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In occasione della ricorrenza del 25 novembre, la Questura di Vercelli ha organizzato alcune iniziative, nell’ambito del progetto “Questo non è amore”, curato, già da alcuni anni, dalla Direzione Centrale Anticrimine, che ha prodotto un opuscolo informativo e di sensibilizzazione diffuso ogni anno in occasione della Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.

Un primo momento di incontro, nella mattinata di lunedì 25 novembre presso il Liceo Scientifico “Amedeo Avogadro” di Vercelli, con l’allestimento di un gazebo nel cortile antistante il plesso scolastico e adiacente alla pubblica via e la presenza di personale in divisa che ha illustrato i contenuti dell’opuscolo agli studenti e le finalità divulgative in esso contenuto.

Nella circostanza gli operatori hanno dato informazioni sugli strumenti di tutela delle vittime di violenza di genere previsti dalla legge.

L’allestimento del gazebo si sposterà il giorno seguente in Piazza Cavour, in pieno centro cittadino, dove, nel corso della mattinata, gli operatori forniranno le informazioni sul progetto e sugli strumenti di tutela alle donne vittime di maltrattamenti ai passanti e a tutte le persone che affluiranno in piazza in occasione del mercato bisettimanale previsto anche nella giornata del martedì.

A quest’ultima iniziativa parteciperà, con un proprio stend ,una delegazione del C.I.P.M. (Centro Italiano per la Mediazione e la Promozione) di Novara, con il quale è stato in questi ultimi giorni rinnovato per altri due anni il “Protocollo Zeus”, grazie al quale gli autori di violenza di genere sono invitati a partecipare ad un percorso trattamentale integrato, finalizzato all’acquisizione del disvalore penale delle azioni commesse.

La proficua collaborazione con il predetto C.I.P.M e la reciproca sinergia con la Questura hanno consentito di avviare i primi contatti presso strutture locali, volte all’apertura di una sede del C.I.P.M. anche nella città di Vercelli.

L’attività di sensibilizzazione sul tema, non si limita solo ad iniziative direttamente organizzate, ma prevede anche la collaborazione attiva di Funzionari e personale della Questura nell’ambito altre iniziative che si svolgeranno in questo capoluogo.

In particolare:

Nella serata del 25, è prevista la partecipazione della Questura ad un dibattito organizzato dall’Associazione “Facciamo Rumore”- Femme con il patrocinio del Nodo provinciale di Vercelli della Rete regionale contro le discriminazioni in Piemonte.

Nella serata del 27, il contributo della Questura sarà prestato attraverso la partecipazione ad un incontro organizzato dalla delegata di Vercelli delle “Soroptimist International d’Italia”, presso la sede dell’associazione, nel corso del quale si affronterà il tema dell’importanza dell’informazione sulla problematica in attenzione. La Questura ha, peraltro, aderito alla iniziativa ”Orange The World”, organizzata dallo stesso sodalizio a livello nazionale, illuminando di arancione la facciata dell’edificio sede dei propri uffici nelle giornate del 25 e 26 novembre.

Le iniziative previste per la settimana si concluderanno nella serata del 28, con la partecipazione della Questura ad un incontro organizzato dal Kiwanis Club di Vercelli presso la sede dell’associazione.

Nel corso dell’anno l’attività a tutela delle vittime prosegue in maniera trasversale, prevedendo la partecipazione della Divisione Polizia Anticrimine a un Tavolo Intersettoriale Salute e Scuola, a cui collaborano vari enti presenti sul territorio, con la finalità di creare una rete di interconnessione tra i partecipanti e garantire una più ampia conoscenza e diffusione della tematica, che necessita di un approccio multidisciplinare e coordinato.

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Posted in Scuola e Università

Nei giorni scorsi, presso la Questura di Vercelli, il Questore, Dott.ssa Giuseppina Suma, e il Presidente del Centro Italiano per la Promozione e la Mediazione (C.I.P.M) di Novara, Dott.ssa Paola Maggiori, hanno sottoscritto il rinnovo per ulteriori due anni, fino al novembre 2026, del c.d.”Protocollo Zeus”.

