Presentato dal Presidente del Rotary Club di Gattinara, Tiziano Mestriner, è stato ospite al Rotary Club di Gattinara il Procuratore Capo Pier Luigi Pianta per parlare di un tema molto appassionante: “Il magistrato requirente di fronte al dilemma etico”.
Come premessa il Procuratore ha ricordato che: “Nella categoria ‘magistrati’ rientrano sia i Giudici (magistratura giudicante) sia il Pubblici Ministeri (magistratura requirente). Da anni è in corso una discussione, a più livelli, da quello politico a quello socio-culturale, che dibatte sulla necessità di separare nettamente le due carriere senza possibilità di osmosi da una all’altra. Ovviamente sono addotte le più svariate argomentazioni a sostegno dell’una o dell’altra tesi. Al momento, io prenderò in considerazione la situazione così com’è ora, evidenziando, caso per caso, le condizioni di analogia e quelle di differenza tra l’una e l’altra figura. D’altra parte molti aspetti relativi all’etica o alla deontologia professionale che riguardano i magistrati sono assolutamente comuni agli avvocati ed agli altri soggetti che operano nell’ambito di un procedimento penale (consulenti tecnici, polizia giudiziaria, personale amministrativo)”.
Facendo riferimento alla propria vicenda professionale: “Dopo essere stato per quattro anni insegnante, per vent’anni sono stato giudice e da quattordici Pubblico Ministero, avendo contatti sia da Giudice, che da PM, con avvocati, consulenti tecnici, medici legali, interpreti, psicologi, ingegneri, persone legate da obblighi deontologici, da doveri di segretezza ed esigenze etiche, chiamati al rispetto formale di norme e procedure processuali”.
E’ sorto, nella giurisprudenza disciplinare, un dibattito su ciò che è violazione disciplinare e che come tale va sanzionato e ciò che è eticamente inopportuno, in relazione al tipo di ruolo svolto (ad esempio un certo stile di vita, comportamenti non usuali tipo suonare un strumento musicale nel tempo libero dal lavoro all’interno della metropolitana tipo clochard) che non può invece essere oggetto di sanzione.
Pianta ha ricordato che: “Quando si indossa la toga si amministra la giustizia, si diventa come il sacerdote che celebra la messa, e si è tenuti a rispettare determinate regole. Nella vita privata, il magistrato pur essendo tenuto ad un certo decoro, depone gli abiti curiali”, aggiungendo che: “I principi etici subiscono modificazioni nell’arco del tempo e quindi le valutazioni siano di fatto in costante e continuo mutamento”.
Quando Pianta lasciò Genova per Vercelli questa era considerata una sede disagiata, perché l’organico dei magistrati era inferiore del 20% rispetto a quello previsto e i posti vacanti erano stati banditi due volte andando deserti, ora, anche se le carenze di organico permangono sul piano del personale amministrativo, la situazione si è normalizzata e si è creato un clima umano favorevole.
Dalle parole del Procuratore sono emersi impegno e dedizione, uniti alla capacità di far fronte alle carenze di personale, lavorando con impegno e passione, riservando sempre una speciale attenzione all’aspetto umano: “E’ importante non perdere di vista gli obiettivi fondamentali del proprio compito, senza lasciarsi sovrastare dalle urgenze quotidiane: la nostra attività coinvolge la vita di altre persone, affrontiamo reati fiscali, aggressioni ai patrimoni, danneggiamenti, furti, siamo chiamati a tutelare le garanzie della libertà personale e della vita di tutti i cittadini: la giustizia penale lavora per tutelare le persone offese e, in qualunque reato, la persona offesa per eccellenza è lo Stato”.
Il ruolo del P.M. è, per così dire “bifronte”, perché interviene, con la Polizia Giudiziaria nella fase delle indagini e poi interagisce con la difesa (o le difese, se c’è anche la parte civile) e il giudice nella fase successiva, per cui modula le scelte strategiche anche diversamente rispetto alla fase in cui opera: “In Italia l’azione penale è obbligatoria, ma dal punto di vista etico non è tanto importante se il PM vince o perde, ma ricercare tutti gli elementi, anche quelli a favore della persona indagata, facendolo con imparzialità. Noi siamo la parte che sostiene l’accusa, ma il nostro dovere è prima di tutto quello di cercare la verità. Il Codice Disciplinare regola i comportamenti dei giudici e dovrebbe indurre sempre a prudenza”.
Il magistrato requirente deve fare scelte rapide ed immediate nel compimento di atti di indagine (si pensi ad atti di perquisizione e sequestri o di esperimento di consulenze tecniche nell’immediatezza del fatto reato) e poi è gravato dalla responsabilità della valutazione delle prove raccolte.
