VercelliOggi
Il primo quotidiano online della provincia di Vercelli

Poco dopo la mezzanotte di oggi, domenica 19 marzo, la squadra dei Vigili del Fuoco della centrale di Vercelli si è recata in via Mombarone, 2 per un incendio in un’abitazione che si è sviluppato al secondo piano.

Il rapido intervento delle squadre dei Vigili del Fuoco ha consentito di domare l’incendio prima che si propagasse agli appartamenti vicini.

Redazione di Vercelli

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Crescentino sgomenta per la scomparsa della Signora Lucia Russo, 75 anni, che nella giornata di ieri è stata trovata priva di vita nei pressi della roggia Garavella, nell’area che si vede inquadrata da Google Maps.

Sono in corso le indagini per accertare ogni aspetto di una vicenda dai contorni ancora incerti, anche se parrebbe escludersi l’ipotesi del gesto anticonservativo.

Il corpo privo di vita della Signora è stato ritrovato all’interno di un pozzo.

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Giovedì 23 marzo alle ore 17.30, il Museo Leone di Vercelli ospita la conferenza di Guido Michelone “Il mondo dell’arte. I pittori da amare e scoprire”.

Partendo dal recente volume Perdonami Picasso, 105 artisti moderni e contemporanei (Melville Edizioni, 2022) in cui Guido Michelone, studioso multiforme, raccoglie oltre cento biografie di grandi pittori, architetti, designer, fotografi da fine Ottocento a oggi si partirà per un viaggio per immagini dal Piemonte all’Italia, dall’Europa al mondo, nel fantastico universo delle arti visive, fra astratte e figurative, realiste e surreali, classiche e avveniriste.

Un modo per riflettere anche sul ruolo del critico, del divulgatore, dell’esperto in un ambito dove tradizione e avanguardia convivono pacificamente.

Guido Michelone è attualmente docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e al Conservatorio Vivaldi di Alessandria alle cattedre di Storia del Jazz e della Popular Music.

Per diverso tempo ha via via insegnato Storia dell’Arte all’Istituto Ugo Foscolo di Vercelli, ai Licei classici di Biella, Varallo, Vercelli, all’Istituto Europeo del Design e all’Accademia di Belle Arti Acme di Novara.

Ha curato diverse mostre su musica e pittura.

Ingresso libero fino a esaurimento posti.

 

Redazione di Vercelli

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Nella finale di Coppa Italia, giocata ieri pomeriggio, sabato 18 marzo, sulla pista di Trissino, i gialloverdi sono stati sconfitti 3-2 dal Pumas Viareggio.

Un match dai due volti: nel primo tempo Amatori che ha dominato e che avrebbe meritato ampiamente il vantaggio: nella ripresa molto meglio i toscani, con un gioco a ritmi alti che ha messo alle corde la squadra di Andrea Ortogni.

Una finale che in casa gialloverde era vissuta come il primo passo verso una lenta ma progressiva rinascita e che è stata vissuta fino in fondo.

Moltissimi, ad esempio, i tifosi vercellesi che si sono sobbarcati chilometri per incitare Tarsia e compagni, così come non è stato fatto alcun dramma dopo la sirena finale.

Riccardo Bernabè, il migliore in pista insieme al portiere Fabio Errico, al termine del match lo ha detto chiaramente ai microfoni della FISR TV: «Ci tenevamo a questa Coppa, ovvio. Così come è ovvio che c’è delusione. Non amarezza perché sappiamo come siamo arrivati fino a qui. Voltiamo subito pagina perché abbiamo l’obiettivo principale della stagione da centrare, ovvero la promozione in A2. Questo vuole la società e questo dobbiamo cercare di realizzare. Complimenti ai nostri avversari di oggi, anche se con una maggior precisione sotto porta poteva finire in altro modo».

Insomma, la finale è andata ma il campionato può regalare alla società guidata da patron Salvatore Tarsia ancora molte soddisfazioni.

Su tutte quella promozione in serie A2 che sin da inizio stagione è l’obiettivo primario.

La partita di ieri pomeriggio, come scritto in precedenza, si è snodata su due frazioni diverse.

Nel primo tempo Amatori che si è fatto preferire, sciupando, però, troppe occasioni sotto porta.

Nella ripresa i giovani viareggini hanno invece innestato una marcia in più, soprattutto a livello di freschezza atletica, mettendo in difficoltà la retroguardia vercellese.