Il Protocollo prevede la possibilità di adesione ad un percorso di recupero presso il C.I.P.M. di Novara per tutti quei soggetti autori di atti persecutori (cd. stalking) e violenza domestica, a seguito di un provvedimento di Ammonimento del Questore.

Nell’occasione, il protocollo è stato esteso anche alle iniziative di prevenzione della violenza giovanile e del cyberbullismo, alla luce delle novità normative introdotte dalla L.168 /23 sulla violenza di genere e dalla L.159/23, c.d. “Decreto Caivano”, in materia di disagio giovanile.

L’importanza del Protocollo Zeus, già positivamente sperimentato negli ultimi anni, risiede nel cambio di prospettiva che propone nell’affrontare il tema della prevenzione della violenza di genere; l’attenzione non viene rivolta più solo alla vittima, quale soggetto da prendere in carico per accompagnarla in un percorso di assistenza ed assunzione di consapevolezza, ma anche al maltrattante, al quale viene prospettata l’opportunità di “un cambio di rotta” nei suoi agiti violenti, invitandolo ad intraprendere un percorso trattamentale, volto a comprendere il disvalore penale e sociale delle azioni commesse.

Il C.I.P.M. una volta presi in carico i soggetti ammoniti, fornisce alla Questura un costante aggiornamento sulla prosecuzione del percorso, al fine di la valutare il rischio di recidiva dell’autore di violenza, nonché una dettagliata relazione finale sull’esito del percorso stesso.

Il rinnovo del Protocollo Zeus, con l’ampliamento del suo intervento anche ai minorenni, autori di fatti violenti e destinatari di ammonimento del Questore, suggella la positiva collaborazione sperimentata negli ultimi due anni, e, anche considerata la prossima ricorrenza del 25 novembre, costituisce un passaggio importante nell’ambito delle azioni di prevenzione e contrasto della violenza di genere, per ribadire  che l’approccio a tale problematica, per essere efficace, non può che essere multidisciplinare e coordinato.

 

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Posted in Cronaca

La serata organizzata martedì 19 novembre dal Lions Club Valsesia, è stata affidata ad un ospite illustre: Felice Addonizio, già Dirigente Generale della Polizia di Stato. Vincitore di concorso per Commissari fu destinato alla Questura di Cagliari dove svolse l’incarico di Funzionario addetto alla DIGOS – Sezione Antiterrorismo, dirigendo importanti indagini, sulla Colonna Sarda della Brigate Rosse, resesi protagoniste, tra l’altro, di conflitti a fuoco con operatori delle Forze dell’Ordine.

Trasferito nel luglio 1980 alla Questura di Roma, fu assegnato alla DIGOS ove ebbe inizialmente la responsabilità della Sezione Antiterrorismo e poi, nel 1989, ne divenne il Vice Dirigente.

Diresse indagini su gravissimi episodi criminosi avvenuti nella Capitale ad opera di militanti di Prima Linea, della Brigate Rosse e dei Nuclei Armati Rivoluzionari individuandone i responsabili e partecipando personalmente al loro arresto.

Promosso Primo Dirigente della Polizia di Stato nel 1995, fu designato a coordinare l’attività del Nucleo Interforze costituito per coadiuvare il Giudice Istruttore Rosario Priore, nelle indagini sull’attentato al Papa Giovanni Paolo II e sull’incidente aereo del DC9 ITAVIA I-TIGI.

Dal 1998 al 2004, diresse la Divisione Polizia Anticrimine della Questura di Roma, ove promosse ed eseguì Misure di Prevenzione Patrimoniale, per la prima volta, nei confronti del famoso clan “Casamonica” composto dalla famiglie mafiose Casamonica, Spada e Di Silvio, operanti a Roma e nel Frusinate.

E’ stato Questore della Provincia di Arezzo, ove attualmente vive.

E’ Commendatore al Merito della Repubblica. Cavaliere del Sovrano Militare Ordine di Malta.

E’ attualmente Componente del Comitato Scientifico delle “Fondazione Giovanni Paolo II”, Socio del Lions Club Arezzo Nord-Est, di cui è past President e componente del Consiglio Direttivo.

