(jurij ferrini) – Dopo il successo di “Sogno di una notte di mezza estate”, non potevo resistere alla tentazione di rileggere e ripercorrere tutte le opere di Shakespeare, in cerca di quella che maggiormente avevo necessità di raccontare al pubblico.
E al contempo nutrivo un’autentica necessità di lavorare con lo stesso meraviglioso ensemble che si è creato per il Sogno…, un gruppo affiatato, intelligente e pieno di talento.
Mentre cercavo per il prossimo triennio una trilogia Shakespeariana è arrivata la proposta del direttore del Teatro Stabile di Torino di sostenere una nostra produzione.
Infine, ho sentito il forte impulso di dirigere ed interpretare Otello.
La mia idea è piaciuta alla direzione del Teatro Stabile di Torino e insieme la stiamo realizzando.
Una premessa importante: quando allestimmo il Sogno di una notte di mezza estate, l’idea – di per sé non sicuramente originale – di far interpretare la parte di Puck a Rebecca Rossetti, ha sortito da subito il mio desiderio di toccare un tema tanto importante quanto spinoso: le donne hanno – è risaputo – nel teatro classico, un numero di ruoli significativi di gran lunga inferiore rispetto agli uomini.
Non volevamo perdere la stessa squadra affiatata che aveva così ben realizzato (recensioni e pubblico lo avevano decretato fin dalla versione estiva dello spettacolo), il successo di un vero ensemble dove si è apprezzato l’insieme e non il singolo, dovevamo escogitare qualcosa: serviva un uomo in più e una donna di meno.
Ricordo che uno dei giorni seguenti ci fu un ennesimo ed odioso episodio di bullismo a sfondo sessuale, e in quel momento ho chiesto a Rebecca di interpretare Iago.
Era perfetta per il progetto che ho in mente.
Uno Iago molto androgino – una sorta di Jim Morrison – che compie la sua distruzione ed autodistruzione per semplice, disarmante disprezzo per la vita.
Ma c’è di più: sottrarre rilevanza al genere di chi interpreta un ruolo, oltre ad avere l’immediato risultato di non smarrire o disperdere l’affiatamento della compagnia, presenta anche una considerazione secondaria, ma non meno importante ossia quella di rappresentare una scelta significativa nei confronti del tema della differenza di genere; tema in continuo movimento e di stringente attualità.
Quando leggo un testo, soprattutto un grande classico, non posso fare a meno di chiedermi che cosa possa significare per il pubblico di oggi.
Un matrimonio segreto fra un maturo alto ufficiale di colore e la giovane figlia di un importante senatore nelle grazie del governo di una qualche potenza occidentale, proprio la notte prima di partire per una guerra lontana… sono le premesse che – estrapolate dal loro contesto storico originale – mi permettono di avvicinare prospetticamente questa vicenda alla nostra falsa coscienza occidentale e costituiscono uno straordinario materiale per un lucido ed appassionante esame del viaggio a ritroso e contro natura (come si risalisse la corrente di un fiume) da un infinito oceano d’Amore fino alle fonti dell’Odio più puro; dal mare di Luce che è la vita di ogni essere umano alla più spaventosa delle Tenebre, quella della morte; dalla prosperosa Pace in cui avrebbe senso restare, alla furiosa Guerra che ha sempre segnato il destino di donne e uomini.
E così nella mia immaginazione la storia del nero Otello… diventa la storia d’amore di un generale delle forze armate occidentali, di stanza con le sue truppe a presidiare una esotica e meravigliosa isola (Cipro nell’originale) per difenderla da forze nemiche mediorientali (i Turchi), accompagnato al fronte dalla sua splendida moglie, una donna bellissima, giovanissima, estremamente libera ed intelligente, (Desdemona) che lo ama profondamente contro tutti i pregiudizi di una società ancora profondamente razzista – come in parte lo è ancora la nostra del resto – e da un suo ufficiale, un uomo di cui si fida moltissimo (Iago), altrettanto intelligente, del tutto affidabile in apparenza e votato nel suo intimo ad un oscuro nichilismo e alla distruzione di ogni istinto vitale.
