“Due agosto 1980. Stazione di Bologna. Fino a tarda sera si parlò dello scoppio di una caldaia. Poi un vigile del fuoco mi mostrò il cratere di una bomba. Lo feci vedere per primo in diretta al Tg1 della notte”.
Uno dei tanti reperti di quelle ore.
E’ di Bruno Vespa, che fu capace di un’informazione tempestiva, segnata dall’emozione, dalla commozione: pianse in diretta, mentre scavalcava le macerie sui binari.
Ottantacinque morti, 200 feriti, 23 i chili di esplosivo utilizzati per la apocalittica deflagrazione delle 10,25, al binario 4 della Stazione Ferroviaria.
Due gli ergastoli comminati ai colpevoli, Giusva Fioravanti e Francesca Mambro: condannati quali esecutori materiali del delitto, anche se i mandanti sono ancora oggi ignoti.
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I ricordi non lasciano scampo e ripropongono immagini mai metabolizzate: corpi dilaniati, l’eroismo dei soccorritori, gemiti, lacrime, il repertorio dell’orrore che soltanto l’uomo riesce ad infliggere ad altri uomini.
Ma i ricordi offrono anche l’idea di una consapevolezza, salda già nei primi momenti, che il Paese avrebbe dimostrato una straordinaria capacità di tenuta democratica.
Dalla memoria affiorano i volti di Renato Zangheri, Sindaco di Bologna, Sandro Pertini, Presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, Ministro dell’Interno.
Baluardi della democrazia cui il popolo ha creduto.
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Vercelli fu come catapultata sulla scena del dramma che non aveva risparmiato una giovane vita, quella di Rossella Marceddu, la ragazza diciannovenne di Prarolo, che stava rientrando da una vacanza al mare.
Oggi, a 42 anni di distanza, è venuta proprio a Prarolo, nel Viale che porta il nome di questa vittima innocente dell’odio, di fronte al monumento eretto a suo nome, Laura Credidio.
Arriva da Bologna, città che oggi si è fermata ed ha accolto tanta gente, i familiari delle vittime, ma non solo: il popolo e le Autorità.
Si invoca una giustizia piena, ma, insieme, si pensa a come rendere in qualche modo fecondo quel sacrificio.
Così si è studiata una testimonianza proposta e vissuta grazie ad un percorso simbolico di grande significato. Il progetto si chiama “A destino: 85 viaggi da completare”.
E qui a Prarolo il progetto ha dischiuso tutta la propria efficacia comunicativa ed educativa.
Laura ha portato con sé una valigia bianca: dentro tante memorie, la storia di quei giorni, di quelle vite.
L’abbiamo accompagnata alla ricerca di qualcuno che fosse interessato ad ascoltare, a partecipare, a documentarsi: perchè quei giorni non devono affondare nelle sabbie mobili dell’oblio.
Ed il viaggio di Laura, una dei protagonisti del progetto “A destino”, non è andato a vuoto.
Nel paese che appare come disabitato, in questo primo pomeriggio di un 2 agosto corrusco, lungo la strada deserta che costeggia il Castello, passa una ragazza: ha diciotto anni, quasi l’età che aveva Rossella.
Ha soltanto sentito parlare di quella remota vicenda, forse appena coeva dei suoi genitori.
Ma è interessata a saperne di più: Laura e la giovane cittadina di Prarolo entrano subito in confidenza.
Il colloquio dura un po’ meno di mezz’ora.
La valigia bianca arrivata da Bologna è giunta a destinazione: oggi c’è una giovane cittadina in più che ha saputo e, soprattutto, vorrà sapere ancora.