BAR E RISTORANTI IN GINOCCHIO: PROVATI, MA NON VINTI - VIDEO E GALLERY - Flash mob di una categoria che rappresenta migliaia di posti di lavoro - Dopo le chiusure forzate, serve un piano di rilancio, non elemosine, peraltro tardive
Un video che volentieri offriamo ai Lettori perché documenta – non per sentito dire – cosa davvero pensino, chiedano e sperino queste persone.
Pareva, in questa tiepida mattina d'Autunno, che Camillo Benso Conte di Cavour, immobile sul suo
piedistallo, desse loro le spalle.
Erano lì, seduti per
terra, perché un po’ a terra lo sono davvero.
Qualcuno di loro manda
avanti bar, ristoranti, pizzerie, che lavorano sul posto, nella propria sede,
che qualche volta è una sede storica, punto di riferimento identitario per una
città o un paese.
Altri arrivano “be to
c”, dal consumatore, con il catering.
Non sono che la
prospettiva “front” di un lavoro possibile anche perché, in quella “back” c’è tutto un mondo,
che oggi chiamiamo filiera, che pensa a rifornirli.
Poi loro fanno da
mangiare o preparano i caffè o i cocktail, ma senza Fornitori mancherebbe la
roba.
Così come senza tutto
il sistema dei servizi e dell’indotto.
Si pensi, per esempio,
a quanto lavoro occorre per essere sempre a posto con le certificazioni Haccp.
Ebbene, questo flash
mob di oggi, 28 ottobre, è un’idea condivisa in 24 piazze d’Italia e Vercelli è tra queste.
Ma nelle altre Piazze (almeno, è difficile) non c’è lui,
Camillo Benso Conte di Cavour.
Gira le spalle?
Tratta con degnazione
l’iniziativa?
Forse no.
Forse è lì per
guidarli.
Magari non ci hanno
pensato, oppure, a volte, lasciando fare al caso, si scoprono prospettive inedite.
E questa può essere.
Perché nell’Italia di
oggi, che sta affrontando una
guerra, i sentimenti non sono poi così dissonanti con quelli di tanta gente di
allora, presa dal dubbio su ciò che volesse dire “essere italiani”.
Cosa voglia dire,
oggi, per tanti italiani, “sentire di essere italiani”, lo dicono nel nostro video i protagonisti di
questa mattinata di protesta civile e silenziosa, a viso aperto.
Un video che
volentieri offriamo ai Lettori perché documenta – non per sentito dire – cosa davvero
pensino, chiedano e sperino queste persone.
Chiedono di poter
lavorare.
Sanno bene di non
portare nessuna responsabilità per la diffusione dell’epidemia di Coronavirus.
Il problema sta prima,
fuori e oltre la porta dei loro esercizi.
E, per questo,
chiedono che la disciplinata obbedienza che assicurano alle norme dettate dal
Governo, non sia un atto di autolesionismo.
Ma sia riconosciuta,
assicurando non tanto elemosine, peraltro tardive (oggi non sono neppure
erogati, a tante aziende, nemmeno gli aiuti “poderosi” del primo “giro” di lockdown,
quello finito a giugno), bensì “ristori” veri e sistematici, che
restituiscano alle aziende – certo, almeno - l’algebrico differenziale tra i ricavi anno su
anno, ma anche e soprattutto, la “benzina” per rimettersi in moto, fare
ripartire (dopo il “ristoro” immediato), il lavoro, con la fiducia che
potrà continuare.
Questi Imprenditori
sono padri e madri di famiglia.
Una famiglia che non
di rado percepisce se stessa come “estesa” a quelle dei propri Collaboratori.
Una famiglia che ha
consuetudine con un sistema di relazioni, una rete di rapporti con altre
Imprese per arrivare, tutti insieme, al risultato di servire il cliente.
Orientato verso il
monumento di Cavour che pare dare di
spalle, c’è un popolo che è specializzato a servire.
E non vi è nulla di
servile nel servire.
Il servizio è non
soltanto un lavoro, è uno stile di vita.
***
Ripensato così, questo
popolo pacifico di lavoratori e servitori di tanta gente, che si pone al seguito di Camillo Benso Conte
di Cavour, quello che ha fatto l’Italia, simbolicamente illustra un’altra verità,
diversa da quella suggerita da una prima, mendace, o superficiale, impressione.
Guardando meglio, sembra
che Cavour si ponga alla loro guida.
Per rinnovare, oggi,
quella che, tra le sue intuizioni, fu quella capace di infiammare gli animi, di
mobilitare le coscienze.
Quella intuizione che dettò
nello storico discorso alla Camera dei Deputati, il 16 aprile 1858:
“Il primo bene di un
popolo è la sua dignità”.
***
Camillo Benso Conte di
Cavour l’aveva capito.
Ed ora pare porsi alla
guida di questo popolo, riunito oggi in Piazza Cavour a Vercelli, per parlare
ad un altro Conte, che dovrà ascoltare, capire, interpretare, rappresentare e tradurre
in provvedimenti concreti, il messaggio contenuto in questi minuti di silenzio.