Felice Addonizio era accompagnato da Massimo Rigo, di origini borgosesiane, cerimoniere del Distretto 108la.

Prima di parlare dell’argomento della serata, L’attentato a Papa Giovanni Paolo II, Felice Addonizio ha rivolto un pensiero a tutte le vittime della polizia che hanno sacrificato la vita, o la salute, ricordando in modo particolare Amar Kudin, il giovane poliziotto morto in un incidente a Roma, mentre era in servizio.

Il 13 maggio 1981 è una data che molti ricorderanno per sempre”: Felice Addonizio allora era un giovanissimo funzionario della DIGOS (Divisione Investigazioni Generali e Operazioni Speciali, un ufficio della Polizia di Stato presente in ciascuna delle 105 questure italiane), alla notizia dell’attentato al Papa si precipitò in Piazza San Pietro.

Addonizio ha raccontato anni cruciali della vita del nostro paese, partendo da quella che ha definito la “stagione degli intrighi”, tra il 27 giugno 1980 e il 13 maggio 1981, contrassegnata da tre fatti drammatici: l’incidente aereo del DC 9 Itavia, noto come strage di Ustica, del 27 giugno 1980, la strage di Bologna, del 1 agosto 1980 e l’attentato a Giovanni Paolo II, del 13 maggio 1981,

Per capire l’attentato al Papa è necessario far riferimento alla morte del suo predecessore, Papa Luciani, che, secondo alcuni, sarebbe stata decisa, appena 33 giorni dopo la sua elezione al pontificato, perché il Papa voleva denunciare frodi azionarie compiute nei sacri palazzi. La successiva elezione al soglio pontificio di Karol Wojtyla sarebbe stata “organizzata” dal cardinale Franz König (1905-2004) pioniere del dialogo con i non credenti e autentico costruttore di ponti, nella vecchia Europa, separata dalla Cortina di ferro nel blocco occidentale e in quello sovietico”: dopo questa premessa è seguito il racconto.

Giovanni Paolo II, mentre percorreva Piazza San Pietro tra la folla, venne ferito gravemente da alcuni colpi di pistola sparati da Ali Ağca, che scappò perdendo la pistola, ma fu subito catturato. Ağca era misteriosamente evaso nel 1979 dal carcere turco dove era stato rinchiuso per il suo primo omicidio e in tutti questi anni: “Ha continuato a fare il pazzo, a mentire e a confondere le acque”.

Nella sua autobiografia, uscita nel 2013 e intitolata: Mi avevano promesso il Paradiso, ha scritto anche che l’attentato gli fu ordinato dall’ayatollah Khomeini: «Tu devi uccidere il Papa nel nome di Allah», gli avrebbe detto il leader iraniano, «perché è il portavoce del diavolo in terra. Poi togliti la vita affinché la tentazione del tradimento non offuschi il tuo gesto, e avrai come ricompensa il paradiso».

A  sparare al Papa fu sicuramente lui, un fanatico musulmano legato all’organizzazione turca di estrema destra dei Lupi grigi, un movimento nazionalista paramilitare, protagonista di un’ondata di violenza che provocò cinquemila morti in Turchia.

Messi fuori legge, i Lupi Grigi si rifugiarono all’estero, prima in Francia e poi in Germania, avviando un traffico di stupefacenti. Ancora oggi la giustizia non ha accertato chi siano stati i mandanti, né quale sia stata la genesi dell’attentato. “La sua condanna è una delle poche certezze nel buio fitto che ancora avvolge uno dei grandi misteri del secolo scorso”.

Addonizio ha rivelato che Ağca era stato sicuramente torturato: “Presentava cicatrici nelle zone intime e sputava marrone”.

Fu scarcerato nel 2010, dopo un’ulteriore pena scontata in Turchia, oggi è sposato e vive ancora in Turchia.