Inizio di match tutto di marca gialloverde e rete del vantaggio, al 5’32”, messa a segno da Ortiz. Pumas Viareggio che soffre la difesa stretta e le ripartenze dei vercellesi.

Toscani che però sono bravi a resistere.

All’8’28” Marchetti sigla il pareggio mentre al 16’42” Errico gli neutralizza un rigore.

Amatori sciupone che colpisce due pali.

Nella ripresa i toscani partono subito forte, sbagliando, al 27’08” un rigore con Cardella, ma rischiano al 31’03” quando Ortiz sbaglia un rigore.

E’ probabilmente la svolta della finale. Pumas che infatti poco meno di 2’ dopo operano il sorpasso.

E’ il 33’52” quando Cardelli segna la rete del 2-1.

Amatori che cala vistosamente, iniziando a giocare in modo troppo individualista, favorendo il possesso pallina degli avversari.

L’occasione del pareggio ci sarebbe anche, anzi sarebbe doppia.

Prima un alza-schiaccia di Ortiz attraversa tutta l’area piccola senza che nessun compagno riesca a finalizzare, a porta vuota; poi su Gallotta ci sarebbero tutti gli estremi per un rigore ma i direttori di gara non sono dello stesso avviso.

Al 46’36”, pochi secondi dopo un timeout, Pumas che triplica, con Pesavento.

Nei minuti restanti l’Amatori ci prova (Errico neutralizza anche un tiro diretto, al 48’20”, di Carrieri) con la forza della disperazione.

La rete dell’illusione, messa a segno da Gallotta al 49’33”, arriva troppo tardi.

La sirena finale sancisce il trionfo dei toscani.

Una battuta di arresto, quello della finale persa oggi, che però non cancella quanto di decisamente positivo ha fatto vedere finora l’Amatori.

Ora spazio al rush fin ale di campionato, con l’obiettivo di centrare la promozione in A2.

Il Tabellino

Amatori VercelliPumas Viareggio: 2-3 (1-1; 1-2) Amatori Vercelli: Errico (P), Tarsia, Bernabè, Ortiz, Gallotta, Cremaschi, Maffè, Tarchetti, Lucido, Chiavaro (P). Allenatore: Ortogni.

Pumas Viareggio: Mechini (P), Pesavento, Cardelli, Marchetti, Rugani, Pezzini, Cardella, Carrieri, Dal Torrione (P). Allenatore: Bertolucci M.

Arbitri: Moresco e Pigato

marcatori: 5’32” Ortiz (A); 8’28” Marchetti (P); 33’52” Cardelli (P); 46’36” Pesavento (P); 49’33” Gallotta (A)

Falli di squadra: Amatori Vercelli – 11; Pumas Viareggio – 7

Tiri diretti: Amatori Vercelli – 0; Pumas Viareggio – 1 (0)

Rigori: Amatori Vercelli – 1 (0); Pumas Viareggio 2 (0)

Redazione di Vercelli

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Venerdì 24 marzo alle ore 18:00 presso la Libreria dell’Arca di via Galileo Ferraris 77 a Vercelli si terrà la presentazione del libro “Vacanze nel passato. Olimpia” di Gabriele Russo.

Avete mai sognato di viaggiare nel tempo?
Nel 2100 sarà possibile grazie ad un laboratorio svizzero che permetterà di effettuare viaggi a scopo turistico.
Due amici, Nat e Joe, decidono di andare nell’antica Grecia per partecipare alle Olimpiadi.
Un’avventura che porterà Nathan ad affrontare un dramma del suo passato, incontreranno un famoso personaggio storico ma più di ogni altra cosa prenderanno decisioni contrastanti con le regole del laboratorio.
Decisioni che li faranno riflettere se sia giusto o meno cambiare la vita di una persona anche se in meglio con il rischio di cambiare la storia.
Amore, amicizia, combattimenti e humor tutto in un’unica emozionante avventura!

Gabriele Russo nato nel 1997 in provincia di Torino, ma residente nel vercellese.

Cinema, serie tv, sport e animazione giapponese sono gli altri hobby che lo hanno aiutato a scrivere il suo primo libro.

L’evento è a ingresso libero.

Redazione di Vercelli

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Il bullismo (e, nella sua dimensione on-line, il cyberbullismo) sta diventando, nella società contemporanea, un problema latente, endemico e potenzialmente molto grave, soprattutto fra coetanei adolescenti e giovanissimi adulti.