Questo rapporto triangolare porterà le forze del puro amore (di cui Desdemona in quest’ottica è funzione) e dell’odio più profondo (di cui è invece funzione Iago) a scontrarsi ferocemente nel cuore del protagonista fino a rapirgli la mente e a condurlo verso il baratro di una gelosia folle ed omicida.
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Il dramma privato della gelosia diventa così – in una visione più collettiva – la tragedia della violenza umana che ha sempre avuto, purtroppo, ottimi motivi per essere scelta; almeno rispetto alla via molto più complessa ed articolata del dialogo, dell’approfondimento e della reciproca comprensione.
Un dialogo necessario per quella rivoluzione umana che non possiamo smettere mai di cercare; a partire proprio dal rivoluzionare noi stessi; riconoscendoci sempre nell’avversario e inchinandoci alla sua umanità, che rispecchia esattamente la nostra.
In questo tempo in cui una guerra assurda ci riporta sul baratro della distruzione di ogni specie vivente, è significativa la pertinenza di molte domande sulla natura degli esseri umani.
Ma la guerra in cui siamo immersi è troppo vicina per poterla contestualizzare.
Per possederne una narrazione comune.
Per questo, suppongo, non riesco a slegare nella mia fantasia la storia del nero Otello dalle immagini dell’ultimo straordinario movimento culturale e rivoluzionario del mondo moderno, iniziato nella metà degli anni ’60, ma battezzato dalla storia come il ’68.
L’opposizione negli U.S.A. alla guerra del Vietnam; la rivolta contro i regimi totalitari nei paesi influenzati dal comunismo dell’U.R.S.S.; le battaglie per i diritti civili di uguaglianza, senza distinzioni di Credo, sesso e razza; ideali di Amore e Libertà, anche e soprattutto sessuale, ritenuti in grado di opporsi alla violenza bruta di ogni guerra; il rifiuto di ogni autorità riconosciuta per ottenere un cambiamento… suggestioni, movimenti, idee, ispirazioni che spingevano con vigore l’intera umanità, dall’America, attraverso l’Europa e fino all’estremo Oriente, verso quella rivoluzione umana che avrebbe potuto essere l’unica svolta davvero importante per la storia.
Cosa non ha funzionato?
Questa meravigliosa idea di rivoluzione umana cedette il passo, dopo il ’68, ad una involuzione del tutto innaturale per il progresso dell’umanità.
Perché questo avvenne?
Perché questo avviene?
Il teatro non è il luogo delle risposte.
Il teatro è il luogo delle domande.
Lo spettatore sa poi ragionare e trovare qualche risposta personale, quando si trova davanti ad interpreti che sappiano raccontare in ogni personaggio, la complessità dell’animo umano e tutte le svolte sbagliate, gli errori che compie e le passioni che lo muovono…uno spettatore se messo di fronte ad attori trasparenti e capaci, può anche immaginare come avrebbe potuto andare diversamente una tragica storia.
E in questo arricchisce la sua mente.
Dal nostro punto di vista è sufficiente non smettere mai di accoglierlo, divertendolo e commuovendolo nel contempo.
È sufficiente farsi capire, perché uno spettatore capisca. È sufficiente essere chiari.
E non mancargli mai di rispetto, considerandolo meno intelligente di chi si innalza su di un palco.
Questo non è il Teatro che propongo.
Magari non posso affermare esattamente cosa sia un mio spettacolo.
Ma so affermare cosa non è.
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OTELLO
di William Shakespeare
diretto ed interpretato da Jurij Ferrini
con Rebecca Rossetti
ed, in ordine alfabetico,
Paolo Arlenghi, Sonia Guarino, Maria Rita Lo Destro, Agnese Mercati, Federico Palumeri, Stefano Paradisi, Michele Puleio.
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Una Produzione
Progetto U.R.T. in collaborazione con Teatro Stabile Torino – Teatro Nazionale.
Ufficio promozione e distribuzione: Chiara Attorre – clicca qui – .
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