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La morte di un giovane è sempre una sconfitta per tutti

TRINO - Chiesa gremita per l'ultimo saluto a Cristian Martinelli - La gente ascolta rapita l'omelia del Diacono Emor Lucingoli - Integrale in VIDEO - Quelle domande esigenti, che ci sono rivolte mentre percorriamo il lungo corridoio per arrivare alla porta del Paradiso 

La Giustizia farà il suo corso, ma per tutti è necessario un cammino di conversione

La statua di San Giovanni Bosco è proprio lì, vicino all’ambone, nella bella Chiesa parrocchiale di San Bartolomeo, a Trino, quasi volesse dire che il Santo del Valdocco, il Santo dei giovani, il Padre di tante vite di cui si prese cura, altrimenti abbandonate da tutti, in balia di chiunque, è lì anche per suggerire qualche pensiero a chi deve dettare l’omelia.

Oggi Don Bosco si sarà di certo unito all’applauso, spontaneo e prorompente, dopo le parole del Diacono Emor Lucingoli, chiamato a dare l’ultimo saluto a Cristian Martinelli, il giovane di 34 anni morto dieci giorni fa a Casale Monferrato, vittima di un pestaggio efferato.

Le parole di Emor Lucingoli sono riproposte, integralmente, nel nostro video, con qualche ulteriore momento di questa celebrazione, dolente, irrorata da tante lacrime, eppure non priva di speranza.

Oggi, 25 ottobre, non siamo qui per dire altre parole che diano conto del lavoro degli Investigatori, che descrivano i contorni di una vicenda assurda, ma forse non sorprendente se – come ha ricordato il Diacono – dobbiamo rimettere al centro della esperienza di ogni comunità la ricerca di senso, l’affermazione del valore della vita. Senso e valore che sembrano smarriti.

Tanta gente è qui, in questa mattina che offre un generoso tepore autunnale, per unirsi in un abbraccio fraterno alla famiglia di Cristian, per consegnare Cristian al Padre, cercando qualcosa da dire, anche per lenire un dolore senza misura.

Ed Emor trova queste parole, prendendo le mosse dalla espressione sincera e senza perifrasi dei sentimenti che sono in lui ed in tanti che sono qui: “oggi sono arrabbiato”.

Esordisce così e spiega perché.

Spiega altresì come questo sentimento di ribellione si consumi nel dolore e si faccia preghiera, diventi una supplica: a fare pace con noi stessi e con gli altri. A rimettere al centro il valore della vita. A non giudicare: ogni persona non soltanto “ha” una storia, ma “è” una storia fatta di vissuti che sedimentano e tutti concorrono a farci ciò che siamo. Non giudichiamo, ma cerchiamo nell’altro il fratello.

E, per meglio illustrare questo pensiero (e forse è proprio qui che Don Bosco, a proposito di sogni, dà qualche idea) non esita a proporre una metafora: il sogno di chi, giunta l’ora suprema, si presenti poi a San Pietro per chiedere il “via libera” al Paradiso.

Ma il principe degli Apostoli indica un lungo corridoio, in fondo al quale c’è la porta del Paradiso: lo si dovrà percorrere, preparandosi, però, ad incontrare, lungo il cammino, qualche vecchia conoscenza che porrà domande scomode.

Sono le domande alle quali ciascuno di noi deve essere preparato. Ascoltando queste domande, il silenzio che scende nel tempio si fa assoluto, irreale, ciascuno è totalmente rapito dall’ascolto.

Parole che, davvero, merita ascoltare ancora, perché diventino vita vissuta..

Parole che resteranno scolpite nei cuori, e aiuteranno la famiglia di Cristian a sentirsi meno sola. Parole che aiuteranno ciascuno di noi a lavorare ancora molto su noi stessi e certamente ci hanno fatto uscire dalla Chiesa di San Bartolomeo un po’ diversi di come siamo entrati.

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