Si tratta della punta di un iceberg.

Il disagio esistenziale, da cui trae la propri linfa, è certo più profondo ed è difficile comprendere il motivo di un comportamento aggressivo, che mira, intenzionalmente, a danneggiare una persona perché percepita come debole, isolata, incapace di difendersi.

La vita quotidiana della vittima viene avvelenata da percosse, spintoni, sgambetti, minacce verbali, insulti e prese in giro o, in maniera più subdola, da forme di bullismo nascosto: esclusione sociale, pettegolezzi (anche non veri), sguardi non amichevoli di disgusto e disprezzo.

Parlare e prevenire diventa pertanto un’esigenza primaria.

Sensibili al tema, l’Assessorato alla Cultura del Comune di Grignasco, a mezzo della propria Biblioteca, l’Istituto Giovanni Curioni di Romagnano e la libreria “Piccola Officina del Libro di Fabrizio Merletti” di Oleggio hanno organizzato, giovedì 23 marzo, all’interno del plesso scolastico grignaschese, alcuni momenti di confronto con gli alunni degli ultimi anni della scuola primaria e con la scuola secondaria di primo grado.

Ospiti d’onore all’appuntamento saranno la senatrice Elena Ferrara e la scrittrice Sara Magnoli, autrice – fra l’altro – dei libri “Fuori dal branco” e “Dark web”.

La dr.ssa Ferrara, la quale partecipa ai lavori della Commissione Istruzione pubblica e beni culturali, della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani, nonché della Commissione bicamerale per l’infanzia e l’adolescenza, è particolarmente attenta al tema ed è stata promotrice di un importante intervento normativo sul cyberbullismo.

Dalla sua viva voce le ragioni dell’incontro grignaschese: “I fenomeni del bullismo e cyberbullismo sono all’attenzione del mondo educativo e l’incontro con l’Istituto Comprensivo Curioni ne è un bell’esempio. La legge 71/2017 ha dato un importante impulso alla prevenzione sul tema delle prevaricazione tra pari affrontando in particolare la violenza sui social network. I ragazzi sono al centro dei percorsi di consapevolezza digitale organizzati dalle scuole e dalle comunità sempre più sensibili nel contrastare i bullismi. Solo un’alleanza educativa può vincere questa sfida”.

E di una vera e propria sfida si tratta, poiché il bullismo non è un fenomeno individuale: affonda le proprie radici in complesse dinamiche di gruppo, non prive di sadismo, ed è rafforzato dalla presenza dei coetanei, dal loro assistere passivamente, dal loro schierarsi, dal manifestare consenso esplicito o implicito al comportamento aggressivo del bullo e, talora, dal prendervi parte.

Anche il mondo degli adulti non è scevro da responsabilità.

La tentazione è infatti quella di non voler vedere il fenomeno in atto e di minimizzarne portata ed effetti, poiché non si è in possesso degli strumenti, psicologici e pedagogici, atti ad affrontarlo.

Il primo passo è dunque quello di comprenderne le ragioni meno evidenti.

Ci aiutano a capire le parole di Sara Magnoli:

Il dialogo e l’ascolto sono sempre fondamentali per non sentirsi soli e per trovare aiuto in momenti difficili. Essere vittime di bullismo è una forma di violenza non solo quando è agita fisicamente, ma anche morale, interna, che scava nel profondo. Quindi poterne parlare, potersi fidare e fare anche in modo che chi colpisce si renda conto di star facendo un atto di violenza, non uno scherzo, non una ragazzata, diventa importantissimo per costruire un percorso che tenga in considerazione il dolore provocato e possa favorire le premesse affinché anche chi lo agisce si renda conto delle responsabilità reali dei suoi gesti”.

Il problema deve essere affrontato, prevenuto e, ove presente, risolto, perché impedisce di canalizzare positivamente le energie dei giovani ed incide negativamente sul benessere dell’intera comunità, il cui compito è di educare le nuove generazioni a difendere i diritti di tutti, poiché è vittima di bullismo chi lo subisce, ma anche chi lo perpetra, poiché, in età adulta, identificherà nella prevaricazione un modello vincente, precludendo a se stesso possibilità di crescita.

