Addio, grande e nobile amico.
Ha interpretato così il sentimento di tutti, il Prof. Sergio Givone, Docente di Estetica all’Università di Firenze ad autore di “Favole delle cose ultime”, ma soprattutto, da 60 anni amico di Angelo Gilardino, il grande musicista scomparso il 14 gennaio scorso.
L’ultimo saluto ieri, in Chiesa parrocchiale ad Asigliano Vercellese, il paese dov’era nato il 16 novembre 1941.
Una cerimonia semplice, sobria, certo non sono mancate le lacrime.
Abbiamo vivamente desiderato preparare questo video che VercelliOggi.it offre e che ripropone, integrali, tre memorabili interventi di commiato, pronunciati dopo la Liturgia eucaristica.
Di quello del Prof. Givone si è già detto: lo presentiamo anche per iscritto, al termine di queste righe.
Poi, Filippo Michelangeli, fondatore e Direttore delle riviste “Seicorde” e “Suonare News”.
Infine, il Sindaco di Aosta, valente Chitarrista classico e musicologo, Gianni Nuti.
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Nel video anche l’omelia del Parroco di Asigliano Vercellese, Don Gianfranco Brusa ed il commiato dell’Amministrazione comunale, portato dal Vice Sindaco, Lillo Bongiovanni.
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La liturgia è stata animata da due bravi e giovani chitarristi,
Giovanni Martinelli e Gianluca Daglio Erazo.
Hanno eseguito: “I crisantemi” di Giacomo Puccini (trascrizione per due chitarre di Angelo Gilardino), Colloquio con Segovia, Due movimenti della suite “Tenebrae factae sunt”, Studio n.23 Noche Oscura (omaggio a San Juan de la Cruz), tutte composizioni di Angelo.
Davvero bravi ed anche della loro fatica ci sono ampi scampoli nel documento di oltre mezz’ora che resta a dire di un momento di raccoglimento tutt’altro che permeato dalla disperazione.
Dal dolore, certo, ma non dalla disperazione.
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Molte le personalità della Cultura che hanno voluto raggiungere Asigliano.
Naturalmente, musicisti e chitarristi importanti di fama internazionale c’erano Frèdèric Zigante, da Roma, Alberto Mesirca, Giulio Tampalini, Lucio Matarazzo, Marco de Santi, nonché il chitarrista, compositore e psichiatra, che lavora all’ospedale universitario di Losanna Kewin Swierkosz-Lenart.
E’ stato bello vedere presenti la Presidente della Scuola Vallotti di Vercelli, Paoletta Picco e l’ex Assessore alla Cultura del Comune di Vercelli, Daniela Mortara.
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Lasciamo dunque che il Lettore, senza mediazioni, possa essere raggiunto da questi pensieri, così densi di verità, così autenticamente rivelatrici di un amore che avrà durata e si dilaterà in echi e risonanze, come il suono di una parola sincera.
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Di seguito l’intervento del Prof. Givone, che apre il video, anche in forma scritta.
“Addio, mio caro, grande e nobile amico. Se io devo indicare in una cifra la tua vita e che cosa la tua vita è stata per noi, ecco io non saprei che usare queste parole: grandezza, nobiltà. Lo dico pensando al rigore con cui tu sei stato fedele alla tua vocazione, fin dal giorno in cui, da bambino hai assistito ad un concerto, e questo concerto ti ha rivelato a te stesso: tu hai capito chi eri, che cosa eri venuto a fare al mondo, e a questa vocazione, a questa chiamata sei stato assolutamente fedele: la chiamata, che era la Musica – quella che ha fatto di te quel grande compositore noto in tutto il mondo – è stata però per te qualcosa di più: il senso stesso della vita. Il luogo, il modo che ci è dato per confrontarci con la Verità”.
“Lo so che Verità e Bellezza oggi non hanno più luogo nel campo dell’arte, vorremmo farne a meno. Ma tu ci hai insegnato che no, non è possibile farne a meno perché l’arte è testimonianza della Verità che c’è in ogni cosa, in ogni suono, anzitutto, per te, musicista, ma anche in ogni immagine, e come amavi tu i pittori, i grandi e i piccoli maestri capaci anche loro di attestare la verità che c’è in ogni immagine, in ogni parola, grande e piccola. E poi il rigore con cui tu ti sei dedicato alla trasmissione di questo patrimonio, alla trasmissione della musica, e quindi al suo insegnamento, ma più ancora alla sua conservazione, occupandoti della musica di quei maestri che ti hanno immediatamente riconosciuto come uno di loro. Eri poco più che un ragazzo quando hai conosciuto Castelnuovo-Tedesco, e subito è nato un colloquio di alto livello, tra maestro e maestro. E poi Segovia, a monte, e a valle i tuoi allievi”
”Infine un tratto forse meno appariscente, ma che voglio ugualmente ricordare, perché forse quello più tuo, che ti caratterizza: quello che i greci e anche i primi cristiani (ricorre anche in San Paolo questa espressione) chiamavano la ‘parresia’ cioè la trasparenza dell’anima alla verità della parola, della cosa, del compito, di ciò che siamo chiamati a fare. La parresia è stata la tua lezione, accogliendo la quale io ora oso dire qualcosa che forse non potrei. Questo: ci rivedremo, lo dico con timore e tremore, ma lo dico proprio perché averti incontrato ha significato per me – e credo di poter dire questo a nome di tanti, di tutti quelli che sono qui quest’oggi a salutarti – incontrarti per sempre. L’incontro di destini, di vicende, di storie è stato tale da farmi dire che quello che è accaduto, è accaduto per sempre, non andrà perduto. Diceva giustamente il parroco che il cammino che qui inizia è verso l’Eterno. Sono parole enormi, che non osiamo dire, ma che dobbiamo dire perché nulla andrà perduto di questo patrimonio, di questa ricchezza che tu ci hai donato con la tua musica, con il tuo amore per l’arte, con tutto te stesso, e quindi anch’io voglio dire: grazie Angelo e anche addio, ma nel senso, di un arrivederci là dove saremo per sempre”.