Dopo l’attentato furono ipotizzate diverse “piste” presentate anche nel libro: Uccidete il Papa. La verità sull’attentato a Giovanni Paolo II di Marco Ansaldo e Yasemin Taskin: la famosa pista bulgara, una addirittura interna al Vaticano, un’altra legata a capire quale ruolo avesse avuto la mafia nella vicenda,

Addonizio ha accennato anche alla scomparsa di Emanuela Orlandi, avvenuta a poco più di un anno di distanza dall’attentato a papa Giovanni Paolo II, agli infiniti depistaggi e alle fughe di notizie calcolate: “La denuncia della scomparsa di Emanuela non fu fatta dal padre, ma da uno zio che lavorava come cameriere alla buvette di Montecitorio che ne parlò con un parlamentare”.

E’ stato anche ricordato il caso dell’altra quindicenne, Mirella Gregori, scomparsa a Roma il 7 maggio del 1983.

Al termine dell’intervento, che ha lasciato i presenti sconcertati nell’apprendere alcuni retroscena di notizie date per scontate, ad Addonizio sono state poste alcune domande, alle quali ha risposto ampiamente.

Addonizio ha ricevuto il guidoncino del Club e ha donato al Presidente, Andrea Ballarini,  un libro di Fabio Gialli sul pilota aretino Gastone Brilli-Peri, detto l’Africano, morto a Tripoli in un incidente.

Il Cerimoniere del Lions Club Valsesia, Alberto Regis Milano, essendo anche Presidente di Agape OdV,  ha ricordato che sabato 30 novembre, a Borgosesia, presso il Centro Sociale di Via Giordano, alle ore 16, in occasione dei dieci anni di attività della Casa di Accoglienza “Giovanna Antida” ci sarà un dibattito dedicato a: “La violenza contro le donne: un dramma quotidiano” con la partecipazione di Livia Zancaner, borgosesiana di nascita, giornalista di Radio24-IlSole24Ore, coautrice con Chiara Di Cristofaro e Simona Rossitto del volume: “In trappola”, in cui, partendo da un’inchiesta sul linguaggio, si vuole indagare quanto siano profonde, anche nelle nuove generazioni, le radici della violenza sulle donne.

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In occasione del 25 novembre, “Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne”, l’Arma dei Carabinieri ha organizzato una campagna di comunicazione e responsabilizzazione, che mira a rafforzare la consapevolezza e l’impegno sul delicato tema.

Ogni giorno, l’Istituzione è in prima linea nella lotta alla violenza contro le donne e le iniziative intraprese sono tutte accomunate dal dire fermamente “No!” a qualsiasi forma di comportamento violento o discriminante – sia fisico che psicologico.

La diffusione di materiale informativo, di locandine e video sui principali canali social dell’Arma, oltre alle numerose interviste di Carabinieri particolarmente impegnati nella specifica attività, rappresentano strumenti utili a incoraggiare le vittime affinché denuncino ciò che subiscono.

In tale prospettiva, sono stati realizzati uno spot con la partecipazione del famoso presentatore televisivo Carlo Conti, nonché un videomessaggio a cura di personale dell’Arma, che invitano le donne a “fare il primo passo”, evidenziando l’esistenza, a sostegno delle vittime, di misure di natura legale, nonché di supporto psicologico, lavorativo ed economico.

Un altro pilastro della campagna è il coinvolgimento delle scuole e delle comunità in molti Comuni i Carabinieri hanno organizzato incontri informativi per sensibilizzare i giovani sul delicato tema e per promuovere una rinnovata concezione della donna, che ne rispetti la dignità, valorizzandone le risorse, così superando in definitiva quel retaggio culturale che l’ha vista storicamente in posizione di disuguaglianza.

Anche quest’anno, tante caserme dell’Arma si illumineranno di arancione, in adesione alla campagna internazionale “Orange the World”, come segno concreto dell’importante impegno profuso dall’Istituzione.

Inoltre, sul sito www.carabinieri.it, è stata dedicata un’intera sezione al “codice rosso”, che offre informazioni sul fenomeno e sugli strumenti di tutela delle vittime, mettendo a disposizione un test di autovalutazione, denominato “Violenzametro”, che rileva il livello di violenza subita in un rapporto di coppia (http://www.carabinieri.it/in-vostro-aiuto/consigli/codicerosso/codice-rosso).