Redazione di Vercelli

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Giovedì 23 marzo 2023, alle ore 18, presso il Museo Civico e Gipsoteca Bistolfi, si terrà il secondo appuntamento del ciclo di incontri “Il canonico viaggiatore. Giuseppe De Conti, cultura ed erudizione tra ’700 e ‘800”, organizzato dall’Associazione Casalese Arte e Storia, in collaborazione con l’assessorato alla Cultura della Città di Casale Monferrato, la Biblioteca Civica, il Museo Civico, l’associazione Librarti e la Sezione Provinciale di Alessandria dell’Associazione Italiana Insegnanti di Geografia.

Sarà Carla Solarino a curare il nuovo simposio dedicato a  “Il ‘Ritratto di Casale’: Memoria, per gli intelligenti, della propria città nelle cose dell’archeologia, arte e architettura’.

Il manoscritto datato 1794, edito solo nel 1966 da Gabriele Serrafero, è tra le fonti primarie della storia urbana e artistica di Casale Monferrato.

De Conti volle lasciare una descrizione della sua città dai principali edifici, alla pittura, alla scultura, prima che la Storia – in questo caso i venti rivoluzionari che soffiavano dalla Francia – la cambiasse per sempre.

Si può pensare al “Ritratto di Casale” come a una sorta di guida critica ante litteram, nella quale l’autore si allontana dalla predilezione settecentesca per il classicismo, esprimendo apprezzamento anche per le architetture medievali, come già era evidente nel diario del viaggio in Italia compiuto nel 1774.

Le letture tratte dalle opere di De Conti sono a cura di Giorgio Milani.

I prossimi appuntamenti saranno:

il 13 aprile, presso la Biblioteca Civica alle ore 18.00 con Evasio Soraci e il suo intervento dal titolo “In giro per l’Italia dalla Pianura Padana al Vesuvio”;

il 4 maggio 2023, alle ore 18.00 alla Biblioteca Civica, sarà la volta di Mauro Bonelli con “ Il dialetto, la traduzione: tra guazzabuglio e genialità”.

Questo, così come tutti gli incontri a seguire sono ad ingresso libero.

Per informazioni:

Associazione Casalese Arte e Storia info@artestoria.net
Biblioteca Civica bibliote@comune.casale-monferrato.al.it – tel. 0142 444246

 

Redazione di Vercelli

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Dal Primo Libro di Samuele, Cap. 16, 1. 4. 6 – 7. 10 – 13

In quei giorni, il Signore disse a Samuele: «Riempi d’olio il tuo corno e parti. Ti mando da Iesse il Betlemmita, perché mi sono scelto tra i suoi figli un re». Samuele fece quello che il Signore gli aveva comandato.
Quando fu entrato, egli vide Eliàb e disse: «Certo, davanti al Signore sta il suo consacrato!». Il Signore replicò a Samuele: «Non guardare al suo aspetto né alla sua alta statura. Io l’ho scartato, perché non conta quel che vede l’uomo: infatti l’uomo vede l’apparenza, ma il Signore vede il cuore».
Iesse fece passare davanti a Samuele i suoi sette figli e Samuele ripeté a Iesse: «Il Signore non ha scelto nessuno di questi». Samuele chiese a Iesse: «Sono qui tutti i giovani?». Rispose Iesse: «Rimane ancora il più piccolo, che ora sta a pascolare il gregge». Samuele disse a Iesse: «Manda a prenderlo, perché non ci metteremo a tavola prima che egli sia venuto qui». Lo mandò a chiamare e lo fece venire. Era fulvo, con begli occhi e bello di aspetto.
Disse il Signore: «Àlzati e ungilo: è lui!». Samuele prese il corno dell’olio e lo unse in mezzo ai suoi fratelli, e lo spirito del Signore irruppe su Davide da quel giorno in poi.

Dal Salmo 22

Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla.
Su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce.
Rinfranca l’anima mia.

Mi guida per il giusto cammino
a motivo del suo nome.
Anche se vado per una valle oscura,
non temo alcun male, perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincastro
mi danno sicurezza.

Davanti a me tu prepari una mensa
sotto gli occhi dei miei nemici.
Ungi di olio il mio capo;
il mio calice trabocca.

Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne
tutti i giorni della mia vita,
abiterò ancora nella casa del Signore
per lunghi giorni.

