Assemblea a porte chiuse: finirà 39 a zero?
C’è attesa per la riunione di oggi, 19 gennaio, presso la Provincia di Vercelli, Sala Tarsie, convocata dal Presidente di Via San Cristoforo, Davide Gilardino.
Trentanove Primi Cittadini di città e paesi, chiamati ad esprimersi sulla scelta compiuta dal Comune di Trino che, nella seduta di Consiglio Comunale dell’11 gennaio scorso, ha deciso (a maggioranza) di avvalersi della facoltà di proporre anche il proprio territorio comunale quale sede dell’ormai famoso “deposito unico” nazionale, ove convogliare i reliquati della (breve) via italiana all’energia elettrica prodotta da fusione nucleare.
Guarda cliccando qui lo streaming della riunione di Consiglio Comunale dell’11 gennaio scorso.
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Perché 39 e questi 39 in particolare?
Anzi, 39 più uno: il Comune di Trino pare che non sia tra quelli invitati.
Perché i Comuni che amministrano si trovano compresi nel raggio di 25 chilometri dall’epicentro, appunto Trino.
Perché 25 chilometri e non, ad esempio, 30 o 10 o 40?
Forse perché si ritiene l’area più immediatamente interessata in caso di emissioni aeree o forse perché, al contrario, si pensa che la falda acquifera (in caso di incidenti forieri, al contrario o insieme ai precedenti di percolamenti inquinanti) sia una sorta di comun denominatore capace di mettere in relazione un’area ampia.
Forse.
Il dato certo è che si tratta solo dei Comuni che si trovano in provincia di Vercelli, mentre – sempre a proposito di falda (meglio, “falde”) – il mondo non finisce entro i confini amministrativi che stanno in superficie e sulle carte geografiche, ma, come si diceva un tempo, “è tutto attaccato insieme” almeno per molti chilometri quadrati ancora.
Su cosa, dunque, dovranno o potranno esprimersi i Sindaci?
Lo sapremo presto.
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Inutile dire che la vicenda odierna richiama alla mente (le “formazioni” sono pressochè le stesse) la storica battaglia degli anni 1976 – 1977 quando Enel avrebbe voluto realizzare la seconda Centrale nucleare, affacciata sul Po, e molto più grande della Enrico Fermi.
La questione, allora, era tutta incentrata su una domanda che era anche una ragione di crisi: siccome l’acqua del Po, in quel punto, non basterebbe per alimentare le “torri di raffreddamento” della progettata Centrale e, insieme, assicurare la disponibilità idrica per l’irrigazione dei campi, cosa si vuole sacrificare / privilegiare?
L’energia elettrica da fusione nucleare, oppure la risicoltura?
Il “fronte del no” era allora guidato da un vero gigante dell’idrologia e dell’economia agraria, l’allora Direttore Generale di Ovest Sesia, Ing. Giuseppe Viazzo.
Al cui seguito tutto il mondo agricolo fu subito allineato, in modo compatto.
Dimostrò inequivocabilmente che la portata del Po, in termini tecnici, di metri cubi d’acqua al minuto, non sarebbe mai potuta bastare per soddisfare i due concomitanti prelievi: l’uno reale, l’altro ancora ipotetico.
Per tanti e ulteriori motivi, come sappiamo di Centrali nucleari nel Paese non si parlò più.
Altri tempi.
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Oggi come andrà?
Forse il tabellone della partita farà registrare un punteggio di 39 a zero?
O, al contrario, potrebbe, al modo di quei sostenitori di Virginia Raggi che assicuravano “Virginia non sei sola!”, cioè presentare una “confort zone” per Daniele Pane e la sua maggioranza?
Inutile trascurare, poi, la circostanza che vede, sullo sfondo, una possibile preoccupazione di carattere politico.
Se il partito di Giorgia Meloni pare avere, ancora e tutto sommato, il vento in poppa su scala nazionale, non si sa che pensare dei possibili trend elettorali se si traguarda, invece, il confine più angusto della provincia di Vercelli dove, tra il “rinculo politico” dello sparo di Rosazza, la vicenda del deposito unico a Trino e – mettiamoci pure – l’esperienza amministrativa del Comune Capoluogo, le arie paiono tutte diverse.
Come finirà?
Lo sapremo tra poche ore.