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ISTITUTO PROFESSIONALE LANINO – Presentato il libro “Adesso io sono” di Matteo Gardelli e Marco Cioglio        

L’evento ha permesso di approfondire i tanti aspetti della realtà carceraria

Vercelli Città

L’Istituto di Istruzione Superiore “C. Cavour”,  martedì 21 marzo, ha ospitato in Aula magna Matteo Gardelli autore del libro “Adesso io sono” racconti di naufragi e salvataggi, insieme a Carlo Olmo e Valeria Climaco, autori della prefazione, per la presentazione del testo agli allievi del Corso socio- sanitario dell’Istituto  professionale “B. Lanino”.

Siamo presenti da tanti anni nella struttura carceraria con il corso Cat e conosciamo questo ambiente fatto di tante storie che toccano direttamente la nostra sensibilità e verso le quali mostriamo interesse. Ringrazio gli autori del libro oggi qui presenti, gli studenti e gli insegnanti per questo evento che ci permette di approfondire meglio i tanti aspetti di questa realtà”.

Sono le parole seguite al saluto di accoglienza dato dal Dirigente Paolo Massara ai presenti e agli autori intervenuti che, presentando le storie racchiuse nel libro, hanno spiegato i valori costituzionali e civili che legano ognuno di noi a un mondo apparentemente lontano.

Hanno moderato l’incontro le professoresse Sabrina Campisi ed Emanuelle Bazzacco.

Martedì è stata una giornata formativa anche per le domande poste dagli studenti che hanno stimolato riflessioni di altro profilo umanistico, sostenute dalle esperienze partecipate dai relatori.

Tutto ciò ha permesso di pensare al sistema penitenziario come a un mondo complesso che possiamo e dobbiamo comprendere con la massima empatia possibile, respingendo le tentazioni disumane del “buttate via la chiave”.

La dottoressa Climaco ha fatto riferimento all’art. 27 della Costituzione e “alla responsabilità penale che è personale, nessuno di noi può essere imputato per un reato che non ha commesso o lo ha commesso un altro. L’imputato non è considerato colpevole finché non risulta condannato definitivamente e le pene devono essere ispirate dal principio della rieducazione. Questo perché i nostri Padri costituenti hanno immaginato la vita in carcere come a un percorso di conversione. Infatti rieducazione significa far ripetere quelle attività tipiche della vita comune che caratterizzano la crescita di una persona, nella speranza e con il desiderio che tutto funzioni meglio perché ci sono figure specializzate che intervengono con la giusta competenza. La rieducazione si basa su tutte le attività tipiche che caratterizzano la vita comune: l’istruzione, lo sport, il rapporto e il sostegno della famiglia, la comunicazione con l’esterno”.

La professoressa Sabrina Campisi ha introdotto l’intervento della studentessa Jessica Lika che ha letto un brano estratto da “Lettera da un pianeta sconosciuto”.

La riflessione di Sabrina Campisi sul testo esplicita il senso profondo del messaggio: “In questo testo ci sono parole che colpiscono la nostra attenzione: verità, coraggio, indifferenza, intelligenza, speranza, dolore, critiche, pregiudizio, ma una le accomuna tutte: consapevolezza”.

