THAT’S AMORE?
«L’Amore non vede con gli occhi del corpo, ma con quelli dell’anima. Ed ecco perché l’alato Cupido è dipinto cieco; e perché il suo spirito non è dotato di alcun discernimento. Ali e non occhi sono l’emblema di una foga inconsiderata: l’amore è un fanciullo che spesso fallisce nelle sue elezioni. Come i sollazzevoli garzoncelli mentono nei loro puerili diporti, così il fanciullo Amore mente sempre e con indifferenza».
Così Elena – bistratta protagonista di Sogno di una notte di mezza estate – chiude mestamente la prima scena della nota play shakespeariana, testimoniando attraverso questa battuta quanto i sentimenti possano essere scostanti, ingiusti, contraddittori, talvolta perfino tossici.
L’attualità – spesso drammatica – di tale tematica stimola nella rete teatrale di Piemonte dal Vivo una vasta riflessione sulle forme d’amore e di “malamore”: vicende coniugali, tradimenti, rapporti interrotti, storie di libertà, occasioni di ribellione alle imposizioni sociali.
Un ricco carnet di proposte per il variegato pubblico del Circuito regionale.
LE PROPOSTE TEATRALI IN PIEMONTE
Il carnet di proposte prende il via dopo San Valentino, il 15 febbraio, con una matinée al Teatro Alfieri di Asti, parte del progetto di teatro-scuola rivolto alle nuove generazioni..
Paola Fresa veste qui i panni di P come Penelope: una donna che aspetta da anni un uomo di cui non sa dire se sia vivo o morto; una madre che cresce da sola un figlio.
In uno spazio chiuso, asettico, come un laboratorio di analisi, il testo mette al microscopio il mito di Penelope, riconoscendole una funzione finalmente attiva nella narrazione della propria esistenza.
L’opera ridiscute così le tradizionali fondamenta della società patriarcale: padre-marito-figlio, madre-moglie-figlia.
Altra relazione disfunzionale è quella al centro di Tradimenti (con Stefano Braschi, Stefania Medri e Michele Sinisi), sul palco del Teatro Crocco di Ovada il 15 febbraio e del Teatro Cantoregi di Carignano il giorno successivo.
Messinscena dell’omonimo dramma presentato da Harold Pinter in prima a Londra nel 1978, la vicenda narra di un rapporto extraconiugale, ripercorso à rebours.
Tutto ha inizio due anni dopo i fatti. Accanto agli amanti, vi è il marito di lei, che è al tempo stesso il migliore amico di lui.
Un triangolo, insomma, d’alto coinvolgimento psicologico.
L’amore diventa sofferenza in Diario di un dolore, tratto dall’omonimo romanzo di C.S. Lewis, racconto della reazione del protagonista alla morte della moglie.
Si può raccontare il proprio dolore senza il sospetto di star tradendo sé stessi e la propria intimità?
La propria biografia può diventare oggetto della messinscena? Sono questi gli interrogativi da cui parte Francesco Alberici.
Lo spettacolo, con Astrid Casali, va in scena dal 14 al 17 febbraio tra San Pietro in Vincoli, San Maurizio d’Opaglio e Casalborgone.
Delicata, invece, la relazione fra Lella Costa ed Elia Schilton.
Il 20 febbraio al Teatro Civico di Tortona, ultima replica audiodescritta infatti della lunga tournée piemontese di Le nostre anime di notte, per la regia di Serena Sinigaglia e la traduzione di Emanuele Aldrovandi, parte del progetto di accessibilità Teatro No Limits.
Una forma di amore in questo caso che sfocia, più che nell’eros, nell’intimità fra due vedovi dirimpettai, desiderosi di condividere qualche chiacchiera notturna prima di cedere al sonno.
Decisa a sfidare le convenzioni delle relazioni borghesi è, da parte sua, Mirandolina.
“Credo che Goldoni, con La locandiera, abbia fatto un gesto […] di sconvolgente contemporaneità: innanzitutto siamo davanti al primo testo italiano con protagonista una donna. Ma Goldoni va oltre, scardina ogni tipo di meccanismo, eleva una donna formalmente a servizio dei suoi clienti a donna capace di sconfiggere tutto l’universo maschile […]. Di fatto Mirandolina riesce in un solo colpo a sbarazzarsi di un cavaliere, di un conte e di un marchese. Scegliendo alla fine il suo servitore come marito fa una scelta politica”.