In un quadro sociale e normativo in continua evoluzione, l’Arma ha avviato da tempo progetti finalizzati alla prevenzione e al contrasto della violenza di genere.

Infatti, nel 2009, è stata istituita la Sezione Atti Persecutori, collocata nell’ambito del Reparto Analisi Criminologiche (R.A.C.) del Raggruppamento Carabinieri Investigazioni Scientifiche (Ra.C.I.S.), per svolgere studi e analisi del fenomeno e delineare strategie di prevenzione e di contrasto aderenti, aggiornate ed efficaci.

La Sezione viene tempestivamente informata di ogni evento significativo che accade sull’intero territorio nazionale, per approfondire gli aspetti psico-criminologici, anche nella prospettiva di analisi dei fattori di rischio e di elaborazione di strategie operative.

È una unità di punta, che si compone di personale con peculiari competenze scientifiche e psicologiche, cui si affiancano anche investigatori, per portare, all’interno di tale struttura di eccellenza, l’esperienza maturata direttamente sul campo.

A partire dal 2014, l’Arma si è dotata di una “Rete nazionale di monitoraggio sul fenomeno della violenza di genere”, costituita da ufficiali di polizia giudiziaria (Marescialli e Brigadieri), con una formazione certificata nello specifico settore. Essi fungono da punti di riferimento per il personale dei Reparti sul territorio nello sviluppo delle indagini e sono elemento di raccordo, a livello centrale, con la Sezione Atti Persecutori per un più compiuto apprezzamento dei casi.

La loro preparazione è assicurata da specifici corsi frequentati presso l’Istituto Superiore di Tecniche Investigative (ISTI), centro di alta qualificazione dell’Arma, che, dal 2008, provvede alla specializzazione degli ufficiali di polizia giudiziaria e li abilita alla conduzione delle indagini più complesse e all’uso di sofisticati strumenti, coniugando innovativi metodi didattici e contenuti formativi aggiornati. Un vero e proprio laboratorio di cultura investigativa in cui converge l’apporto delle più qualificate risorse dell’Arma, tratte dal R.O.S., dai Reparti Investigazioni Scientifiche (R.I.S.), dal Reparto Analisi Criminologiche e dai Nuclei investigativi, i quali portano in aula le migliori esperienze acquisite.

Ad oggi, sono stati svolti 36 corsi della durata di 2 settimane, che hanno consentito di formare 864 operatori. Inoltre, nel quadro di un accordo operativo con il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi (CNOP), i componenti della “rete” partecipano a seminari informativi incentrati su elementi di psicologia comportamentale, volti a migliorare le capacità di interazione con le vittime vulnerabili sia nel primo contatto in situazioni di emergenza, sia nel successivo percorso di denuncia.

Oltre al personale debitamente formato e ai Reparti dedicati, il primo sportello di ascolto per le vittime sono le Stazioni Carabinieri, fulcro dell’Istituzione, “porte della speranza”, capillarmente diffuse sul territorio che assicurano tempestivi interventi.

Nell’ambito delle collaborazioni interistituzionali, l’Arma dei Carabinieri partecipa a numerose intese siglate tra Procure della Repubblica, Prefetture, Forze di polizia, Aziende Sanitarie, Ospedali, Centri antiviolenza e associazioni onlus.

Tra queste, il progetto denominato “Una stanza tutta per sé1 che, a partire dal 2015, grazie alla preziosa collaborazione di Soroptimist International d’Italia, ha consentito di allestire nelle caserme dell’Arma distribuite sul territorio nazionale circa 200 stanze dotate di strumenti tecnologici utili per l’ascolto delle vittime di violenza domestica e di genere e la verbalizzazione delle denunce in un contesto dedicato e assolutamente riservato, in grado di trasmettere una sensazione di accoglienza e attenzione per le sofferenze subite. A tal fine, sono state definite le linee guida per l’arredo dei locali che tengono conto della psicologia dei colori e delle immagini.

L’iniziativa ripropone su più ampia scala la positiva esperienza attuata nel 2014, presso la sede della Sezione Atti Persecutori, con la realizzazione della “Sala Lanzarote2, ambiente ideato per la confortevole ricezione della vittima, con una sala-regia per le audizioni.

