Le associazioni Alzheimer Piemonte, Amici Parkinsoniani Piemonte e Fondazione promozione sociale hanno depositato al Tar del Piemonte il ricorso contro le delibere 1 e 10/2022 della Regione Piemonte che limitano a 60 giorni la durata massima del percorso di continuità post acuzie coperto dal Servizio Sanitario nazionale presso le Residenze sanitarie assistenziali – Rsa, per poi rimandare alla discrezionalità delle Unità di valutazione geriatrica che prendono in esame la condizione socio-economica (Isee) dei malati e dei loro nuclei famigliari per autorizzare/negare il ricovero in convenzione con l’Asl (50% della retta pagata dal Servizio sanitario).
A sostegno del ricorso, le associazioni denunciano l’incompatibilità delle recenti delibere con la normativa nazionale: le delibere violano i principi dell’articolo 32 della Costituzione («tutela della salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività»), quelli della legge 833 del 1978 sul divieto di fissare una «durata» a priori del percorso di presa in carico sanitaria e quelli dei Livelli essenziali delle prestazioni (Lea) del 12 gennaio 2017, che non prevedono interruzioni di prestazione tra le fasi ospedaliere e di riabilitazione e quelle di «lungoassistenza» in Rsa.
Persino il Consiglio di Stato, pronunciandosi sulla legittimità dei Lea, aveva ribadito con la sentenza 1858 del 2019, che «la previsione di un limite temporale di durata del trattamento estensivo fissata in 60 giorni (…) non è cogente (…) dovendo, dunque, escludersi ogni paventato automatismo nella definizione della durata del trattamento che, pertanto, andrà stimata sulla scorta delle effettive condizioni dell’assistito».
Le delibere approvate negli scorsi mesi dalla Regione Piemonte, inoltre, fissano un tetto di spesa per le convenzioni Rsa: si tratta, nominalmente, dei 265 milioni di euro stanziati nel 2019 (ma le organizzazioni dei gestori di strutture Rsa lamentano da anni che il budget speso è sensibilmente inferiore a quanto dichiarato nel bilancio preventivo).
La Corte Costituzionale ha però ribadito con due importanti sentenze del 2020 che la spesa sanitaria non è comprimibile per esigenze di equilibrio di bilancio. Se c’è il Livello essenziale delle prestazioni – come nel caso del ricovero in Rsa in convenzione con l’Asl – le risorse non possono essere negate.
Va ricordato, inoltre, che l’ammontare del budget previsto per le convenzioni Rsa ammonta a circa il 3% del Fondo sanitario regionale e che la Regione Piemonte è uscita dal Piano di Rientro del deficit sanitario nel 2017, perdendo anche quella motivazione (pretesto?) per tagliare prestazioni essenziali di salute pubblica.
Con il budget previsto nelle delibere contestate dalla Regione, si coprono quote sanitarie (50% della retta totale) per meno della metà dei quasi 30mila posti Rsa attivi in Regione: oltre 15mila malati non autosufficienti sono quindi destinati a rimanere senza intervento del Servizio sanitario, costretti a pagare 30-40mila euro all’anno per il ricovero.
Per Giuliano Maggiora, presidente dell’associazione Alzheimer Piemonte, «è fondamentale garantire ai malati di Alzheimer veri percorsi di continuità della presa in carico sanitaria, sia residenziale, sia domiciliare. È inaccettabile una ‘sanità a tempo’ per persone che purtroppo sono colpite da malattie degenerative, inguaribili, ma sempre curabili».
Ubaldo Pilotto, presidente dell’associazione Amici Parkinsoniani Piemonte: «I provvedimenti regionali non sembrano tenere conto di quanto sia importante il fabbisogno sanitario dei malati di patologie degenerative: persone che hanno bisogno di interventi senza limiti di durata prefissati, di prestazioni che rispondano alle loro esigenze sul fronte della terapia, della riabilitazione, delle prestazioni quotidiane di tipo tutelare».
«Siamo stati costretti al ricorso per le mancate risposte concrete della Giunta regionale in materia di continuità delle cure secondo le leggi – spiega Maria Grazia Breda, presidente della Fondazione promozione sociale – l’amministrazione regionale ha scelto di discriminare i malati non autosufficienti (gli unici a dover interrompere le cure dopo il 60° giorno) e di porre un limite di spesa per le convenzioni in Rsa, ammettendo in sostanza di lasciare scoperti dalle cure del Servizio sanitario almeno la metà dei ricoverati».
Nel corso della presentazione del ricorso, le associazioni hanno ribadito la necessità che la Regione Piemonte ritiri le delibere e dia corso concreto alla riorganizzazione della residenzialità socio-sanitaria invitando a partecipare a questo percorso i rappresentanti degli utenti.
Urgente è anche la nuova convocazione delle Cabine di Regia provinciali, come strumento di confronto dei soggetti interessati al tema della residenzialità anche in tema di aumento delle tariffe, vigilanza, standard delle cure, numeri dei malati in liste d’attesa ai quali è stata rifiutata la convenzione da parte delle Unità valutative geriatriche delle Asl, accessi e visite alle Rsa.
Redazione di Vercelli