Così Antonio Latella, che ne La locandiera, in scena il 5 marzo al Testro Toselli di Cuneo, dirige un’ottima Sonia Bergamasco, pronta a vestire i panni dell’eponima protagonista, simbolo imprenditoriale e di libertà femminile.
La triste vicenda d’amore tra Cyrano, Rossana e Cristiano torna a vivere sul palco dell’Alfieri di Asti il 7 marzo grazie alla brillante rilettura di Arturo Cirillo.
Un’esperienza di teatro-canzone, “attraverso non solo le parole – scrive il regista – ma anche le note, che a volte fanno ancor più smuovere i cuori”.
È il dramma musicale di un uomo che si considerava brutto e non degno d’essere amato.
“Un uomo, o un personaggio, in fondo salvato dal teatro, ora che il teatro ha più che mai bisogno di essere salvato”.
“Che altro può una creatura se non amare/tra creature, amare?”, recitano i versi del poeta Carlos Drummond De Andrade.
L’amore supera le geografie, accomuna le culture, rendendo le persone, in fondo, tutte uguali.
Forse è solo una condizione imprescindibile dell’esistenza: chi può dirsi immune?
E Pippo Delbono con il suo nuovo lavoro Amore (in scena al Tosello di Cuneo il 12 marzo) parte da una geografia, quella del Portogallo, per approdare al più semplice e spaventoso dei sentimenti umani.
Ai “maneggi” di Rostand seguono quelli per maritae una figlia, la commedia più amata e celebre del repertorio di Gilberto Govi, con la regia e l’interpretazione di Tullio Solenghi, in scena accanto a Elisabetta Pozzi.
Genova, anni ’50: Steva è un uomo semplice e mite, continuamente vessato dai rimbrotti dell’acida moglie Giggia.
I due attempati coniugi sono impegnati nella scrupolosa ricerca di un “buon partito” per la loro unica figlia.
In replica il 12 marzo a Villadossola, il 13 marzo ad Alessandriae il 25 marzo a Casale Monferrato.
Tra il farsesco e l’amaro si muovono invece gli “Amori disperati in tempo di guerra” portati sul palco del Teatro Sociale di Pinerolo prima e del Teatro Alesandrino di Alessandria poi (tra il 20 e il 21 marzo) da Natalino Balasso, con Andrea Collavino e Marta Cortellazzo Wiel.
L’attore e comico proietta il pubblico in una cornice villanesca – quella di Angelo Beolco, al secolo Ruzante – popolata di caratteri ruspanti, famelici e poltroni.
“Credo che Beolco con il suo alter ego e le sue opere – scrive la regista Marta Dalla Via – volesse dimostrare che un altro modo di fare arte/cultura era possibile e provava a fare azioni sceniche antisistema anche quando era accolto da quel sistema”.
Altrettanto tragicomica è la linea di Amanti, in doppia replica il 23 e il 24 marzo al Teatro Coccia di Novara: una pièce in due atti sull’amore, sul sesso, sul tradimento e sul matrimonio, sulle relazioni di lunga durata e sulle avventure a termine, sul maschile e sul femminile, sulla ricerca della felicità che prende sempre strade diverse da quella prevista.
Una commedia brillante, con situazioni e dialoghi che strappano risate, ma anche un’esplorazione dei sentimenti di una coppia che nella clandestinità trova al tempo stesso rifugio e affanno.
In scena, tra gli altri, Massimiliano Gallo e Fabrizia Sacchi.
Dallo spazio domestico si passa allo spogliatoio di una palestra con Un poyo rojo, replicato per il cartellone di We Speak Dance il 27 e il 28 marzo rispettivamente a Mondovì e a Ovada.
Qui i due danzatori argentini Luciano Rosso e Alfonso Barón si affrontano, si scrutano, si squadrano, si provocano, si seducono.
È il racconto di un incontro d’amore tra danza, acrobatica e comicità.
Una provocazione, un invito a ridere di noi stessi, esplorando tutto il ventaglio delle possibilità fisiche e spirituali dell’essere umano.
Dulcis in fundo, il grande classico Zio Vanja, per la regia di Leonardo Lidi, seconda tappa del suo Progetto Čechov.
Al centro le vicende di una famiglia sconfitta dai propri fantasmi, il dramma delle occasioni mancate, delle rinunce e dei rimpianti: una commedia domestica che pare quasi costruita sull’inerzia.
Repliche audiodescritte il 6 aprile al Teatro Civico di Vercelli e il 17 aprile al Maggiore di Verbania.
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Redazione di Vercelli