Proprio nella giornata odierna, presso la sede della Stazione Carabinieri di Sezze Romano, è stata inaugurata un’altra stanza che si aggiunge alle altre, tutte concepite per incoraggiare le donne a rivolgersi all’Arma e sostenerle nel momento della denuncia.

Nel 2019, è stata avviata in provincia di Napoli la sperimentazione del sistema “Mobile Angel”, sviluppato con la società “Intellitronika” grazie al sostegno dell’associazioni “Soroptimist International Italia” e “Woman Care Trust”, impegnate nella tutela delle vittime di stalking, e delle Fondazioni “Vodafone Italia” e “Lottomatica”, che perseguono finalità di assistenza alle categorie sociali vulnerabili. Il progetto, oggi esteso alle province di Roma, Milano e Torino d’intesa con le rispettive Procure della Repubblica, prevede la consegna alle vittime di violenza di genere di un dispositivo di allarme integrato in uno “smart watch”, connesso con la rete telefonica. Una “App” dedicata consente, in caso di necessità, di inviare richieste d’intervento alla Centrale Operativa dell’Arma.

Complessivamente sono stati assegnati 15 smartwatch a Napoli, 15 a Milano, 20 a Torino e 21 a Roma e il loro utilizzo ha determinato positivi riscontri in ragione sia dell’accresciuta percezione di sicurezza da parte delle vittime, consapevoli di poter contare su interventi tempestivi a fronte di situazioni di emergenza, sia dell’accertata funzione di deterrenza svolta dagli apparati.

L’impegno prioritario dell’Arma è quello garantire la sicurezza delle donne e prevenire situazioni che possano degenerare, prestando particolare attenzione ai cosiddetti “reati spia”, ovvero a quei delitti come gli atti persecutori, i maltrattamenti contro familiari e conviventi e le violenze sessuali, spesso precursori di epiloghi tragici e fatali per le vittime. Nel 2023, rispetto al 2022, i delitti perseguiti dall’Arma con riferimento al Codice Rosso sono passati da 54.062 a 55.374 confermando la prevalente percentuale di quelli denunciati presso le Stazioni Carabinieri.

In riferimento ai primi dieci mesi del 2024, i Carabinieri hanno perseguito 46.317 reati nell’ambito del Codice Rosso.

Sul piano investigativo – repressivo, l’attività di contrasto istituzionale condotta dall’Arma è risultata particolarmente significativa. Infatti, lo scorso anno – per quanto attiene al Codice Rosso – sono state tratte in arresto 7.644 persone rispetto ai 7.111 arresti del 2022. Nei primi dieci mesi del 2024 gli arresti sono stati 7.928.

Rivolgendo lo sguardo al futuro, l’Arma intende confermare il proprio contributo nella prevenzione e nel contrasto del fenomeno, ben consapevole delle difficoltà di intercettare in anticipo – a differenza di molte altre fattispecie di reato – i singoli episodi delittuosi, posto che si manifestano nella loro gravità e vengono denunciati dopo molto tempo rispetto all’inizio delle condotte vessatorie, in una fase già critica per l’integrità fisica e la sicurezza delle vittime.

Quello della violenza di genere è un grave fenomeno di natura culturale e sociale, contro il quale le sole misure restrittive non bastano, dovendosi, invece, ritenere imprescindibile un processo evolutivo della componente antropologica che vada di pari passo con il mutevole e rapido cambiamento della società.

1 Il nome fa riferimento al titolo del saggio di Virginia Woolf “A Room of One’s Own” dove la scrittrice inglese racconta le ingiustizie sociali e la mancanza di libertà d’espressione subite dalle donne a inizio del Novecento.

2 Dall’omonima Convenziona, ratificata in Italia con la Legge 1° ottobre 2012, n. 172, che sancisce principi cardine a cui gli stati firmatari devono adeguarsi in materia di prevenzione e criminalizzazione di ogni forma di abuso e sfruttamento sessuale nei confronti dei minori.

 

 

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