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"C'è qui un ragazzo che ha cinque pani d'orzo e due pesci; ma che cos'è questo per tanta gente?" -

IN PRINCIPIO ERA IL VERBO - Letture dalla Liturgia nella XVII Domenica del Tempo Ordinario - "Dallo da mangiare alla gente" - Commento a cura della Prof. Elisabetta Acide -

Un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti.

2 Re 4, 42-44

Dal secondo libro dei Re

In quei giorni, da Baal Salisà venne un uomo, che portò pane di primizie all’uomo di Dio: venti pani d’orzo e grano novello che aveva nella bisaccia.
Eliseo disse: “Dallo da mangiare alla gente”. Ma il suo servitore disse: “Come posso mettere questo davanti a cento persone?”. Egli replicò: “Dallo da mangiare alla gente. Poiché così dice il Signore: “Ne mangeranno e ne faranno avanzare””.
Lo pose davanti a quelli, che mangiarono e ne fecero avanzare, secondo la parola del Signore.

Sal.144

RIT: Apri la tua mano, Signore, e sazia ogni vivente.

Ti lodino, Signore, tutte le tue opere
e ti benedicano i tuoi fedeli.
Dicano la gloria del tuo regno
e parlino della tua potenza.

  RIT: Apri la tua mano, Signore, e sazia ogni vivente.

Gli occhi di tutti a te sono rivolti in attesa
e tu dai loro il cibo a tempo opportuno.
Tu apri la tua mano
e sazi il desiderio di ogni vivente.

  RIT: Apri la tua mano, Signore, e sazia ogni vivente.

Giusto è il Signore in tutte le sue vie
e buono in tutte le sue opere.
Il Signore è vicino a chiunque lo invoca,
a quanti lo invocano con sincerità.

  RIT: Apri la tua mano, Signore, e sazia ogni vivente.

Ef 4, 1-6

Dalla lettera di San Paolo apostolo agli Efesìni

Fratelli, io, prigioniero a motivo del Signore, vi esorto: comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell’amore, avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace.
Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti.

Gv 6, 1-15

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù passò all’altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, e lo seguiva una grande folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi. Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli. Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei.
Allora Gesù, alzàti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: “Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?”. Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere. Gli rispose Filippo: “Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo”.
Gli disse allora uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: “C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?”. Rispose Gesù: “Fateli sedere”. C’era molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini.
Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano.
E quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: “Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto”. Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato.
Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: “Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!”. Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo.

***

UN PENSIERO SULLA PAROLA, A CURA DELLA PROF. ELISABETTA ACIDE

Una regione afflitta dalla carestia, un popolo affamato ( quella della regione di Galgala, prima lettura).

Il servo “vede” il pane, solo 20 pani, mentre Eliseo “vede” la gente.

L’uomo di Dio vede con gli occhi di Dio. Eliseo lo ha imparato da Elia: fidarsi di Dio.

Così dice Dio: saranno sfamati.

Nessun calcolo umano può impedire la volontà di Dio.

Il popolo di Dio ha fame, e Dio lo sfamerà.

Darà loro il pane del primo raccolto, quello più buono, quello che veniva offerto (Levitico 23,17 “saranno di due decimi di efa di fior di farina e li farete cuocere lievitati; sono le primizie in onore del Signore).

Eliseo vede la gente che ha fame e dà loro secondo la logica de Signore.

Sfama e avanza: lo aveva detto il Signore: “mangeranno e ne faranno avanzare”.

L’uomo di Dio ha lo sguardo di Dio, comprende Dio: Il servo continua a vere il “buon pane” da offrire a Dio.

Ecco il compito dell’uomo di Dio: credere e convincere.

E Anche Paolo (seconda lettura) esorta gli Efesini vi esorto: comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto”.

La dignità dei Figli, la fede con il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo.

Anche dalla prigionia, Paolo, pensa a Loro, è prigioniero per il Vangelo, ma non rinuncia ad essere “uomo di annuncio”: siate magnanimi, umili, dolci. Ecco la “lezione”, chiamati alla speranza, alla fede, chiamati ad essere un cuor solo ed un’anima sola.

“Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti” unione attraverso il Battesimo, attraverso lo Spirito, in comunione, sul modello della comunione d’ Amore di Dio.

Coerenza è aderenza al Vangelo, in concordia e unità, con dignità e comunione, per essere “un cuor solo e un’anima sola” (At 4,32).

E allora come il salmista (salmo 144/145) diciamo la nostra fiducia a Dio che “sazia ogni vivente” che “dà cibo al momento opportuno”.

Il Signore sazia ogni vivente, e la lode di Dio è su ogni bocca dei fedeli. La composizione alfabetica di riconoscenza a Dio, la lode per i suoi “disegni” per l’uomo.

E quel Dio “tenero” e “compassionevole”, “grande è il Signore e degno di ogni lode” ci viene presentano ancora in un gesto di compassione di Gesù (Vangelo).

