Il vercellese Maurizio Roccato in evidenza a livello nazionale come curatore della mostra Serial Killer Exhibition a Castelnuovo (Roma), evento che bissa il grande successo dell’edizione di Milano.
La mostra illustra il fenomeno dei Serial Killer dal punto di vista storico, didattico e scientifico: è suddivisa in sezioni che permettono di conoscere gli assassini seriali del passato e confrontarli con quelli attuali, presentando tipologie, modalità omicida e motivazioni.
Il percorso spiega anche l’evoluzione delle tecniche investigative dal XIX secolo – quando Cesare Lombroso e la sua scuola si attivarono per creare la prima Polizia Scientifica al mondo, quella italiana – a quelle attuali e sofisticate, introdotte dal “Criminal profiling” di ascendenza americana.
In mostra singoli oggetti e intere scene del crimine relative a famosi casi di cronaca.
Queste ultime sono estremamente realistiche, ricreate basandosi sulle foto scattate sul luogo del delitto dagli organi investigativi, e rappresentano, oggi, la più fedele riproduzione disponibile di carattere didattico/scientifico.
Serial Killer Exhibition è anche un viaggio tra falsi miti, curiosità e indagini, approfondite attraverso pannellistiche dettagliate che illustrano i delitti e i criminali più conosciuti, dal mediatico Ted Bundy, all’enigmatico Zodiac, all’ancora irrisolto caso del “Mostro di Firenze”, del quale sono esposti reperti e documenti originali relativi agli otto duplici omicidi.
Il crimine, inteso nel senso più ampio, è il filo conduttore dell’esposizione, che si rivolge a tutti e in particolar modo ai giovani, offrendo la possibilità di affrontare temi come la violenza, il bullismo, l’educazione alla legalità, l’applicazione della pena capitale, la sensibilizzazione nei riguardi delle vittime.
E sono proprio queste ultime a rappresentare il fulcro – se vogliamo innovativo – per un evento di questo tipo: ognuna di esse, infatti, è rappresentata con il proprio volto accompagnato da nome, cognome, data e luogo di uccisione.
Questo perché, molto spesso, la vittima tende a scomparire, vuoi per strani fenomeni di morbosità sociale o per l’attività divulgativa dei media, che tende a celebrare maggiormente il nome dell’assassino.
Ad esempio, tutti ricordiamo Erika e Omar, ma non il nome della mamma e del fratellino di lei che hanno ucciso.
Stesso discorso per la strage di Erba (a prescindere dal vero colpevole): conosciamo bene Olindo e Rosa, ma i nomi delle quattro persone uccise nessuno li rammenta.
L’intenzione è quindi rendere giustizia alle vittime celebrandone almeno il ricordo, e approfondire il fenomeno criminale in tutte le sue declinazioni senza presentarlo come spettacolo della violenza, quanto una analisi dei suoi complessi significati e dei suoi protagonisti.
Redazione di Vercelli