Un’ora e poco più di attesa
per il ritiro di una raccomandata, quando
l’Ufficio Postale di Via Malinverni a Vercelli è pieno all’inverosimile.
Come sempre, anche un sabato mattina,
oggi 3 agosto.
Cosa è successo?
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Molti si ricorderanno che, fino a non molto tempo fa, le raccomandate si andavano a
ritirare alla Posta Centrale, quella di Piazza Municipio.
C’era uno sportello
dedicato.
Al lavoro una o due
Signore di gentilezza ed efficienza rare: era
pressochè impossibile che si formassero code e, nei rari casi in cui c’era
qualche persona davanti, l’attesa era comunque minima e fisiologica.
Non si può dire che ritirare una
raccomandata fosse un piacere, ma sicuramente
non era un problema.
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Poi, la riforma di un servizio
che funzionava.
Ora i pieghi raccomandati si ritirano –
forse, in base alla residenza – negli Sportelli
periferici.
Che fanno di tutto: dalla spedizione dei pacchi, ai pagamenti, al tesserino Postamat
e – sempre le stesse Addette – quando è il caso consegnano anche le
raccomandate.
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Più vicino a casa, forse, ma il
rapporto tra Addetti e Utenti è diventato proibitivo.
Le foto mostrano la situazione di
questa mattina, quando il piccolo ufficio è ingolfato di persone al caldo e c’è
una sola Addetta per qualsiasi cosa.
In servizio, in realtà, ce
ne sono due, ma per un’intera ora al
Pubblico ne è destinata una sola, l’altra è sicuramente impegnata al lavoro,
ma nel back office.
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E stiamo parlando del
servizio postale “di Stato”.
Perché poi ci sono le vere e proprie
brutalità: per ritirare una raccomandata trattata da Privati Autorizzati, ti
ritrovi con il foglietto che ti rimanda al Bar Jolly.
Incredibile?
Invece è vero.
Sulla striscetta ti ritrovi scritto
qualcosa del genere: la sua lettera è disponibile al Bar Jolly nei seguenti
orari, dal giorno tale al giorno talaltro.
Ma, appunto, non parliamo neanche,
almeno per ora, di queste brutalità.
Stiamo al “sistema”, un tempo virtuoso.
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Virtuoso perché metteva effettivamente
il destinatario in condizione di adempiere al ritiro in tempi idonei ad assicurarne
le prerogative e tutele previste dalle norme.
Oggi non è più così certo che il ritiro
della raccomandata sia quel diritto assicurato – in termini teorici, per non
dire astratti - dalle procedure.
Intanto, per il ritiro della
raccomandata la Legge prevede un certo numero di giorni, a seconda dei possibili
contenuti, oltre i quali c’è la cosiddetta “compiuta giacenza”.
Nozione sicuramente giusta, perché chi
invia deve essere tutelato rispetto ai casi in cui il destinatario non si renda
adempiente.
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Ma non ci si inganni.
Perché oggi è il destinatario a non
avere a disposizione i “giorni” previsti dalla norma.
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I giorni, di fatto, sono un moncherino
di mezze giornate.
Come si legge nel cartello
affisso, il “giorno” previsto dalla Leggè e tale soltanto dalle 8,20 alle 13,15
circa.
Perché, al di fuori di quell’orario, l’Ufficio
Postale è chiuso.
Quindi inaccessibile.
Il giorno previsto dalla
norma, non è lo stesso giorno previsto dalla Posta, quest’ultimo
è un giorno di sole 4 ore e 55 minuti, mentre il sabato si riduce ancora, dalle
8,20 alle 13,35 e, quindi, quello che per la Legge è un giorno di almeno 12
ore, di fatto per il cittadino si riduce
a 4 ore e 15 minuti.
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Ma poi c’è la vera e
propria “tagliola” costituita dai tempi di
attesa.
In una sola ora di questo
sabato 3 agosto, fuori dallo sportello,
sono arrivate almeno tre persone che si sono affacciate all’Ufficio, per andarsene
subito dopo scuotendo il capo: è la decima volta che vengo…
Ammettiamo che non sia proprio la
decima, ma solo la terza o quarta, comunque sono troppe.
Perché, se nel frattempo, quando un
destinatario desiste e decide di tornare in momenti migliori, il termine per il
ritiro scade, chi risponde?
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Chi paga il costo sociale
dell’ora persa dall’Utente, da decine e
centinaia di Utenti che sono obbligati ad aspettare in Via Malinverni?
Quello che può essere un
risparmio per le Poste, chi lo paga?