. Così fece Abram, il cui sogno era il sogno di Dio.

Due volontà concordate in un’unica alleanza: offerta da Dio, essenziale per l’uomo. Come nel matrimonio, figura d’alleanza, i bisogni di uno sono anche quelli dell’altro, e se c’è mutua collaborazione ad agire verso un aldilà, i due si trasfigurano in un’unica persona che opera il bene comune. Si dice infatti che Abram volesse solo una discendenza e una terra, e Dio pure voleva un popolo e una terra: questo fu per loro il trampolino di lancio per rivelarsi al mondo.

Entrambi erano alleati per dare al mondo una discendenza di giusti capace di trasfigurare l’umanità, che spesso invece segue un istinto egoista e infedele.

Abramo preparò questa speranza con il proprio esodo, senza sapere ancora per dove sarebbe dovuto passare per raggiungere quell’aldilà promesso da Dio.

Tutta la storia dell’ebraismo è profondamente solcata da questa Alleanza riproposta ad Abram ma già cercata in Adamo: tradirla e trascurarla significò spesso per gli Ebrei ritrovarsi ancora in Egitto o a Babilonia, anziché oltrepassarne i fiumi e conquistare la terra fertile di mezzo. La Trasfigurazione manifesta quell’albero nato dalla fede di Abram.

Albero come simbolo della discendenza, ossia della vita immortale attraverso la Parola promessa, simile a un seme da cui nasce la speranza del mondo. In un ebreo (parola la cui radice sta nel verbo oltrepassare), in un figlio di ebrei si è compiuto questo esodo oltre i fiumi Eufrate e Nilo (simboli di schiavitù e infedeltà).

Il brano della Trasfigurazione invita perciò a osservare non solo i personaggi, ma anche le parole come figure capaci di far trasparire la verità velata sotto il loro aspetto.

Infatti le lettere parlano quando sono vivificate dallo Spirito. Lasciamoci allora guidare dalla Parola con la fede di Abramo, desideroso dell’aldilà, del Regno del Dio vivente, e che per questo ne custodì l’Alleanza, la quale fa entrare nell’unico popolo chiamato Ebreo chi guada i fiumi Eufrate e Nilo.

Gesù è anch’egli l’Ebreo che ha compiuto il suo esodo, la pasqua appunto.

Ecco che oggi, questo brano di Luca ci rivela Gesù come quell’unico Ebreo, figura di tutti i forestieri, il quale è uscito definitivamente da Ur (città simbolo di una terra corrotta al di qua dei fiumi).

Gesù appare nella gloria, appare cioè oltre l’esodo che sta per compiere a Gerusalemme, terra di scontro e anche d’incontro tra il vero Dio e il dio delle immagini.

Dunque, non piantiamo qui le tende se siamo figli di Abramo l’Ebreo, ma entriamo nella nube dell’incomprensibile, sapendo che la nostra trasfigurazione avviene nella medesima Alleanza. 

Le Sorelle Carmelitane

Monastero Mater Carmeli – Biella Chiavazza

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