Così Jessica  Lika dal racconto “Lettera da un pianeta sconosciuto”: “Neppure chi si è macchiato di colpe può essere privato della dignità che spetta a ogni essere umano in egual misura e non può venire meno. Se è vero che tutti possono sbagliare, l’importante è non rimanere sbagliati come ha detto anche Papa Francesco in uno dei suoi efficaci discorsi. L’ascolto, la relazione e le attività proposte dalla direzione del carcere sono dunque una cura per chi ha bisogno di aiuto e contribuiscono a renderci migliori. Il penitenziario è, per molti, un pianeta sconosciuto, eppure è abitato da persone reali. Ed è parte integrante della società. L’importante è ascoltare la voce degli scartati per capire e cambiare il giudizio sul mondo dei reclusi. Purtroppo al tempo di oggi il pensiero di tanti è caratterizzato da una… condanna infinita. Si è ostili  verso chi può aver sbagliato. Bisogna, invece,  maturare la consapevolezza di concedere il diritto a ritornare a vivere a quanti hanno scontato il loro debito. Perché? Perché tutti hanno il diritto al futuro. Non bisogna dimenticare che la privazione delle libertà,  forse,  potrebbe riguardare anche chi non se lo aspetta. Come diceva Emmanuel Kant: ‘La sincerità è la più crudele delle virtù. Molte volte non si può dire la verità ma è essenziale che si sia veritieri in ciò che si dice.’ Ogni mattina, quindi,  aggrappiamoci alla verità ,alla speranza per sopravvivere. Vi auguro con forza di essere sempre abbracciati dalla serenità e dalla pace. Che Dio ci protegga sempre. E’ il 17 Ottobre dell’anno 2022. Dino”.

La professoressa Emanuelle Bazzacco ha introdotto l’autore Matteo Gardelli con una considerazione sul testo: “E’ un libro che si legge tutto d’un fiato, con temi molto coinvolgenti che riguardano ognuno di noi. Il titolo racchiude quello che realmente il libro vuole trasmettere”.

Nel suo intervento Matteo Gardelli ha fatto riferimento al film “L’ora più buia” per paragonare l’azione di Churchill nel guidare un paese a scegliere la soluzione migliore durante la seconda guerra mondiale, alle attività che svolgono gli operatori carcerari, agli educatori come punto di riferimento per la concretizzazione dei principi definiti nella Costituzione.

Inoltre con questa metafora ha introdotto Carlo Olmo che ha aiutato la nostra città nel momento ‘più buio’ della pandemia.

Chi vive la realtà carceraria non è un estraneo, non è qualcuno che va dimenticato. Sono uomini e donne che, dopo aver sbagliato, non si vogliono arrendere. Cercano la seconda possibilità. E la vogliono avere, laddove possibile, in mezzo a noi”.

Queste le parole nella prefazione al libro che Carlo Olmo ha declinato nel suo intervento rispondendo alle numerose domande degli studenti.

Ha ricordato che nel film “Lupo bianco” viene trattato il tema della verità: “Una persona viene assolta per un fatto grave, ma può essere effettivamente colpevole. E’ possibile quindi sostenere che La verità non esista, è un punto di vista. Il concetto di colpevolezza e innocenza è molto relativo; bisogna quindi considerare il fatto che ‘scagli la prima pietra chi non ha mai sbagliato’ con tutto ciò che ne consegue”.

Poi ha ripercorso i momenti del Covid: “Nel frangente dell’ora più buia della nostra nazione ho trovato persone che venivano insieme a me per aiutare chi aveva bisogno. In questo periodo sono stato anche in carcere per ascoltare i detenuti che soffrivano come tutti noi per la pandemia in atto. Uno dei momenti più toccanti è stato quando un addetto alla biblioteca mi ha scritto una lettera di ringraziamento. Un altro fatto esemplare è stato quando alcuni detenuti del carcere di Viterbo, sapendo che avremmo effettuato un viaggio umanitario in Ucraina, ci hanno donato quattrocento euro per i bambini colpiti dalla guerra”.

In conclusione  ha lanciato un messaggio molto significativo: “La forza degli operatori della legge, degli operatori delle strutture carcerarie, della Costituzione è che anche davanti a dei criminali recidivi, dall’indole particolarmente malvagia, noi dobbiamo credere nella forza dell’amore, della vita, del recupero, della riabilitazione perché altrimenti siamo noi che abbiamo fallito. Noi siamo dalla parte della giustizia, della verità,  della libertà a tutti i costi, nel rispetto della legge”.

L’invito finale agli studenti racchiude il senso formativo di questa giornata: “Ragazzi se potete andate a conoscere la realtà carceraria,  perché imparerete molte cose”.

 

Redazione di Vercelli

 

 

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