Dalla Lettera di San Paolo Apostolo agli Efesini, Cap. 5, 8 – 14

Fratelli, un tempo eravate tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come figli della luce; ora il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità.
Cercate di capire ciò che è gradito al Signore. Non partecipate alle opere delle tenebre, che non danno frutto, ma piuttosto condannatele apertamente. Di quanto viene fatto in segreto da [coloro che disobbediscono a Dio] è vergognoso perfino parlare, mentre tutte le cose apertamente condannate sono rivelate dalla luce: tutto quello che si manifesta è luce. Per questo è detto: «Svégliati, tu che dormi, risorgi dai morti e Cristo ti illuminerà».

Dal Vangelo secondo San Giovanni, Cap. 9, 1 – 41

In quel tempo, Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo».
Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe», che significa “Inviato”. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.
Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». Allora gli domandarono: «In che modo ti sono stati aperti gli occhi?». Egli rispose: «L’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, me lo ha spalmato sugli occhi e mi ha detto: “Va’ a Sìloe e làvati!”. Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista». Gli dissero: «Dov’è costui?». Rispose: «Non lo so».
Condussero dai farisei quello che era stato cieco: era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!». Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. E li interrogarono: «È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?». I genitori di lui risposero: «Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l’età, parlerà lui di sé». Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l’età: chiedetelo a lui!».
Allora chiamarono di nuovo l’uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da’ gloria a Dio! Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore». Quello rispose: «Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo». Allora gli dissero: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». Rispose loro: «Ve l’ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». Lo insultarono e dissero: «Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». Rispose loro quell’uomo: «Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori.
Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui. Gesù allora disse: «È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi». Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: «Siamo ciechi anche noi?». Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: “Noi vediamo”, il vostro peccato rimane».

***

UN PENSIERO DALLE SUORE CARMELITANE DEL MONASTERO MATER CARMELI DI BIELLA

Il nostro fratello cieco

(1Sam 16,1.4.6-7.10-13; Sal 22; Ef 5,8-14; Gv 9,1-41)

La Quaresima è un cammino che conduce tutti i cristiani ad una scuola intensa con Gesù di Nazareth, il Maestro che ha cambiato la nostra vita. Il Figlio di Dio ha il compito, la missione profetica di condurci e ricondurci al Padre, con amore e pazienza come un buon pastore.

Nel vangelo di questa domenica incontriamo Gesù che guarisce il cieco nato, lui è venuto a noi per aprire i nostri occhi – sia corporei che spirituali – perché possiamo vedere e contemplare le meraviglie di Dio attraverso la totalità dei nostri sensi. Dice Gesù: “E’ per un giudizio che io sono venuto in questo mondo perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi”. La parola di Dio che Gesù ci ha annunciato è una medicina di salvezza che ci apre gli occhi per vedere non solo bellezza della creazione, ma anche per vedere con occhi spirituali la nostra vita e la vita del mondo, riconoscendo la sua presenza e i suoi doni.

Il cieco del vangelo è nostro fratello. Ci identifichiamo con lui. Era cieco, non aveva la possibilità di conoscere tutta la bellezza che il Signore Dio  ha riversato sul mondo. Non aveva modo di leggere la storia della salvezza scritta nella storia del mondo. Quest’uomo nato cieco diventa uno dei primi beneficiari della salvezza: “Perché in lui siano manifestate le opere di Dio” (Gv 9,3).

Gesù è venuto nel nome del Padre per ricrearci, per renderci  nuovi attraverso la sua passione e morte, la sua risurrezione e ascensione al cielo. Pregando sul testo possiamo notare che questo miracolo di guarigione è avvenuto per iniziativa di Gesù, il cieco non vedendo non poteva accorgersi fiscalmente che Gesù passava. Non possiamo escludere che nel corso della sua vita il cieco abbia pregato per ricevere un aiuto dal Signore.

Gesù sapeva che quell’uomo – e come ciascuno di noi – è parte della sua missione ricevuta dal Padre: “Questa è la vita eterna, che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo” (Gv.17,3). Ma per conoscere il Mandato dal Padre bisogna vedere, e vedere soprattutto con il cuore, per poter conoscere il Soggetto della nostra fede. Dopo la sua guarigione il cieco non ritarda nel proclamare la sua fede in Gesù, ha capito che una tale guarigione non è altro che un intervento potente della mano di Dio in Gesù Cristo.