Il Procuratore ha anche fornito indicazioni su cosa sia più opportuno fare in presenza di un’indagine in cui siano evidenti profili di “spettacolarizzazione” e possibile protagonismo per il rappresentante della pubblica accusa e su quali siano i rapporti con la stampa da tenere da parte del titolare di un’indagine, modulando gli interessi dell’opinione pubblica a conoscere di fatti che destano forte allarme sociale, con quelli di tutela della riservatezza delle persone coinvolte nell’indagine, che si presumono innocenti finché non interviene una sentenza di condanna passata in giudicato: “ I processi non vanno fatti sui giornali, ma nelle aule di tribunale”.
Il Procuratore della Repubblica è il soggetto legittimato ad intrattenere i rapporti con i media, potrà diffondere informazioni attraverso due soli strumenti e cioè con un comunicato ufficiale (“comunicato stampa”) o con una conferenza stampa.
Alcune condotte, che non destano particolare allarme dal punto di vista etico, soprattutto in determinati ambienti, come l’evasione fiscale, l’abusivismo edilizio, il mancato rispetto delle norme sullo smaltimento dei rifiuti, il commercio ‘selvaggio’ di opere d’arte, il commercio non disciplinato di cuccioli di animali da affezione, integrano violazioni di norme penali e, essendo obbligatoria l’azione penale, ogni P.M., nel momento in cui riceve la notizia di reato, è tenuto ad effettuare tutte le indagini necessarie per accertare la sussistenza del fatto o meno e la sua riconducibilità ad un determinato soggetto o meno, nonché a verificare che gli elementi di cui si è effettuata la raccolta, il più esaustiva possibile, siano o non siano idonei a sostenere l’accusa in giudizio: “Ciò che non è bello o non è buono nel sentire comune non sempre è anche un elemento per perseguire penalmente il soggetto che pone in essere determinati comportamenti: quindi da un punto di vista etico, ciascun magistrato requirente, nel suo quotidiano operare (specialmente nella fase delle indagini), dovrebbe astrarsi il più possibile da quelle che sono le sue credenze religiose, culturali, politiche e anche semplicemente di ‘saper vivere’ e valutare i fatti in relazione a ciò che la norma penale qualifica come reato”.
Spesso l’opinione pubblica si interroga del motivo per cui, a parità di fatti reato, in alcuni casi si arrivi a processo e talora a condanna e in altri no.
Anche qui si pone un problema morale per il P.M: “C’è anche un diverso ed opposto punto di vista che incide sulla valutazione, sia in fase di indagini sia in fase di giudizio: si tratta di quel “sentire sociale comune” detto anche ordine pubblico interno (contrapposto a quello internazionale) che impone, invece di ricondurre il caso alla norma di legge, di valutare condotte che, in base all’ordinamento italiano, costituiscono reato, anche se culture diverse non lo ritengono tale: si veda la poligamia, il trattamento maltrattante nei confronti delle donne, i matrimoni combinati senza il minimo consenso della persona che deve contrarlo, alcune mutilazioni ad organi genitali”.
Gli “scrupoli morali” che ciascun magistrato requirente (ma il discorso vale anche per il giudicante) può avere in relazione ai singoli fatti che gli vengono sottoposti, e che poi potenzialmente verranno sottoposti al vaglio di un giudice che dovrà decidere “in nome del popolo italiano”, devono pertanto essere vagliati in relazione alle considerazioni di cui sopra.
All’intervento del Procuratore sono seguite molte domande alle quali ha risposto con proprietà e chiarezza, spiegando anche il potere di avocazione, cioè se il PM vede che un sostituto va fuori tema, può avocare a sé il fascicolo, ma tutto deve sempre essere tracciabile: “Nella mia Procura non ho avuto il problema di schegge impazzite ma è un rischio del quale bisogna essere consci”.
Il PM deve cercare di creare sinergie, rimarcando però se viene fatto qualcosa di non utile alle indagini.
Autorevole ma non autoritario, capace di ascoltare e dialogare con i suoi sostituti, ma anche con i giudici e gli avvocati, attento ai collaboratori e vicino al territorio: questo profilo del Procuratore Capo è emerso nell’intervento gattinarese, fatto parlando a braccio, senza leggere le note preparate, dando scioltezza al discorso.
Carlo Goio ha sintetizzato il pensiero di tutti i rotariani presenti: “Io mi auguro che tutti trovino dalla loro parte un procuratore come lei: fare il giudice in gioventù le è giovato”.
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Redazione di Vercelli