Egli vede una immensa folla (Giovanni si preoccupa di dirci i numeri precisi, ci racconta la “numerazione” della giornata con i dettagli).

Su quella riva del lago di Tiberiade, Gesù sta insegnando (è seduto), alza gli occhi e “vede”; lo sapeva che lo stavano seguendo, che avevano visto i suoi segni, i miracoli, le guarigioni… adesso li guarda ad uno ad uno, non come “massa” informe, ma come uomini e donne, bisognosi, desiderosi.

Li guarda e “vede” il bisogno…

Ha capito Gesù.

C’era molta erba” come un perfetto padrone di casa, accogliente, non li fa sedere sulla roccia o sulla terra: sull’erba, quasi fosse un cuscino: a tavola occorre “stare comodi”.

La folla ha trovato posto… e quella preoccupazione di Filippo… il giovane Filippo, ancora l’incredulità degli apostoli.

Ma Andrea, il saggio, l’anziano… “suggerisce”, certo è poca cosa, ma … meglio di niente.

Uomini di pesca, di tributi… avvezzi ai calcoli… sanno che non può bastare quel poco…

La logica umana contro la logica di Dio.

Ma come?!

Gesù si “butta” in questa “impresa”: i buoni padroni di casa lo sanno, quando qualcuno è “invitato a mensa” occorre avere sempre la dispensa fornita, il pane fragrante e caldo, aver concordato con la cuoca i cibi, la quantità… l’ospitalità è un dono, certo è anche fonte di ansia… ma avere “ospiti” a pranzo o a cena, è fonte di gioia, di condivisione, di “comunione”.

Gesù è “pronto”, prevede la reazione degli apostoli e sa già che cosa succederà: pane per tutti, benedizione, fame saziata.

Il pane quotidiano, non con la cioccolata o la marmellata.

Quel pane quotidiano.

Dacci oggi il nostro pane quotidiano” (Mt 6,11; Lc 11,3) dirà Gesù.

Un Padre che sa perfettamente ciò di cui abbiamo bisogno.

Dacci ciò di cui necessitiamo, non ciò che desideriamo.

Dacci ciò che è “bene per noi”.

Fammi mangiare il pane della tua volontà.

Meglio tradurre quell’aggettivo che abbiamo reso con “quotidiano” (epioúsios) con essenziale.

Siamo mendicanti, siamo pellegrini, siamo folla stanca… abbiamo bisogno del “pane”.

Il pane che mangeremo non da soli, ma insieme: il “nostro pane”, non il “mio”.

Il capitolo 6 del Vangelo di Giovanni da cui è tratto questo brano, è l’avvio di quella “spiegazione”, di quei gesti che Gesù compirà nella Cena Pasquale che precede il suo arresto, condanna e morte.

I gesti “preannunciano” ciò che sarà l’ Eucaristia.

Anche qui la Pasqua è vicina, quella festa così importante per il popolo ebraico che ancora oggi la celebra con un rito particolare: cena, canti, letture…

Il tempo… la cena… il cibo… il pane.

I primi “segni” della scoperta del Mistero di Cristo.

Un bambino sarà la soluzione: “ha cinque pani d’orzo e due pesci

Per cinquemila uomini.

Il bambino con generosità lascia i pani ed i pesci.

Il bambino solo, ha capito: condividere l’essenziale, il pane, per cibarsene insieme.

Ed il “rendimento di grazie”, non dopo essersi sfamati, ma prima.

Eucaristia è “rendere grazie”.

Dono d’Amore. Dono di fede.

E Gesù su quel pane “rende grazie” (n greco eucharistésas), sfamerà, avanzerà (Klasmata) e farà raccogliere.

Tuttavia… Gesù al termine del racconto giovanneo appare triste…

La folla lo acclama, eppure lui si “ritira”, va sul monte “lui da solo”.

Lui sa che secondo l’antica tradizione, secondo le scritture che lui ben conosce come ebreo, vogliono farlo “re”.

Ma il suo regno non è “politico”, non hanno compreso, si sono fermati ai gesti, ai “miracoli”.

Hanno fatto “esperienza di Dio”, hanno quasi compreso… ma si sono fermati all’Antico.

Il “segno” compreso solo dalla fede vera.

Il vero miracolo è il dono, l’offerta di sé di Gesù, il pane condiviso e mangiato insieme, in comunione.

Quel pane che sarà donato che diventerà cibo di salvezza, cibo che placherà la nostra fame, il desiderio di Dio, completezza della nostra esistenza.

Quanti numeri in questo brano di Vangelo, ma non per i calcoli umani, per la logica della comprensione di Dio: E ci sono tutti 5000 – 12 – 3 – 2 – 1 (la solitudine di Gesù): solo con i “numeri” di Dio possiamo comprendere il Suo progetto.

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