Ai farisei che dubitano, lui risponde con franchezza, sapendo che la sua vita ormai deve seguire la luce di salvezza che abita nel suo cuore. Dopo essere stato escluso della sinagoga incontra Gesù che gli dice: “Tu credi nel Figlio dell’uomo?”. Egli rispose: “E chi è, Signore perché io creda in lui?”. Gli disse Gesù: “Lo hai visto, è colui che parla con te”. Ed egli subito fa la sua professione di fede: “Credo Signore”. E si prostra dinanzi a lui.

Signore Gesù donaci la grazia di imitare la fede semplice, ma convinta di questo fratello perché anche noi possiamo adorarti sempre e dovunque nei nostri cuori!

Le Sorelle Carmelitane

Monastero Mater Carmeli – Biella Chiavazza     

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Grande partecipazione all’evento Conoscere per Ri-conoscere organizzato presso la frazione Mantie dall’associazione ANVCG Piemonte-Valle d’Aosta e dal Comune di Motta.

Presenti molte autorità, tra cui il Presidente della Provincia Davide Gilardino, il Sindaco di Stroppiana Maria Grazia Ennas, il vicesindaco di Candia Ottaviana Amelotti, il Sindaco di Langosco Margherita Tonetti.

Il sindaco di Motta de’ Conti Emanuela Quirci ha ringraziato la Protezione Civile di Motta, la Presidente della Pro Loco mottese Mariella Perucca, la Polizia Locale, il nuovo Maresciallo dei Carabinieri della stazione di Stroppiana Salvatore Emmanuele, il gruppo Alpini di Prarolo, il presidente del gruppo di protezione civile di Borgo Vercelli Andrea Sereno, il coordinatore del gruppo di protezione civile di Candia Lomellina Tiziana Piai.

Un ringraziamento anche a Don Tomasz che ha presenziato e benedetto la targa, alle chierichette e a tutte le persone che sono intervenute alla commemorazione.

 

Redazione di Vercelli

Posted in Società e Costume
Provincia di Vercelli

(elisa moro) – Icona per i padri e i lavoratori, modello di obbedienza e silenzio, illustre per meriti, quasi padre del Re come canta la liturgia nel giorno della sua festa – padrone della sua casa e procuratore della Chiesa di Dio”, San Giuseppe rappresenta un compendio dell’immagine del “giusto” biblico, fedele a Dio, pronto a rispondere alla Sua Parola e al Suo disegno imperscrutabile.

Nel mosaico della Cappella Palatina di Palermo, terminata nel 1130 e consacrata nel 1140, si trova una splendida rappresentazione della “fuga in Egitto”, accanto al non meno celebre secondo “sogno di Giuseppe”. Nonostante la scena segua uno schema classico, che vede Maria seduta come Madre di Dio in trono (simboleggiato in questo caso dall’asino), il colore preponderante nell’intera opera è il bianco, segno di purezza, omaggio al padre putativo di Gesù.

L’artista ha voluto infatti mettere in risalto la figura di questo silenzioso uomo, mettendo proprio sulle sue spalle il Figlio, legandolo così al mistero della Croce e della Passione, anch’essa portata con obbedienza sulle spalle, rendendo così Giuseppe immagine dell’uomo che dona la sua vita senza riserve, nella totale verginità.

A partire da quest’opera si può allora guardare a San Giuseppe traguardandone la figura attraverso l’immagine di due piante: il giglio – che nel mosaico compare tra le mani dell’angelo in sogno – e la palma, quella indicata dal Figlio, e che da sempre identifica il giusto patriarca davidico.

Florete flores quasi lilium – fiorite fiori come il giglio” (Sir. 39, 14): nella tradizionale iconografia che caratterizza la figura di San Giuseppe, il giglio, fiore biblico, legato da sempre alla purezza, compare con particolare frequenza, quasi a rimarcare questa caratteristica, facendola diventare fondamentale.

San Giuseppe vergine, uomo casto: sembra un controsenso nel mondo attuale, dove il corpo e l’intera esistenza diventano icona tangibile di una “società fluida”, per citare il sociologo Zygmunt Bauman, di un’attenzione quasi morbosa a ciò che è effimero, momentaneo, trascurando il senso della preziosità della vita, di coltivare l’autenticità profonda e sincera, dimenticando le parole del Salmo che recita “l’uomo non è che un soffio, i suoi giorni come ombra che passa(Sal. 144, 4).

