(elisabetta acide) – “Prima della festa di Pasqua…” Giovanni (Vangelo giovedì santo Gv 13,1-15) colloca il “momento”, l’ “ora”di Gesù.
L’ora che inizia con un gesto “inaudito”: “Si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto”.
Possiamo immaginare gli apostoli lì in quel cenacolo, in quella cena che avevano compiuto con fede tante volte, una volta all’anno, come le prescrizioni chiedevano loro… e quel gesto, no, non era “previsto”.
Possiamo immaginare il pescatore esperto, sicuro di sé, colui che aveva affermato: “Tu sei il Cristo il Figlio del Dio Vivente”, colui che aveva detto: “Da chi andremo?”, colui che aveva indicato: “Facciamo tre tende”, colui che aveva chiesto: “Se sei il Figlio di Dio di’ che queste pietre diventino pane”, colui che era “sicuro” e rimprovera: “Dio non voglia, Signore: questo non ti accadrà mai”… quello che è stato chiamato “Cefa”, adesso è lì, seduto sul fianco, al fianco di Gesù…
E guarda… guarda quel Gesù chino che si appresta a “lavargli i piedi”, ridotto a “servo”.
Quei piedi, ritenuti la parte più “impura” dell’uomo (si camminava scalzi o con i saldali su strade polverose e impervie) e l’obbligo del “lavaggio dei piedi” era riservato a coloro che erano ritenuti “inferiori”, spesso schiavi stranieri.
Possiamo immaginare i pensieri di Pietro, se Gesù fa questo a me, io che sono “Pietro e su questa pietra” dovrò allo stesso modo fare agli altri? Io che sono “importante” nel collegio apostolico dovrò chinarmi a lavare i piedi?
Possiamo immaginare i pensieri di Pietro a quel gesto: il Messia? Ma come?! Il Messia-servo? Il Maestro “chinato” davanti ai discepoli?
Ma Gesù spiega… non il “bagno…” la purezza è un’altra cosa…
Pietro ostinato e cocciuto… forse un po’ presuntuoso, è sicuro della sua scelta, dirà a Gesù quello che deve fare.
Gesù lavando i piedi mostra la vera dignità dell’uomo: servire gli altri per eliminare tutto ciò che li rende impuri.
Se ci lasciamo “lavare i piedi”, ci lasciamo avvicinare, diventiamo puri perché Dio, questo Gesù chino sui nostri piedi, non ha paura di sporcarsi le mani.
Gesù non ha chiesto a nessuno di dare la vita per Lui, Lui la darà di li a poco per l’uomo, Egli è il Dio che dona la vita senza contraccambio.
Se non comprendiamo questo, rischiamo di fare le cose “per Dio” e finiremo di fare come Pietro…rinnegheremo, quel “Non lo sono” (Gv18,18) diventerà la nostra mancata risposta…
Eppure Gesù laverà i piedi a Pietro, Gesù lo sa, quei tre “non lo sono” diventeranno tre “Tu sai che ti voglio bene” (Gv 21).
E a Pietro sarà affidato il compito di “nutrire” e “proteggere”.
Pietro non sarà chiamato ad essere “pastore”, unico pastore è Gesù, sarà chiamato a seguire Lui (nessun altro), sarà chiamato a testimoniare, sarà chiamato ad abbracciare quella croce per la “Gloria di Dio”, non per la sua gloria.
E Pietro seguirà le prime comunità (At 9,36; At 9,32), si “chinerà a lavare i piedi” (At 9,43), “rianimerà” quelle comunità cristiane “chinandosi” per diventare “uomo dello Spirito” (At 10,28).
E Pietro farà memoria: “mi ricordai” (At 11,1-30): dall’ascolto alla comprensione della Parola .
Pietro comprende: la missione è presieduta dall’amore, centrata sul Vangelo, si esprime con il servizio (At 12,1-17).
E Gesù si china anche su Giuda e dirà: “Non tutti siete puri”, eppure Giuda non si ritrae, non protesta, la decisione è presa…
Possiamo immaginare Giuda di fronte a Gesù, lui così preoccupato del denaro, non dei gesti, appena qualche giorno prima aveva detto davanti al gesto di quella donna con quel vaso di alabastro: «Perché quest’olio profumato non si è venduto per trecento denari per poi darli ai poveri?» (Gv 12,5).
Possiamo immaginare Giuda, l’opportunista, l’amministratore del collegio apostolico, il ladro (Gv 12,6)
Possiamo immaginare Giuda, lui che sapeva che nella tradizione ebraica il padrone di casa doveva lavare le mani ai commensali prima della cena pasquale, guarda Gesù che si china sui piedi…
No… Giuda non comprende la re-interpretazione di quel gesto da parte di Gesù.
Possiamo immaginare i pensieri di Giuda… quello che credeva il messia liberatore è lì ai suoi piedi…: “Allora ho fatto bene… lo consegnerò…”.
Possiamo immaginare Giuda… non si ribella a quel gesto, per lui il gesto totale di amore nel servizio non ha valore.
Possiamo immaginare Giuda… a lui il gesto non interessa, a lui ciò che interessa è il proprio “guadagno” e con questo “messia chinato sui piedi”, lui non avrà “guadagno”, non avrà “interesse”.
Giuda è nervoso e questo Gesù sta “perdendo tempo”, sta cambiando le regole delle prescrizioni a cui tutti erano abituati, ma lui ha fretta… sta aspettando il momento giusto, forse ancora nel “dubbio” di fare la cosa giusta.
A “leggere il suo cuore ormai lontano” ci pensa Gesù: “Quello che devi fare, fallo al più presto” (Gv 13,27).
Giuda rimarrà nella sua “impurità”, Gesù lo sapeva… “Satana entrò in lui” (Gv13,27).
Giuda al “servizio” preferisce “la notte”. (Gv 13,30).
Giuda rimane solo, Giuda ha scelto la solitudine… Giuda sceglie la morte.
Giuda sceglie la prigionia del peccato e delle tenebre alla gioia della misericordia e del perdono.
Giuda non ha compreso… Gesù ha parlato di Amore, di Misericordia, di porgere l’altra guancia…
Giuda non attendeva questo Messia… solo se sapremo “comprendere” guarderemo oltre la notte, oltre l’oscurità, oltre la croce.
Solo guardando quella tomba vuota sapremo comprendere.
Solo guardando quella croce non come “scandalosa”, possiamo servire e “lasciarci servire” e “salvare”.