Ecco la sfida della verginità, già intuita splendidamente da Don Luigi Giussani, che parlando a dei giovani, diceva che

il vergine è figura del profeta per sua natura. È l’emblema della figura profetica che ognuno è chiamato ad essere ad immagine di Cristo; è affezione vera, generatrice nel mondo di punti sorgivi di verità e di gioia (cfr. Giussani, Il tempo e il tempio).

Non è dunque una semplice rinuncia fisica quella della verginità, ma uno sguardo nuovo e limpido sulla realtà, capace di consumarsi di amore, di soffrire e gioire, sapendo di non possedere, di non trattenere nulla per sé, lasciando sprigionare liberamente il profumo della purezza; è il cuore del discepolo, di chi vuole conformarsi a Cristo,

che ha scoperto che la rinuncia è la condizione della sua libertà, la solitudine dell’intimità con Dio, la povertà della sua carne il segno misterioso della sua ricca e impensata fecondità (Amedeo Cencini, p. 43).

La profezia della verginità, simboleggiata in San Giuseppe anche dai sogni, diventa allora emblema di uno stile di vita, che non diventa mai obsoleto, che non invecchia, prefigurando, invece, il destino futuro di ogni credente in Cristo:

Quod futuri sumus, iam vos esse coepistis – Quello che noi saremo un giorno, voi già cominciate ad esserlo (De habitu virginum, 22 PL 4); così Cipriano, un Padre della Chiesa, si rivolgeva alle vergini consacrate, considerandole come “profezia” vivente, anticipazione della Gerusalemme celeste.

Proprio così ha vissuto l’umile carpentiere di Nazareth, il giusto Giuseppe, anticipando, già nel suo pellegrinaggio terreno, quell’incontro definitivo con il Signore, che lui ha potuto stringere tra le braccia ed educare come uomo alla vita adulta.

Iustus ut palma florebit – il giusto fiorirà come palma (Sal. 92, 13): nel mosaico palermitano, Cristo non è seduto sulle gambe di Maria, ma si trova su una spalla di Giuseppe, mentre indica una palma, “smentendo” la profezia di Zaccaria che annunciava:

Esulta grandemente, o figlia di Sion, manda grida di gioia, o figlia di Gerusalemme; ecco, il tuo re viene a te; egli è giusto e vittorioso, umile, in groppa a un asino, sopra un puledro, il piccolo dell’asina(Za 9,9).

Questo particolare non è una semplice fantasia del mosaicista o non rimanda ad un preciso stile artistico del tempo: esso lega, in modo piuttosto preciso, la figura di Giuseppe al mistero della passione, morte e risurrezione di Cristo.

Il Bambino Gesù indica un albero, la palma, prefigurazione del “dulce lignum” a cui sarà appeso, ma annuncia anche il giusto biblico, Giuseppe, curvo e affaticato, che sembra recare sulle spalle una pesante croce più che il corpicino del Figlio.

Non è però una scena di morte quella raffigurata perché l’albero della palma, con le sue foglie verdi e brillanti, richiama la vita, che niente può distruggere; la vittoria sulla morte, oltre ad essere segno di bellezza, eleganza, grazia e stabilità.

Ben radicato nel suolo, ancorato saldamente e tenacemente alla Parola di Dio, il giusto è quindi colui che, come la palma, si slancia verso il Cielo (Sal. 92, 13), aspirando all’infinito e donando frutti di una continua giovinezza(Turoldo – Ravasi, p. 442).

Nasce infatti dalla terra questo albero, come l’uomo che è tratto dalla polvere (cfr. Gen. 3,19), ma la sua cima, che si staglia nel cielo e simboleggia l’altezza (Sant’Agostino, Comm. Salmo 92), è preziosa, indicando la possibilità di elevarsi del cuore umano verso Dio (cfr. Lam. 3, 41).

Un cammino di ascesi, di salita verso la cima della palma, quello annunciato dal salmista, che Giuseppe ha percorso nel quotidiano, vivendo la propria personale passione nel compiere totalmente la volontà di Dio, conformandosi alla missione del Figlio con naturalezza e semplicità.

Lasciandoci plasmare da Cristo, sull’esempio di San Giuseppe, saremo davvero testimoni autentici e gioiosi dell’amore di Dio, permettendo, al fusto della nostra pianta, di crescere e produrre “molto frutto” (Gv. 15, 1) per la vita eterna.

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